Il comitato Impastato: «La parola è l’arma migliore contro la mafia»

 

Il comitato Impastato:
«La parola è l’arma migliore contro la mafia»

 

Sullo striscione, la scritta «La parola è l’arma più potente contro le mafie». A portarlo sono i membri del «Comitato antimafia Peppino Impastato», in presidio di prima mattina fuori dal Palagiustizia, a margine dell’udienza del processo per mafia in corso alla prima sezione collegiale del tribunale ordinario, proprio per riportare all’attenzione pubblica la presenza della criminalità organizzata a Brescia.

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Arresti a Reggio Calabria, fra i 34 anche il direttore sportivo e l’allenatore della Valle Grecanica

Arresti a Reggio Calabria, fra i 34 anche il direttore sportivo e l’allenatore della Valle Grecanica

 

‘NDRANGHETA: ARRESTI REGGIO; RICOSTRUITI DUE ANNI ESTORSIONI – REGGIO CALABRIA, 29 ottobre 2010 – Due anni di estorsioni e danneggiamenti compiuti a Reggio Calabria sono stati ricostruiti dalla polizia di Stato che stamani ha compiuto una operazione contro alcune cosche della città.

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‘Cent’anni di storia”: dure condanne per le infiltrazioni nel porto di Gioia Tauro. Colpita la ‘ndrangheta dei colletti bianchi

”Cent’anni di storia”: dure condanne per le infiltrazioni nel porto di Gioia Tauro. Colpita la ‘ndrangheta dei colletti bianchi

di Claudio Cordova – Il pubblico ministero Roberto Di Palma mette a segno un altro “colpo” ottenendo, nell’ambito del delicato processo “Cent’anni di storia”, la condanna di undici individui, che, a vario titolo, sarebbero legati alla criminalità organizzata della Piana. Il Tribunale di Palmi, infatti, ha condannato Giuseppe Alvaro a 12 anni di reclusione e Antonio e Natale Alvaro a 9 anni ciascuno. Pietro D’Ardes, gestore della società cooperativa “Lavoro” di Roma a 11 anni di reclusione; condanna a 9 anni e 6 mesi anche per l’avvocato Giuseppe Mancini che avrebbe coadiuvato D’Ardes e poi Gianluigi Caruso, a 5 anni. Condannato a 4 anni e 8 mesi anche Giuseppe Arena, che sarebbe stato il braccio operativo della cosca Molè. A tal proposito sono durissime le condanne che il Tribunale ha inflitto a Girolamo Molè (classe ’61) e Domenico Molè, condannati rispettivamente a 17 e 16 anni di reclusione; un altro Girolamo Molè (classe ’63) è stato condannato a 5 anni e 6 mesi di reclusione. Altra durissima condanna, a 15 anni di reclusione, per Giuseppe Piromalli, detto “facciazza”. Assolti, invece Lorenzo Domenico Arcidiaco, Marco Fantone e Vincenzo Priolo, nonché l’ex sindaco di Gioia Tauro, Giorgio Dal Torrione, che, in passato, ha conosciuto anche il carcere.

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‘Ndrangheta, la Polveriera jonica, diciannove morti in meno di due anni

‘Ndrangheta, la Polveriera jonica, diciannove morti in meno di due anni

L’assetto ‘ndranghetistico nell’area compresa tra la Locride e il Crotonese è in evoluzione. Le carte di Mythos.
Il locale di Soverato.

La sua era una devozione di vecchia data e nota a molti. Tra i pellegrini che a fine settembre raggiungono da mezza Calabria il santuario di Cosma e Damiano, a Riace, c’era spesso anche lui. Carcere, latitanza e faida permettendo. Da tempo non si doveva più guardare le spalle. Da quando, complice l’estinzione a colpi di fucile dei nemici, gli anni bui della vecchia guerra dei boschi avevano lasciato il posto ad una pax che aveva sancito seduto al tavolo dei vincitori. Nella mattanza aveva perso uno zio e un fratello, dalla mattanza era uscito come incontrastato boss delle Serre, con interessi ed alleanze sparse da un versante all’altro della Calabria. Il 27 settembre 2009 lo hanno ammazzato a una decina di metri dal santuario, nell’ultimo giorno dei festeggiamenti in onore dei Santi medici, mentre il sacerdote dentro la chiesa stava ancora officiando la messa. Il boss dei “viperari” Damiano Vallelunga è morto sotto una pioggia fitta di inizio autunno a pochi passi dalla Golf con cui da Serra San Bruno, nel Vibonese, aveva quel giorno raggiunto insieme con la moglie Riace, sul versante jonico del Reggino. Si saprà dopo che l’auto usata dai due killer era stata rubata a Guardavalle, nel Basso Jonio catanzarese.

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‘Ndrangheta: scoperto bunker in abitazione a Bianco

‘Ndrangheta: scoperto bunker in abitazione a Bianco

 

BIANCO (Reggio Calabria) – Un bunker è stato scoperto dalla polizia in un’abitazione a Bianco. Il nascondiglio è stato trovato, nel corso di una perquisizione domiciliare, dagli agenti del Commissariato di Ps di Siderno che hanno agito con la collaborazione della Squadra mobile di Reggio Calabria e del Commissariato di Bovalino.

Il bunker era stato ricavato in uno stabile di proprietà di Domenico Romeo, di 67 anni ed è ubicato sotto il pavimento della cucina. La struttura è dotata di un’entrata con apertura a sistema idraulico, munita di telecomando.

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Processo Congiusta-Le rivelazioni del pentito

Ucciso per un’estorsione

Una lite una settimana prima dell’omicidio svelerebbe il movente del delitto

Di Pasquale Violi

Assassinato per tirare fuori il suocero da un’estorsione. E’ quanto sostiene l’accusa e quanto il teste chiave Oppedisano.

«Gianluca Congiusta non era legato ad ambienti criminali, era un bravo ragazzo».

Inizia così la prima apparizione nelle aule di tribunale del collaboratore di giustizia Domenico Oppedisano, gioielliere fratellastro del boss di Locri Salvatore Cordì, assassinato a Siderno il 31 maggio del 2005, una settimana dopo l’omicidio del giovane imprenditore Gianluca Con giusta.

 

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SUL PULPITO I FIGLI DI MAFIA

SUL PULPITO I FIGLI DI MAFIA

di Sonia Alfano

“Quando mio padre e mia madre furono uccisi avevo undici anni. Ho trascorso la mia vita nel segno della legalità e del rispetto degli altri. Mi sono impegnata nel volontariato, negli studi, nella crescita dei miei bambini. Sono una persona, non solo la figlia di un mafioso. Pretendo che mi si giudichi per quello che sono, non per come mi chiamo”.
Con queste parole Roberta Bontate, trentaduenne figlia di Giovanni (il fratello del più celebre boss Stefano), condannato per traffico di droga al maxiprocesso, “pretende”, dimenticando che l’unica persona verso cui può recriminare è proprio suo padre, che ha scelto di essere mafioso.

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Così l’altra mafia ha scelto la guerra di Roberto Saviano

IL CASO

La ‘ndrangheta e la svolta del tritolo
così l’altra mafia ha scelto la guerra

di ROBERTO SAVIANO

CHI parla di mafia diffama il Paese? Chi parla di mafia difende il Paese. Le organizzazioni criminali contano molto: solo con la coca i clan fatturano sessanta volte quanto fattura la Fiat. Calabria e Campania forniscono i più grandi mediatori mondiali per il traffico di cocaina. Si arriva a calcolare che ‘ndrangheta e camorra trattano circa 600 tonnellate di coca l’anno, ed è una stima per difetto. La ‘ndrangheta – come dimostrano le inchieste di Nicola Gratteri – compra coca a 2.400 euro al kilo e la rivende a 60 euro al grammo, guadagnando 60.000 euro. Quindi con meno di 2.400 euro di investimento iniziale, percepisce una entrata pulita di 57.600 euro. Basta moltiplicare questa cifra per le tonnellate di coca acquistate e distribuite da tutte le mafie italiane e diventa facile capire la quantità di denaro di cui dispongono, al netto di cemento ed estorsioni.

E raffrontarla con il peso industriale delle imprese leader – che hanno molti meno profitti – per comprendere il potere che oggi hanno realmente nel paese e in Europa le organizzazioni criminali.

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