Quegli intrecci tra la casta e la ’ndrangheta

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Il terremoto calabrese di Rimborsopoli fa sentire i suoi effetti fino a Roma: che ripercussioni potrà avere l’ennesima richiesta di autorizzazione parlamentare su Ncd?

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ROMA

Il terremoto è arrivato. Annunciato, ma non per questo meno distruttivo di quanto si potesse immaginare.


La scossa sismica si avverte anche a Roma, dopo aver compromesso l’immagine e non solo della giunta regionale di Mario Oliverio. Si avverte perché è storia presente, anzi delle prossime ore. Quanto è pesante il fardello giudiziario della fragile formazione centrista del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, l’Ncd nata da una costola del Pdl? Che ripercussioni potrà avere l’ennesima richiesta di autorizzazione parlamentare per una misura cautelare nei confronti del senatore Bilardi, su Ncd?

Non è il primo caso: prima c’erano state le dimissioni del ministro Nunzia De Girolamo, costretta al passo indietro per l’inchiesta sulla sanità nella sua città, Benevento. Poi si è dovuto dimettere il ministro dei Lavori Pubblici Maurizio Lupi, tirato in ballo ma non indagato nell’inchiesta fiorentina sui grandi appalti. E il sottosegretario Castiglione, che resiste, chiamato in causa per la vicenda del Cara di Mineo. Il Senato deve decidere se autorizzare o meno l’arresto del senatore Azzollini per l’inchiesta tranese sul crac delle case di cura “Divina Provvidenza”. E adesso a Palazzo Madama arriveranno le carte sul senatore Bilardi per la Rimborsopoli calabrese.

Questo è solo uno degli scismi sismici del terremoto calabrese. La nuova giunta Oliverio, Pd, era stata nominata alla fine del gennaio scorso, dopo un paio di mesi di trattative e indecisioni del governatore Mario Oliverio, esponente di punta del Pd antirenziano. Ora, tre suoi assessori sono coinvolti in questa Rimborsopoli. raggiunti da provvedimenti cautelari. Come potrà non dimettersi, il governatore Oliverio? Si andrà a un semplice rimpasto?

Questa non è solo una brutta storia di una «casta» che non è in grado di autoriformarsi. E racconta più in generale dell’inquinamento delle istituzioni. Un ceto politico predatorio, che truffa i cittadini accaparrandosi beni pubblici. Ma come non può venire il sospetto di un intreccio di interessi con la ’ndrangheta? Come non ricordare che il santino elettorale dell’assessore De Gaetano fu trovato nel covo del boss Giovanni Tegano?

Il nuove Consiglio Regionale della Campania nasce già fortemente compromesso, al di là se Vincenzo De Luca potrà “superare” lo scoglio della legge Severino. Consiglieri regionali rieletti anche adesso sono chiacchieratissismi. Sembrava che la mafia fosse stata sconfitta. Che si fosse chiamata Gomorra in Campania o Cosa nostra in Sicilia. Le retate e i pentimenti sembravano averle messe all’angolo.

Certo, a un anno dal pentimento del boss dei Casalesi Antonio Iovine, oggi si aspettano retate di amministratori locali, interi uffici tecnici comunali, funzionari pubblici. E anche rappresentanti della Regione Campania.

I tempi della giustizia non coincidono mai con quelli della politica. Un paio di mesi fa la magistratura siciliana ha arrestato cinque consiglieri eletti in Sicilia per voto di scambio alle regionali e alle comunali di Palermo del 2012. E adesso c’è Rimborsopoli, che sembra diventato un fenomeno di costume. «Terra morta». Parla della Calabria l’uomo delle istituzioni calabresi. «La ’ndrangheta – dice – non guarda al colore della politica. Condiziona la pubblica amministrazione e l’economia». Tonino Serranò è stato il numero uno di una lista comunale del sindaco Giuseppe Scopelliti (centrodestra). Adesso faceva l’autista del capogruppo Pd al Consiglio Regionale, Sebi Romeo. Si è dovuto dimettere perché il sito del Fatto Quotidiano ha pubblicato un video nel quale Serranò maneggiava una pistola davanti a un amico, un uomo della cosca Serraino.

Fonte: la stampa