OMICIDIO CONGIUSTA I troppi “non ricordo” della moglie dell’ex boss

Annunziata Di Cosola, compagna del pentito Peppe Costa, non ha saputo dare spiegazioni sulla lettera che il cognato Tommaso avrebbe fatto scrivere alla figlia sotto minaccia di morte. Disposta l’audizione del collaboratore di giustizia e della giovane

gianluca congiusta

Di Angela Panzera

È stata tutta caratterizzata da “non ricordo” o “non lo so” la testimonianza di Annunziata Di Cosola, la moglie del pentito Peppe Costa, che ieri – dopo aver mancato per tre volte consecutive l’invito a comparire inviato dalla Corte d’Assise di Appello reggina – ha reso dichiarazioni nel processo bis sull’omicidio dell’imprenditore Gianluca Congiusta.

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S-cateniamoci: incontro Mario Congiusta giovedì 1 ottobre ore 21

congiusta

Ancora un giovedì ricco nel quadro degli incontri promossi da Reggionontace nel cortile adiacente alla chiesa degli Ottimati. Teniamo ancora viva l’eco della testimonianza di don Virginio Colmegna che ha aperto i nostri occhi e i nostri cuori, dandoci più forza nell’impegno e nella lotta per i diritti di chi non ha voce e di chi si trova ai limiti della società. Tra le idee di futuro messe in campo quella sera, su cui continueremo a confrontarci per proporne l’attuazione nella nostra città, c’è senz’altro il reddito minimo di cittadinanza, sogno su cui anche Martin Luther King si batteva.

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Lettera di un collega e amico di Gianluca

gianluca congiusta

Buongiorno, 
oggi navigando in rete, mi sono piacevolmente imbattuto in questo sito e ci sono rimasto incollato per ore, tralasciando impegni di lavoro e quant'altro.
Sono Mariano Marabella, non soltanto un collega di Gianluca ma un amico, seppur vivendo a Sciacca eravamo sempre in contatto, ci confrontavamo spesso su offerte e strategie commerciali da mettere in campo, quali avevano funzionato e quali meno.
Giorni prima della disgrazia eravamo a Palermo in un corso di vendita organizzato da Tim. 
Con Gianluca avevamo in comune il lavoro, l'attenzione per il benessere fisico e lo sport.
Quando ci trovavamo all'estero per lavoro non ci mancavano mai le corsette mattutine, quando tutti i nostri colleghi dormivano, io e Gianluca eravamo in pantaloncini a correre.
Lo ricordo distinto, profumato e sempre allegro, anche quando le vendite registravano piccole flessioni, Gianluca aveva sempre una parolina per sdrammatizzare e per intravedere una sorta di positività che era insita nella sua indole, gli invidiavo sincerità e bontà d'animo. 
Non sono riuscito a trattenere le lacrime, il giorno del funerale, quando il feretro ha fatto tappa davanti al negozio principale sul corso, dopo 10 anni lo sento ancora come fosse ieri e provo ancora un brivido nel ricordarlo. Oggi ho figli grandi ed ancor meglio posso capire cosa significhi per un genitore perdere un figlio.
Ho apprezzato tanto la dignità e la tenacia della famiglia, colpita da una simile disgrazia, la forza con la quale avete lottato e continuate a lottare per la verità, lotte che hanno dato i suoi frutti ed anche se non cancellano il dolore, almeno servono a placare la voglia di giustizia e di verità che la nostra terra ci ha abituati a sopire. 
Questo è quanto mi sono sentito di scrivere, non sono bravo ad esprimere i sentimenti a parole, ma volevo bene a Gianluca perché era uno come me......
Un abbraccio forte alla famiglia.
Mariano Marabella

 

Il bambino di undici anni che racconta i segreti dei clan

Il padre è stato arrestato, sua madre si è pentita e anche lui ha iniziato a parlare di tutto quello che ha visto nonostante la giovanissima età. Svelando traffici e organigrammi della ‘ndrangheta

f998c62d18896720a2988be819830110abe2a89a-300x300di FRANCESCO VIVIANO e ALESSANDRA ZINITI

REGGIO CALABRIA – Nella piana di Gioia Tauro c’è un bambino di 11 anni che fa tremare mafiosi e potenti. È stato abituato a maneggiare pistole sin da quando era piccolo piccolo, sa bene cos’è la droga e come si chiede il pizzo.

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Ndrangheta, maxi operazione antidroga “Cosa nostra si rifornisce dai calabresi”

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Cinquantaquattro fermi il clan Commisso, di Siderno e Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica. Gratteri: “Ora i siciliani dipendono dagli ‘ndranghetisti totalmente sul campo degli stupefacenti”. Emersi anche investimenti in negozi di fiori olandesi e in cioccolata. E nelle intercettazioni un boss si lamenta di quanto sia faticoso contare i soldi con la macchinetta

Si lamentano, perché la mole di lavoro è diventata particolarmente pesante. Non si tratta di semplici operai calabresi che hanno lasciato l’Italia per andare a lavorare in Olanda: sono boss della ‘Ndrangheta, che protestano al telefono perché è diventato troppo pesante, in una sola notte, contare con la macchinetta tutti i soldi arrivati in una settimana dal traffico di droga. È una delle intercettazioni che la procura di Reggio Calabria ha potuto ascoltare grazie alla collaborazione con i Paesi Bassi, e che ha portato alla maxi operazione anti ‘ndrangheta contro il clan Commisso, che opera a Siderno, in provincia di Reggio Calabria, con proiezioni in Canada e Olanda, e contro i Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica.

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Scaten-iamoci-Idee di futuro, l’incontro-confronto con Giuseppe Lombardo e Stefano Musolino

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Dopo la bellissima serata in cui don Virginio Colmegna, direttore della Casa della Carità fondata dal cardinale Martini a Milano, ci ha aiutato ad immaginare un futuro in cui il povero, l’emarginato, il migrante, il senza fissa dimora possano non solo essere oggetto di inclusione, ma essere soggetti del cambiamento e del rinnovamento del nostro vivere quotidiano, riproponiamo, come già da due anni a questa parte, l’incontro-confronto con Giuseppe Lombardo e Stefano Musolino, due magistrati reggini molto attivi non solo sul versante professionale, ma anche in quello dell’impegno sociale.

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Beni confiscati, «riforma non più rinviabile»

L’appello delle associazioni e della società civile e le dichiarazioni di Don Ciotti

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Dopo l’indagine della Procura nissena che ha investito il Tribunale di Palermo, tante le reazioni da parte delle organizzazioni impegnate in prima fila contro la mafia. Per il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, il quadro che sta emergendo è «allarmante e occorre una rivoluzione dell’intero sistema». A fargli eco, il numero uno del centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco: «Serve un albo specifico degli amministratori giudiziari»

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