SIDERNO – Gli assegni che gli investigatori hanno trovato nella disponibilità di Gianluca Congiusta al momento del suo omicidio erano titoli a garanzia di imprenditori del settore della telefonia mobile “sub agenti” dello stesso Congiusta.

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SIDERNO – Gli assegni che gli investigatori hanno trovato nella disponibilità di Gianluca Congiusta al momento del suo omicidio erano titoli a garanzia di imprenditori del settore della telefonia mobile “sub agenti” dello stesso Congiusta.
di Angela Panzera
Rapporti puramente economici dettati da una profonda conoscenza e cordialità con Gianluca Congiusta.
«Le istituzioni devono combattere le mafie con misure concrete ed efficaci intervenendo con urgenza laddove ci siano vuoti legislativi». È l’appello che lancia la deputata M5s Dalila Nesci a proposito del processo per l’omicidio di Gianluca Congiusta per il quale la Cassazione ha disposto il rinvio in Corte d’Appello della condanna per omicidio del boss Tommaso Costa.
Uno scontro sull’attendibilità, una “sfida” tra pentiti, tra chi avrebbe dovuto cambiare vita e invece, forse,
nasconde ancora qualcosa.
di Angela Panzera
«Ho collaborato perché si era sparsa la voce che mio fratello Tommaso voleva pentirsi e molti in carcere mi guardavano male, ho avuto paura; ho deciso di pentirmi io per evitare che scoppiasse un faida».
di Angela Panzera –
Il prossimo 29 ottobre la Corte ha disposto la testimonianza del boss Peppe Costa e del nipote
“ Svolti tutti gli accertamenti per un eventuale attività usuraria.
Gianluca era un imprenditore ed è normale che nella sua auto, a fine serata, avesse l’incasso e gli assegni relativi alla sua attività.
Non ci dimentichiamo infatti che i Congiusta sono egli imprenditori storici; il negozio della madre di abiti da sposa è uno fra i già rinomati no solo della Locride,ma di tutta la provincia reggina.
Abbiamo interrogato i proprietari degli assegni, abbiamo fatto verifiche in banca, ma non è emerso nulla”.
di Angela Panzera
Vincenzo Curato, alias “Vincienz ‘u Cassanisi, pregiudicato di Cassano allo Jonio, ha collaborato con diverse Procure e fra queste anche con la Dda reggina. Nel verbale steso il 18 marzo scorso con il pm Antonio De Bernardo, e depositato dall’accusa nel giugno 2014 nel maxiprocesso “Bene Comune-Recupero, ha riferito che il boss Giuseppe Costa, fratello di Tommaso, si è pentito «per togliersi dei sassolini dalla scarpe » contro i Commisso, ma anche che avrebbe omesso volutamente di inchiodare il fratello Tommaso in relazione alle responsabilità per un omicidio avvenuto nella Locride.
di Angela Panzera
« Peppe Costa mi ha detto di essere andato a deporre in un processo per omicidio in cui era imputato il fratello Tommaso e mi ha spiegato che non l’aveva accusato dicendomi: “sapevo che mio fratello aveva partecipato all’omicidio, ma il mio sangue non lo tradisco mai”».
Sono state battute tutte le piste, dal movente passionale all’usura, ma non è emerso nessun riscontro investigativo».
È il commissario di Siderno Rocco Romeo il primo dei testimoni chiamati ad apportare nuovi elementi istruttori al processo d’appello bis per l’omicidio Congiusta, il procedimento che l’anno scorso aveva identificato nel boss Tommaso Costa il mandante dell’omicidio del giovane imprenditore sidernese, ma che la Cassazione ha rinviato all’esame di una nuova Corte d’assise d’appello.