Calabria regina delle opere incompiute E per terminarle servono oltre 300 milioni

Nell’elenco pubblicato dal ministero delle Infrastrutture è la regione che detiene il primato italiano dei cantieri aperti: sono 94 spesso bloccati da mala politica, burocrazia o ingerenza della criminalità organizzata

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di ANDREA TRAPASSO
COSENZA – Quando si parla di opera incompiuta e si fa riferimento alla Calabria, il pensiero tende a imboccare quasi in automatico l’autostrada Salerno-Reggio.

L’eterna incompiuta, come viene chiamata. Cantieri che appaiono e scompaiono, carreggiate a tratti chiuse, demolizioni e ricostruzioni.

 

Così è sempre stato negli anni, da quando, a cavallo tra gli anni 60 e 70, si decise di collegare la Calabria al resto d’Italia. In realtà, la fotografia scattata dal Ministero delle Infrastrutture in materia di opere pubbliche rimaste ferme e mai terminate, ci mostra una situazione molto più variegata e grave, che va ben al di là dell’ormai annoso problema dell’A3 (arricchitosi dallo scorso 2 marzo della nuova telenovela legata al crollo del Viadotto Italia, ma quello è un altro discorso ancora).

LEGGI L’ELENCO DELLE OPERE INCOMPIUTE

L’anagrafe delle incompiute del Ministero, divulgato due giorni fa e aggiornato al 31 dicembre 2014, infatti, vede la Calabria al primo posto delle regioni italiane con ben 94 opere iniziate e mai concluse (erano 64 l’anno precedente). Un elenco già lungo che potrebbe anche essere incompleto. Come specifica lo stesso Mit, infatti, doveva essere compilato e caricato sull’apposito sistema (Simoi – Sistema Informatico di monitoraggio) entro il 30 giugno 2015 direttamente dalle Regioni, dalle amministrazioni titolari dei procedimenti e dal Ministero stesso. Non è escluso, dunque, che qualcosa sia sfuggita, come dimostra il caso della Regione Sicilia, la cui lista è ancora in fase di stesura e le cui opere, pertanto, mancano al computo delle 649 riportate nell’anagrafe.

Un lungo elenco, dicevamo, in cui l’A3 non è presente ma che comprende di tutto: scuole, strutture sportive, tratti stradali, sistemi per lo smaltimento dei rifiuti, immobili di edilizia sociale (un settore che va forte), ma anche interventi contro il dissesto idrogeologico e lavori di completamento di bacini idrici, dighe e invasi vari. Comparto, questo, che si prende la fetta più consistente di fondi adoperati (quasi 400 milioni) e comprende l’incompiuta delle incompiute (vedi box sotto): la diga sul fiume Melito, in provincia di Catanzaro. Già, perché il vero problema è questo. Dietro a ogni infrastruttura non completata, ci sono fiumi di denaro spesi e che non stanno portando il frutto dovuto. Sono quasi 706 i milioni già adoperati complessivamente per il totale di queste opere, tra fondi europei, statali e regionali. E per portarle a termine, secondo quanto indicato dall’anagrafe, ne occorreranno ancora oltre 321. Che non sono pochi, soprattutto in un periodo storico come quello attuale, in cui parole come crisi e austerity sono diventati dei veri e propri must. Una situazione che denota, dunque, la scarsa capacità della Regione Calabria nella gestione delle opere pubbliche.

Ammodernamento delle infrastrutture, valorizzazione dei territori, rilancio delle economie, sembrano rimanere più come elementi da sbandierare nelle varie fasi delle campagne elettorali e in convegni costruiti ad hoc. Mentre poi, la realtà dice tuttaltro. Certo, dietro a un’opera incompiuta può annidarsi una concatenzione più o meno complessa di cause, e non sempre imputabili a una cattiva gestione politica. Mancanza di fondi; contorte dinamiche burocratiche che bloccano o rallentano i lavori; e soprattutto le infiltrazioni e le ingerenze della criminalità organizzata risultano essere fattori più che determinanti dietro a questo stato di cose. Il report fornito dal Mit, a tal proposito, oltre a segnalare nei tabulati la stazione appaltante, le risorse, la percentuale di lavori compiuti e lo stato più o meno parziale di fruibilità, per ogni opera indica le cause rilevanti dell’interruzione.

Le opere sono così classificate in tre categorie: A (lavori di realizzazione avviati ma che risultano interrotti oltre il termine contrattualmente previsto per l’ultimazione); B (lavori di realizzazione avviati, ma che risultano interrotti entro il temine contrattualmente previsto, non sussistendo, allo stato, le condizioni di riavvio degli stessi); C (lavori di realizzazione ultimati, ma che non sono stati collaudati nel termine previsto, in quanto l’opera non risulta rispondente a tutti i requisiti previsti dal capitolato e dal relativo progetto esecutivo). Delle 94 opere calabresi ben 53 sono di categoria A, ovvero si è registrato per queste un rallentamento eccessivo dei tempi di realizzazione; 29 appartengono alla categoria B e 12 (categoria C) sono sostanzialmente finite ma mai collaudate.

Sul piano territoriale, invece, è la provincia di Cosenza a ottenere il primato delle opere incompiute (forse, chissà, a causa di una maggior solerzia da parte delle amministrazioni a segnalare i lavori bloccati). Quaranta lavori ancora da terminare, tra le quali si mette in bella mostra, almeno sul piano economico, il recupero dell’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore (175 milioni di euro spesi e lavori completati solo per il 73%). Segue il territorio reggino con 23 opere, Catanzaro con 22 (di cui ben 9 sono in capo all’Aterp e si riferiscono alla realizzazione di fabbricati di edilizia sociale in diversi comuni della provincia); chiudono Vibo (6 incompiute) e Crotone con solo 2 opere da terminare: numeri troppo bassi per sembrare plausibili.

Fonte : il quotidiano

 

 

 

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