L’addio (o arrivederci?) di Gratteri alla Procura di Reggio

Il saluto del magistrato ai colleghi prima dell’insediamento a Catanzaro. De Raho: «Vive sotto scorta per garantire la libertà di tutti». Di Landro: «Un fuoriclasse». Gli aneddoti del giudice Tarzia e un pizzico di commozione per tutti

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REGGIO CALABRIA Da lunedì, gli uomini della scorta del nuovo procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri avranno da fare. E parecchio.

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Compito delle toghe è vigilare sui politici

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Politica | 14 maggio 2016 | 0 | di Liana Milella
“Se non capisci come funziona il gioco grande… sarai giocato”. Il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, toga famosa per le sue indagini sulla mafia, è convinto che i magistrati “debbano” esprimersi sul referendum non solo perché “è un nostro diritto”, ma per la futura valenza che la riforma comporta.

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Indagato anche Don Pino Strangio, parroco di San Luca

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REGGIO CALABRIA, – L’ex procuratore della Repubblica di Palmi Giuseppe Tuccio, il presidente della Provincia di Reggio Calabria Giuseppe Raffa, di Forza Italia, ed il sacerdote Giuseppe “don Pino” Strangio, di San Luca in Aspromonte, canonico del Santuario Mariano della Madonna della Montagna di Polsi, figurano tra gli indagati in stato di liberà dell’inchiesta “Fata Morgana”.

Sono indagati, tra gli altri, anche il cancelliere capo della Corte d’Appello Aldo Inuso, l’ex presidente della Reggina Calcio Pino Benedetto, l’avvocato Rocco Zoccali, il consigliere provinciale di Reggio Demetrio Cara che sostiene la maggioranza di centrodestra ed un impiegato del Consiglio regionale, Giovanni Pontari. Stamani i finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno perquisito le loro abitazioni ed i loro uffici. Secondo l’accusa, il cartello di “colletti bianchi” avrebbe “condizionato” molte attività economiche “manipolando” la gestione, soprattutto per quel che riguarda la grande distribuzione. Tutto ciò avveniva con la complicità di funzionari pubblici. (ANSA).

Notizia tratta da: http://ciavula.it/2016/05/indagato-don-pino-strangio-parroco-san-luca/

 

Diario della Memoria- A Siderno il 24 maggio 2005 hanno spento il sorriso di Gianluca Congiusta

Il padre Mario e la sorella Roberta raccontano il loro ragazzo

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“Era Lui il punto di riferimento della nostra famiglia”

di Luciana De Luca

«Abbiamo chiesto ai medici se aveva sofferto. E loro ci hanno risposto di no. È morto sul colpo». Mario Congiusta, padre di Gianluca, il giovane ucciso a Siderno, il 24 maggio del 2005, nel racconto della tragica perdita del figlio, cerca di trovare qualche elemento che alleggerisca la sua pena. Piccoli particolari che diventano essenziali quando bisogna fare i conti con il dolore ingiusto,  incomprensibile e incontenibile.

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Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, commissione «amica»

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ANTONIO MARIA MIRA

Può indagare sui fatti di malasanità negli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria chi ha avuto stretti rapporti con gli arrestati o chi non è estraneo ai fatti, che per ora non indagato, ma potrebbe esserlo presto? Insomma persone non ‘terze’ rispetto alla gravissima vicenda del reparto di ginecologia e ostetricia.

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‘Ndrangheta, arrestato il nipote del boss “Tiradritto”. Era ricercato dal 2011

Domenico Morabito fuggì alla cattura nell’ambito di una vasta operazione finalizzata all’arresto di numerosi appartenenti ad un’organizzazione dedita al narcotraffico internazionale di eroina, cocaina ed hashish, tra le regioni della ex Jugoslavia e l’Italia

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E’ un nipote di Giuseppe Morabito, 82 anni, detto “Tiradritto”, il latitante arrestato stamane dai Carabinieri nella Locride.

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Intercettazioni, Gratteri: “inserire riprese video e lettere”

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La proposta della commissione presieduta dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri in tema di intercettazioni, prevede – apprende l’ANSA – un “primo gruppo di disposizioni volto a inserire due nuovi mezzi di ricerca della prova ‘perfettamente funzionali alle esigenze di efficienza delle indagini’”, le “intercettazioni epistolari e le intercettazioni di comportamenti tramite ripresa video”.

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Reggio Calabria, aborti senza consenso e neonati morti: 4 medici arrestati e 6 sospesi all’ospedale Bianchi

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Un primario che fa abortire la sorella contro la sua volontà, due neonati morti per imperizia, partorienti con lesioni gravissime e cartelle cliniche alterate per nascondere il fatto che un neonato è stato intubato nella maniera sbagliata e ora vive in stato vegetativo.
Come ha sottolineato un investigatore, sembrava davvero la clinica del dottor Mengele l’ospedale “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria dove nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di Finanza “Mala Sanitas” sono stati arrestati 4 medici mentre altri 6 camici bianchi e una ostetrica sono stati sospesi dalla professione per un anno, tutti accusati di aver procurato aborti e danni gravissimi alle mamme che fiduciosamente si sono affidate al reparto di maternità senza immaginare l’orrore al quale stavano andando incontro.

Tra le intercettazioni in mano ai magistrati reggini figurano le frasi da brivido che il primario di ginecologia Alessandro Tripodi avrebbe rivolto a una collega, chiedendole di far abortire la sorella ricoverata in corsia e incinta alla diciassettesima settimana, ignara di tutto.

“Vedi se puoi fargli cambiare quella flebo… – dice Tripodi alla collega Manunzio – tipo con una scusa che non scende”. “Se non c’è tuo cognato… in un momento che non c’è… ma la notte non sta con lei?”. “Ma pure se c’è. Pure se c’è, tanto non capisce niente. Senza che ti vede nessuno, ehm, vedi come puoi fare, gli metti 2/3 fiale di Sint, gliela fai scendere a goccia lenta”. “In maniera tale che ‘morisce’, così si sbrigherà ed abortirà”.

La donna in effetti perderà il bambino, nonostante non avesse mai pensato a una interruzione volontaria di gravidanza e non ci fossero minacce di aborto spontaneo. Tripodi, scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare, temeva che il figlio della sorella fosse affetto da alterazioni cromosomiche. Insieme al primario sono finiti ai domiciliari l’ex primario Pasquale Vadalà, e i ginecologi Daniela Manunzio e Filippo Saccà.

Il gip ha inoltre interdetto dall’esercizio della professione medica anche i ginecologi Salvatore Timpano, Francesca Stiriti, Antonella Musella, gli anestesisti Luigi Grasso e Annibale Maria Musitano, il responsabile dell’ambulatorio di neonatologia Maria Concetta Maio e l’ostetrica Pina Grazia Gangemi. Sono, invece, indagati i medici ginecologi Massimo Sorace, Roberto Rosario Pennisi, l’ostetrica Giovanna Tamiro e Antonia Stilo.

Le accuse sono, a vario titolo, di falso ideologico e materiale, soppressione, distruzione e occultamento di atti veri e interruzione della gravidanza senza consenso della donna. Il presunto sistema di copertura degli errori, secondo l’accusa, sarebbe stato condiviso dall’intero apparato sanitario. “Una pagina nera nella sanità del nostro Paese”, ha commentato il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho: ” Una situazione indegna di un Paese civile”.

Oltre alla morte di due neonati, dovuta secondo i magistrati alla incapacità colpevole dei medici che poi hanno coperto tutto, nell’inchiesta emerge anche il gravissimo caso di un bambino con problemi respiratori che al reparto di Neonatologia viene intubato nell’esofago e non nelle vie respiratorie. Un errore madornale al quale la dottoressa incaricata pone rimedio cinquanta minuti dopo, causando al bimbo danni cerebrali gravissimi tanto che oggi, a 5 anni, vive in stato vegetativo.

Per evitare denunce e guai giudiziari, la cricca dei medici scriveva il falso nelle cartelle cliniche e manipolava i referti con “assoluta freddezza e indifferenza verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata ‘a salvare gli altri’ e non se stessi”.

Sono state le intercettazioni a incastrare gli operatori sanitari che parlano di dettagli nelle cartelle cliniche da cancellare “con il bianchetto” oppure di fascicoli da “chiudere e posare nell’armadio”, lontano da occhi indiscreti. Secondo gli inquirenti, all’occorrenza, la cartella veniva confezionata ad arte o veniva omesso deliberatamente di attestare ciò che era stato visto e compiuto durante l’intervento.

E sono ancora una volta le conversazioni dei medici finiti nell’inchiesta a tracciare un quadro spaventoso di omissioni ed errori medici, mai rivelati apertamente alle pazienti. Come la rottura del collo dell’utero durante un parto:

“Apriamo, l’utero non sembrava rotto. Senonché, comincia a perdere da sotto… cioè il collo (dell’utero, ndr) si è staccato… Il bambino è vivo, ma qua l’utero si è staccato. Si è staccato l’utero. Hai capito?”. “Come si è staccato il collo?”. “Che cazzo ne so. Ancora la paziente è con la pancia aperta e con le pezze. È divelto il collo, dalla plica. È una cosa pazzesca”.

“Ascoltando le conversazioni di Tripodi – ha detto il procuratore aggiunto Gaetano Paci – è emerso un quadro gravissimo: cartelle manipolate, volontà coartate, falsificazioni tese a dimostrare alle pazienti ed ai loro familiari che tutto era stato fatto secondo le regole e che solo il destino aveva voluto diversamente. Questa città è sottoposta ad ulteriore e profonda sofferenza persino dove la poca cura per la vita umana e sociale prevale fino a fare impallidire ogni valore e tutto diventa buio. E anche chi voleva denunciare veniva indotto con atteggiamenti che rasentano l’atteggiamento mafioso a rinunciare. Il diritto alla salute inserito nella Costituzione veniva umiliato e sottoposto a coercizione e in tanti si ritraevano per paura”.

“Abbiamo trovato una situazione che definire indecente è davvero poco”, ha detto il comandante provinciale della Guardia di finanza col. Alessandro Barbera: “cartelle cliniche lasciate dentro locali semi abbandonati e senza descrizione di quanto avveniva nel reparto e nella sala operatoria, con il personale più impegnato allo scaricabile che a garantire la sicurezza e il diritto alla salute”.

La ministra Beatrice Lorenzin ha definito l’inchiesta “una situazione veramente scandalosa”, sottolineando come sia “strano che le denunce siano pervenute dai pazienti e non dalla direzione sanitaria” dello stesso ospedale di Reggio Calabria.

 

 

Astensione che vergogna!

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Mosaico dei giorni
12 aprile 2016 –
Tonio Dell’Olio
“Che i governanti ci invitino a non esercitare la democrazia astenendoci dal votare è una iniquità politica vergognosa: un’offesa a noi cittadini” – scrive in un tweet Enzo Bianchi.
E non posso fare a meno di condividerlo, soprattutto quando vedo che quella considerazione è suffragata dalle leggi ancora in vigore nel nostro Paese a garanzia dell’esercizio pieno della democrazia. “Il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio, l’esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare” non devono abusare delle loro funzioni costringendo a votare in un determinato voto, né inducendo all’astensione. Così recita l’art. 98 del Testo Unico del 5/2/1948 che regola la partecipazione alle elezioni. Al di là del quesito del referendum per il quale siamo invitati a recarci alle urne domenica 17 aprile, l’invito pressante all’astensione che proviene da alcuni rappresentanti delle istituzioni è una vera e propria minaccia alla democrazia partecipativa già fortemente in crisi. Insomma, non aiuta soprattutto sul piano educativo, della crescita democratica, della responsabilità. Partecipare, sentirsi protagonisti attivi del cambiamento, esserci, è vitale per la crescita di un Paese. Ma anche per i suoi cittadini. Andiamo a votare.

fonte:
Mosaico di pace
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