Mannaia sui clan mafiosi baresi Di Cosola e Stramaglia: 92 arresti

Mannaia sui clan mafiosi baresi Di Cosola e Stramaglia: 92 arresti

Mannaia sui clan mafiosi baresi Di Cosola e Stramaglia: 92 arresti

BARI – Duro colpo inferto ai clan mafiosi baresi rivali, Di Cosola e Stramaglia, protagonisti negli ultimi anni di numerosi episodi di sangue per il controllo esclusivo dei traffici di droga. Ordinanza di custodia cautelare per 92 presunti affiliati, eseguita dalla squadra mobile della Questura di Bari su disposizione del Gip del Tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, che ha accolto le richieste dei Pm inquirenti Desirè Digeronimo, Elisabetta Pugliese e Francesca Romana Pirrelli.

Notificato in carcere il provvedimento restrittivo per il capoclan Antonio Di Cosola. Provvedimento restrittivo notificato anche ai capiclan della famiglia Stramaglia, Michele Stramaglia (figlio del boss Michelangelo, ucciso in un agguato nel 2009) e Giuseppe Barbetta. Reati contestati associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni a danni di imprenditori edili e di titolari di frantoi oleari e incendi. Impiegati circa 600 agenti di polizia, che stanno compiendo arresti e perquisizioni anche a Milano, Novara, Udine, Milazzo (Messina), Foggia e Cerignola.

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Parte il “Progetto Sicomoro” dal carcere di Opera

Parte il “Progetto Sicomoro” dal Carcere di Opera

Parte dal Carcere di Opera alle porte di Milano, una delle case di reclusione più grande d’Italia, il “Progetto Sicomoro”. Da domani, 6 novembre, ogni sabato fino al 18 dicembre, sette volontari di Prison Fellowship Italia Onlus, precedentemente formati, svolgeranno la loro attività di promozione umana, di ascolto e di sostegno ai sette detenuti che parteciperanno al Progetto, alle loro famiglie e alle sette vittime.

Lo spirito di questa proposta è proprio quello della riumanizzazione delle storie personali, facendo incontrare e dialogare gli autori dei reati (offensori) e chi questi reati li ha subiti (offesi) per capire i motivi, le azioni e le reazioni degli uni e degli altri. Due, quindi, gli obiettivi: la giustizia restitutiva per chi ha subito il crimine e la riabilitazione morale e spirituale per chi l’ha commesso.

Al Progetto potranno partecipare i carcerati di tutte le religioni. Gli incontri si articoleranno in tappe che, partendo dai racconti biblici e da esempi concreti di vita, alla fine del percorso porteranno ad una nuova assunzione di responsabilità del danno provocato e subito e, dunque, all’esperienza del perdono e della riconciliazione umana.

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Bari, ‘aggiustavano” processi tributari: giudice e 16 in arresto

Bari, ‘aggiustavano” processi tributari: giudice e 16 in arresto

Bari, ‘aggiustavano” processi tributari: giudice e 16 in arresto

Altri 30 indagati da GdF per operazione “Gibbanza”

Si chiama “Gibbanza” (tangente in dialetto barese, ndr.) l’operazione della guardia di finanza di Bari che stamattina ha portato all’arresto in carcere di un giudice e tre commercialisti mentre altri 16 sono ai domiciliari e altri 30 risultano indagati.
Tra essi anche un consigliere comunale de PdL Donato Radogna. Il giudice tributarista Oronzo Sandro Quintavalle, avvocati, tributaristi, funzionari pubblici, docenti universitari: c’è di tutto tra gli indagati che, secondo il Procuratore di Bari Antonio Laudati erano dediti ad “aggiustare” processi tributari “perché potessero avere una benevola risoluzione – come recita una nota della Procura – con svariate regalìe: danaro,televisori, capi fimati”, e vari gadget tecnologici

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Operazione Iblis, fra mafia e colletti bianchi: 48 arresti

Arrestato pure un deputato del Pid, Fausto Fagone

Operazione Iblis, fra mafia e colletti bianchi: 48 arresti

di  blogsicilia
torino_carabinieri

3 novembre 2010 –

 

Una rete di collusioni tra mafia, colletti bianchi e politici. E’ quella che è emersa dal blitz dei Ros che ha portato al sequestro di beni per 400 milioni e a 48 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti indagati, fra i quali il deputato regionale Fausto Fagone.

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Le mani di Reggio su l’Aquila

Le mani di Reggio su l’Aquila

Il controllo dell’economia dei Borghetto-Zindato-Caridi esteso dalla città dello Stretto all’Abruzzo
Le mani di Reggio sull’Aquila

Scacco alle cosche che fiutarono l’affare-ricostruzione all’Aquila

Dopo il sisma appalti ghiotti
Santo Caridi fiutò l’affare dei lavori per il terremoto e agganciò un imprenditore edile all’Aquila


di MICHELE INSERRA

REGGIO CALABRIA -Il terremoto in Abruzzo dell’aprile 2009 era visto come una sorta di provvidenza dalle cosche reggine.

La tragedia che viveva la popolazione aveva fatto emergere il fiuto per l’affare.
La scossa principale, di 5,8 gradi della scala Richter, si era registrata attorno alle 3,30. L’epicentro era stato individuato a una decina di chilometri dall’Aquila. Il sisma era stato avvertito in tutto il centro- sud d’Italia, dalla Romagna a Napoli. Oltre ai morti e ai dispersi, i feriti furono circa 1.500 e almeno 70mila gli sfollati, intere famiglie costrette ad allontanarsi dalle proprie abitazioni.

Una prima stima parlò di 10-15 mila edifici danneggiati con pesanti danni al patrimonio storico e artistico della regione.
Numeri impressionanti che hanno fatto gola alle cosche reggine.

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Corruzione, Italia al 67° posto Meglio di noi anche il Ruanda

Corruzione, Italia al 67° posto Meglio di noi anche il Ruanda

Corruzione, Italia al 67° posto Meglio di noi anche il Ruanda

Il Belpaese perde posizioni nella classifica stilata ogni anno dall’ong Transparency International. Nel 2009 era 63/ma, nel 2008 55/ma. In testa a pari merito Danimarca, Nuova Zelanda e Singapore

Peggio di così ci fu solo il dato del 1997, quando il punteggio era pari a 5,03.  Nella classifica mondiale della “percezione della corruzione” stilata dal network globale “Transparency International” e diffusa ieri a Berlino, l’Italia – con il suo 3,9 – ricopre il 67esimo posto, collocandosi tra il Ruanda (4 punti) e la Georgia (3,8). Gli Stati più virtuosi tra i 178 esaminati risultano essere, ex aequo, Danimarca, Nuova Zelanda e Singapore, con il 9,3 di punteggio; la maglia nera spetta invece alla Somalia, con un punteggio pari a 1,1.

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Il comitato Impastato: «La parola è l’arma migliore contro la mafia»

 

Il comitato Impastato:
«La parola è l’arma migliore contro la mafia»

 

Sullo striscione, la scritta «La parola è l’arma più potente contro le mafie». A portarlo sono i membri del «Comitato antimafia Peppino Impastato», in presidio di prima mattina fuori dal Palagiustizia, a margine dell’udienza del processo per mafia in corso alla prima sezione collegiale del tribunale ordinario, proprio per riportare all’attenzione pubblica la presenza della criminalità organizzata a Brescia.

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Arresti a Reggio Calabria, fra i 34 anche il direttore sportivo e l’allenatore della Valle Grecanica

Arresti a Reggio Calabria, fra i 34 anche il direttore sportivo e l’allenatore della Valle Grecanica

 

‘NDRANGHETA: ARRESTI REGGIO; RICOSTRUITI DUE ANNI ESTORSIONI – REGGIO CALABRIA, 29 ottobre 2010 – Due anni di estorsioni e danneggiamenti compiuti a Reggio Calabria sono stati ricostruiti dalla polizia di Stato che stamani ha compiuto una operazione contro alcune cosche della città.

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‘Cent’anni di storia”: dure condanne per le infiltrazioni nel porto di Gioia Tauro. Colpita la ‘ndrangheta dei colletti bianchi

”Cent’anni di storia”: dure condanne per le infiltrazioni nel porto di Gioia Tauro. Colpita la ‘ndrangheta dei colletti bianchi

di Claudio Cordova – Il pubblico ministero Roberto Di Palma mette a segno un altro “colpo” ottenendo, nell’ambito del delicato processo “Cent’anni di storia”, la condanna di undici individui, che, a vario titolo, sarebbero legati alla criminalità organizzata della Piana. Il Tribunale di Palmi, infatti, ha condannato Giuseppe Alvaro a 12 anni di reclusione e Antonio e Natale Alvaro a 9 anni ciascuno. Pietro D’Ardes, gestore della società cooperativa “Lavoro” di Roma a 11 anni di reclusione; condanna a 9 anni e 6 mesi anche per l’avvocato Giuseppe Mancini che avrebbe coadiuvato D’Ardes e poi Gianluigi Caruso, a 5 anni. Condannato a 4 anni e 8 mesi anche Giuseppe Arena, che sarebbe stato il braccio operativo della cosca Molè. A tal proposito sono durissime le condanne che il Tribunale ha inflitto a Girolamo Molè (classe ’61) e Domenico Molè, condannati rispettivamente a 17 e 16 anni di reclusione; un altro Girolamo Molè (classe ’63) è stato condannato a 5 anni e 6 mesi di reclusione. Altra durissima condanna, a 15 anni di reclusione, per Giuseppe Piromalli, detto “facciazza”. Assolti, invece Lorenzo Domenico Arcidiaco, Marco Fantone e Vincenzo Priolo, nonché l’ex sindaco di Gioia Tauro, Giorgio Dal Torrione, che, in passato, ha conosciuto anche il carcere.

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