Lunedì 20 giugno sarà la Giornata Mondiale del Rifugiato, promossa dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – Unhcr; un’iniziativa che da oltre dieci anni ha come obiettivo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla condizione, spesso sconosciuta ai più, di questa particolare categoria di migranti.
Author: Mario
Mosaico dei giorni- Quando si dice mafia- di Tonio Dell’Olio
Riace, paese dell’accoglienza e della memoria
Dal 24 maggio, giorno dell’undicesimo anniversario della barbara uccisione di Gianluca Congiusta, Mimmo Lucano, Sindaco di Riace, ha voluto aggiungere alla moneta locale anche quella col volto di Gianluca.
Riace, è conosciuto come il paese dell’accoglienza ma è anche il paese della memoria.
Perchè dire “NO”- su narcomafie l’editoriale di Livio Pepino
Siamo in piena stagione di referendum istituzionali: oggi con la raccolta delle firme per l’abrogazione di alcuni punti fondamentali della modifica costituzionale e della nuova legge elettorale (il cosiddetto Italicum); nel prossimo autunno e, poi, in primavera con il conseguente voto. Ci sono stati, nella nostra storia, referendum che hanno cambiato il volto del Paese o inciso nel profondo sulla sua vicenda politica: quelli sul divorzio (1974), sull’interruzione della gravidanza (1981), sulla riduzione delle preferenze per la Camera dei deputati (1991), sulla modifica della seconda parte della Costituzione (2006), sull’acqua pubblica (2011) e sulla produzione di energia nucleare (2011).
Oggi si apre una nuova decisiva stagione che, in qualche misura, si ricollega a quei precedenti.
Le modifiche costituzionali di cui si discute, integrate dall’Italicum, non sono, infatti, una semplice operazione tecnica per incidere sulla funzionalità delle istituzioni, ma il cuore di un progetto politico di trasformazione della democrazia, del sistema dei diritti e delle regole
della convivenza. Con tale progetto si persegue il cambiamento non solo della forma di Governo ma della qualità del sistema, trasformato da democrazia parlamentare in democrazia di investitura o plebiscitaria.
Ciò grazie ad alcuni elementi:
a) un sistema elettorale per la Camera dei deputati, in forza del quale chi vince (indipendentemente dal raggiungimento della maggioranza) prende tutto;
b) la concentrazione del potere legislativo e dei poteri di indirizzo politico nella sola Camera dei deputati e la trasformazione del Senato (che non viene affatto abolito) in un canonicato per consiglieri regionali e sindaci;
c) la previsione della centralità del Governo rispetto al Parlamento;
d) la contrazione delle forme di partecipazione diretta dei cittadini (oltre che dei poteri delle Regioni rispetto a quelli dello Stato). In particolare, secondo il nuovo sistema elettorale per la Camera, il partito che ottiene almeno il 40 per cento dei voti al primo turno o che vince al ballottaggio tra le due liste che hanno ottenuto il maggior numero di consensi (anche se pari al 20 o al 25 per cento) consegue 340 deputati su 630, pari al 54 per cento dei seggi e alla magioranza assoluta dell’assemblea.
Ciò non ha nulla a che vedere con il metodo elettorale maggioritario (in vigore, con diverse soluzioni, in molti paesi) ma costituisce un unicum nel panorama mondiale, che ha l’effetto di trasformare artificialmente
una minoranza in maggioranza, determinando una curvatura del sistema democratico da “governo dei più” in “governo dei meno”.
Si aggiunga che ciò non è giustificato – nonostante l’ossessiva ripetizione – da alcuna esigenza di governabilità, come dimostra il fatto che la democrazia dotata di maggior stabilità in Europa è quella della Germania, dove vige un sistema rigorosamente proporzionale e senza premi di maggioranza… L’indubbia crisi (anche istituzionale) in cui versa il nostro Paese è una crisi politica, che si risolve solo con un cambiamento profondo del modo di governare e del rapporto tra rappresentati e rappresentati e non con scorciatoie di ingegneria istituzionale che perseguono, in realtà, l’obiettivo – inquietante e pericoloso – dell’uomo solo al comando.
A conferma di ciò sta il fatto che questa impropria investitura del premier è accompagnata dallo strapotere del Governo e della maggioranza: il primo messo in condizione di egemonizzare anche il procedimento legislativo (grazie a una corsia privilegiata per i propri disegni di leggi); la seconda arbitra finanche della dichiarazione dello stato di guerra (rimessa in via esclusiva alla competenza della Camera). Il tutto in un quadro di indebolimento dei controlli e di una riduzione delle competenze decentrate in favore del Governo centrale. Sembra realizzarsi così il diktat sovranazionale caratteristico di questa stagione politica espresso, tra l’altro, in un documento della banca americana J.P. Morgan del
giugno 2013 in cui si legge: «Le Costituzioni e i sistemi politici dei Paesi della periferia meridionale mostrano, in genere, le seguenti caratteristiche: governi deboli; stati centrali deboli ri-spetto alle regioni; tutela costituzionale dei diritti dei lavoratori, […] diritto di protestare se cambiamenti sgraditi arrivano a turbare lo status quo.
Ma qualcosa sta cambiando: il test chiave avverrà l’anno prossimo in Italia, dove il nuovo governo ha chiaramente l’opportunità di impegnarsi in importanti riforme politiche».
Secondo slogan diffusi a piene mani nella società degli spot e
dei tweet, «dire no» a queste “riforme” è una manifestazione di conservatorismo un po’ ottuso di chi ha paura del cambiamento. La storia dell’umanità mostra esattamente il contrario. I mutamenti politici e sociali più importanti hanno avuto alla loro base la resistenza di chi ha saputo dire no all’autoritarismo, alle prevaricazioni, all’ingiustizia.
Non a caso la modernità nasce con Antigone che, nella tragedia di Sofocle, dice di no all’editto di Creonte, re di Tebe, e dà sepoltura al proprio fratello, diventando per questo, nei secoli, simbolo di libertà e di lotta contro il sopruso. Una ragione in più per «dire No»!
‘Ndrangheta, Rossi(Pd): ‘Inaccettabile che non si sappia che fine ha fatto Rossella Casini’
‘E’ inaccettabile che Rossella Casini scomparsa il 21 febbraio del 1981 a Palmi in Calabria, non si trovi. C’è stato un processo, ci sono stati degli assolti, una reazione molto dura da parte dei famigliari. Presto incontrerò Oliverio per affrontare la questione’.
“Possiamo trovare una presa di posizione comune che vada in questo senso, cioè nella richiesta di riaprire le indagini e di cercare la verità su questi fatti – ha aggiunto il governatore della Toscana – Potremmo chiedere che riaprano le cartelle, che si facciano ulteriori indagini perché c’è un bisogno di giustizia a cui non si può venir meno, a cui lo Stato deve sentire il dovere di dare delle risposte per questa famiglia e anche per il ricordo di questa ragazza”.
FAVARA Tre strade intitolate a vittime di mafia
Tre strade di Favara, da oggi saranno intitolate ad altrettante vittime della mafia. Si tratta di Emanuela Loi, caduta nell’agguato al giudice Borsellino, di Filippo Gebbia, coinvolto nella prima strage di Porto Empedocle, e del favarese Antonio Valenti, assassinato nel 1984 in un impianto di calcestruzzi in territorio empedoclino. Con le autorità, saranno presenti i familiari delle Vittime.
Tre strade di Favara, da oggi saranno intitolate ad altrettante vittime della mafia.
Bombino: “Il Parco parte civile contro la ‘ndrangheta dell’Aspromonte”
Libera-Intitolazione strada a Gianluca Congiusta
Il coordinamento Libera Locride e l’associazione Cambi@menti, in tutte le sue componenti, esprimono viva soddisfazione per la recente delibera della Prefettura di Reggio Calabria che ha autorizzato l’intitolazione di una strada di Siderno a Gianluca Congiusta, il giovane imprenditore ucciso dalla ‘ndrangheta il 24 maggio del 2005.
L’impegno di fare memoria contro le mafie
LA LENTE DI UNA CRONISTA
Considerazioni e riflessioni per vaccinarsi dall’indifferenza
Ci sono lacrime asciutte. Asciugate lentamente dal tempo. Nascoste dietro sguardi carichi di dignità e determinazione nella ricerca della verità. Un dolore silenzioso, ma forte e coraggioso come quello di chi lotta ogni giorno per avere giustizia.
A portare avanti questo impegno, in certi casi per tutta la vita, sono i familiari delle vittime innocenti delle mafie. Uomini e donne che, dopo la morte ingiustificata e violenta di un figlio un fratello un genitore o del coniuge, dedicano ogni energia per non fare spegnere i riflettori su omicidi che spesso la giustizia ha archiviato senza colpevoli troppo in fretta. Così, dalle pagine di un giornale o, più di frequente, dalle bacheche dei social network, ogni giorno fanno memoria di quel figlio che non c’è più diventando essi stessi portatori di legalità.
Come la mamma di Attilio Manca, Angela, che dal 12 febbraio 2004 chiede giustizia e verità per suo figlio. Lui, Attilio, un urologo di 34 anni di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) fu trovato morto 12 anni fa nella sua casa a Viterbo. Dalle analisi fatte sul corpo vennero ritrovate tracce di alcol etilico, eroina e barbiturici, e la vicenda processuale venne poi archiviata come suicidio. Ma i genitori sostennero da subito che la morte di Attilio nascondeva altro e che era da collegare al fatto che l’urologo avesse operato nel 2003 a Marsiglia il boss Bernardo Provenzano. Una battaglia per la verità di fronte ad indagini lacunose, sostenuta dai legali della famiglia e portata avanti in un territorio spesso ostile come quello barcellonese. Una battaglia che lo scorso gennaio ha raggiunto un risultato importante, quando il pentito Carmelo D’Amico ha rivelato che dietro l’omicidio di Attilio Manca c’è la mano dei Servizi Segreti. Rivelazioni che hanno aperto nuovi scenari sulle vere cause della morte dell’urologo siciliano e che riaprono le porte della giustizia sul caso. “Speriamo che non venga insabbiato un’altra volta” ha dichiarato poco dopo Angela Manca alla rivista AntimafiaDuemila.org, “L’omicidio di mio figlio si poteva risolvere subito e invece è stato affossato dalle istituzioni. Ma ora non è più come prima, qualcosa da oggi è cambiato”.
Una ricerca della verità che è fatta anche di sofferenza, nel contrastare persino la macchina del fango che dà in pasto all’opinione pubblica finti moventi per l’omicidio e accuse pesanti su chi fosse la vittima. Come accaduto a Gianluca Congiusta, un giovane imprenditore freddato con una lupara il 24 maggio 2005 a Siderno (RC) mentre ritornava a casa in macchina dal lavoro. Dopo la sua morte, in un primo momento, fu ipotizzato un caso di omicidio di natura passionale legato ad una ‘questione di donne’. Fino ad arrivare ad insinuare che Gianluca fosse uno spacciatore di droga. La famiglia del giovane non demorde e inizia il suo impegno per ridare vita a Gianluca, con la verità. Dopo anni trascorsi a chiedere giustizia, con conferenze presidi e uno sciopero della fame, il papà di Gianluca, Mario, continua tutt’oggi a fare memoria di quel figlio con tanti progetti che gli è stato strappato via. Ed è merito anche della determinazione della famiglia se nel 2007 il processo prende la direzione giusta, grazie ad una lettera con richieste estorsive emersa nel corso di un’altra inchiesta. Estorsione, ai danni del suocero della vittima, che avrebbe portato in seguito alla decisione di uccidere l’imprenditore reggino. Mandante ed esecutore dell’omicidio viene considerato Tommaso Costa, dell’omonimo clan, condannato all’ergastolo nel 2010 con pena confermata in Appello nel 2013. Nel febbraio 2016 il giudizio, giunto in Cassazione, è stato però sospeso per un vuoto normativo che non permette di utilizzare le lettere come documento al pari delle intercettazioni. L’impegno per la verità e la memoria porta intanto semi di speranza e consapevolezza, anche di fronte a chi cerca di negare la realtà. Proprio il comune di Siderno nei giorni scorsi ha posto una stele commemorativa nel luogo in cui Gianluca fu ucciso, un gesto che mette in ombra anche lo striscione poco distante che nega l’omicidio avvenuto in quel luogo.
Come Angela e Mario, sono tante le vite e le famiglie spezzate da un dolore ingiusto e ad ognuno di loro va il ringraziamento di tutti i cittadini onesti per avere costruito pezzi di legalità, fatti di memoria e gesti concreti. Per aver ricordato che la memoria è un patrimonio collettivo, da difendere, e che deve accompagnarsi sempre all’indignazione e alla non rassegnazione.
Questi uomini e donne con il loro esempio, con la loro ribellione pacifica, hanno dato una seconda vita, immortale, ai loro cari e hanno dimostrato che le mafie non sono imbattibili. Come il giudice Giovanni Falcone già prevedeva da tempo.
Attilio ed Angela Manca
Gianluca Congiusta
fonte: https://annagiuffrida.wordpress.com/2016/05/25/limpegno-di-fare-memoria-contro-le-mafie/
Fattore Comune presenta “Insieme a Felicia” a Siderno Superiore
In occasione dell’11° Anniversario dell’uccisione di Gianluca Congiusta
Il movimento politico culturale Fattore Comune e il Circolo Berlinguer