Il metano era un affare di famiglia. Blitz a San Luca, sette arresti

Il metano era un affare di famiglia. Blitz a San Luca, sette arresti

E’ in corso da stamani l’operazione “Metano a San Luca”, durante la quale i carabinieri di Reggio Calabria hanno effettuato sette fermi di indiziato di delitto, emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di altrettante persone ritenute affiliate alla cosca della ‘ndrangheta dei Mammoliti, alias fischiante, di San Luca.

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Vincenzo Cordì da ieri è un uomo libero

Vincenzo Cordì da ieri è un uomo libero

Ha lasciato la casa circondariale di Terni dove ha scontato 12 anni, molti in regime di carcere duro – A carico del boss, oggi 54enne, il solo obbligo della sorveglianza speciale

LOCRI – Erano circa le undici di ieri mattina quando Vincenzo Cordì, ritenuto al vertice dell’omonima consorteria di Locri, ha lasciato la casa circondariale di Terni dove ha trascorso gli ultimi anni di detenzione in regime di carcere duro. Nei suoi confronti rimane il solo obbligo della sorveglianza speciale nel comune di Locri per i prossimi tre anni, come disposto dal Tribunale reggino delle misure di prevenzione che, nel 1999, ha rigettato la richiesta della Procura e della Questura, di sequestro di alcuni suoi beni.

Enzo Cordì, 54 anni tra un mese, ha finito di scontare 12 anni di condanna a seguito delle sentenze passate in giudicato dei due processi denominati “Primavera”.

In “Primavera 1″ Vincenzo Cordì è stato condannato a quasi 10 anni di carcere quale capo promotore della consorteria, mentre in “Primavera 2″ ha preso 5 anni per quelli che sono passati alla cronaca dell’epoca come i “fatti di Locri”, con riferimento al blocco stradale e ferroviario, e al lutto cittadino imposto per il decesso di un giovane avvenuto in un incidente stradale con la scorta di un magistrato. La somma delle due pene era di 15 anni di detenzione.

Cordì sarebbe dovuto quindi uscire nell’aprile del 2014: ha ottenuto la liberazione anticipata grazie a due diversi provvedimenti.

Da ultimo quello emesso dal magistrato di sorveglianza presso il tribunale di Spoleto, competente per territorio, che nel giugno scorso ha concesso 405 giorni, in accoglimento dell’istanza presentata dall’avvocato Giovanni Taddei, difensore di Cordì, che aveva evidenziato il possibile riconoscimento di ulteriori benefici che, se fossero stati accordati, avrebbero portato alla scarcerazione dell’ormaiex detenuto prima dell’estate.

Con l’operazione Primavera, eseguita il 31 ottobre del 1997 dai carabinieri di Locri, coordinati dalla locale Procura, gli investigatori avevano chiuso il cerchio sulla ripresa della faida di Locri, scoppiata a causa di contrasti in un giro di affari illeciti, che vedeva contrapposti i Cordì ai Cataldo, iniziata con l’eclatante strage di piazza Mercato del 1967, in cui trovò la morte anche Domenico Cordì, padre di Vincenzo.

L’uomo, a fine 2005 fu anche coinvolto nell’operazione “Arcobaleno”, con la quale la Distrettuale antimafia reggina ha fatto luce sull’omicidio di Francesco Fortugno.

Le accuse contro Vincenzo Cordì non riguardavano l’omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale calabrese, bensì l’ipotesi investigativa di un “timore” da parte del presunto boss che alcuni tra i giovani arrestati, ritenuti “vicini” alla famiglia, potessero pentirsi. Da quella accusa Cordì, difeso dall’avvocato Giovanni Taddei, fu assolto dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, dopo una sentenza di condanna in primo grado a 12 anni.

Sempre il 2005 ha segnato un lutto per Vincenzo Cordì. In quell’orribile anno di cronaca nera, infatti, il 31 maggio fu ucciso, a Siderno, suo fratello Salvatore. Omicidio per il quale è in corso il processo davanti alla Corte d’assise di Locri contro i presunti esecutori materiali e che, per la Dda di Reggio Calabria, ha segnato una ripresa della faida che, sempre secondo i magistrati dell’antimafia, si sarebbe conclusa con una pace approvata dal “ghota” della ‘ndrangheta, come riportato nell’ordinanza custodiale dell’operazione “Locri è Unita” eseguita nel novembre del 2010.

di Rocco Muscari

da gazzettadelsud.it

La ‘ndramgheta inquina tutto-Intervista al Procuratore Pignatone

La ‘ndramgheta inquina tutto-Intervista al Procuratore Pignatone

Intervista al capo della Procura di Reggio: “Le cosche reagiscono con la stategia della confusione”

La ‘ndrangheta inquina tutto

Pignatone: ” Le mafie non sarebbero così longeve senza rapporti stetti con la politica”

Il Procuratore Giuseppe Pignatone

Di MICHELE INSERRA

REGGIO CALABRIA – Da un 2010 da paladini della giustizia a un 2011 da “manovratori” della giustizia. Dalle stelle alla polvere, o meglio al fango. Fino a quando la Procura di Reggio Calabria, guidata da Giuseppe Pignatone, ha preso provvedimenti nei confronti di malavitosi ha incassato il plauso unanime di tutti.

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«La Chiesa non torna indietro» Monito ai fedeli: la pratica cristiana non si sviluppa come dovrebbe


«La Chiesa non torna indietro» Monito ai fedeli: la pratica cristiana non si sviluppa come dovrebbe

Aristide Bava
SIDERNO
«La Chiesa non torna indietro: se si minaccia un parroco, al suo posto ne andrà un’altro per continuare la sua opera». È uno dei passi più significativi che il vescovo Giuseppe Fiorini Morosini ha enunciato nel corso della sua omelia tenuta nella chiesa di Maria SS di Portosalvo, nella giornata conclusiva dei festeggiamenti in onore della Patrona della città.
Un’omelia, particolarmente sentita, in alcuni tratti molto “forte” e densa di considerazioni sociali, oltre che impregnata di temi di grande attualità, religiosa e non. Il riferimento al recente episodio di Gioiosa Jonica ( intimidazione al parrono Don Giuseppe Campisano) era chiaro ma Mons. Morosini non si è fermato a ciò.

Don Giuseppe Campisano (il parroco minacciato)

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‘Ndrangheta, minacce al sindaco di Rosarno emessa ordinanza cautelare al boss Pesce

‘Ndrangheta, minacce al sindaco di Rosarno emessa ordinanza cautelare al boss Pesce

‘Ndrangheta, minacce al sindaco di Rosarno
emessa ordinanza cautelare al boss Pesce

Già in carcere a Milano per scontare una condanna all’ergastolo per omicidio, Rocco Pesce, 54 anni, detto «il pirata», oggi ha ricevuto un’ordinanza di custodia cautelare per minacce nei confronti del sindaco di Rosarno

'Ndrangheta, minacce al sindaco di Rosarno emessa ordinanza cautelare al boss Pesce 05/09/2011 Un’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata in carcere a Rocco Pesce ( in foto), di 54 anni, indicato come il capo dell’omonima cosca della ‘ndrangheta e rinchiuso nella casa circondariale di Opera a Milano. L’ordinanza è stata emessa in relazione alla lettera di minacce inviata da Pesce il 26 agosto al sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi.
Nel provvedimento restrittivo, emesso dal gip di Reggio Calabria su richiesta del procuratore aggiunto della Dda Michele Prestipino Giarritta e del pm Rosario Ferracane, si contesta a Pesce il reato di minacce nei confronti di un corpo politico o amministrativo per impedirne o per turbarne l’attività. Rocco Pesce sta scontando nel carcere milanese, una condanna all’ergastolo per omicidio, associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti. Secondo gli inquirenti infatti, la missiva conterrebbe frasi minacciose anche implicite:

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Gioiosa,I moniti che la ‘ndrangheta non ha gradito

Gioiosa,I moniti che la ‘ndrangheta non ha gradito

31 agosto 2011

GIOIOSA IONICA

I moniti che la ‘ndrangheta non ha gradito

I mafiosi non gradiscono. Né che durante la festa di San Rocco si parli di legalità. Né che il parroco definisca pubblicamante la ’ndrangheta «la peggiore piaga della Calabria». E aggiunga che «abbiamo invitato a parlare degli esperti che ci spieghino come curare questa piaga». Così ancor prima dei colpi di pistola, a don Giuseppe erano arrivati precisi messaggi. Uno, bene visibile, durante il primo incontro sul sagrato della chiesa dedicata a San Rocco, col magistrato Vincenzo Macrì, oggi procuratore generale ad Ancona dopo decenni di impegno in Calabria. Tema “Locride, economia drogata. Influenze del narcotraffico sul territorio: informazione, azione e speranza”.

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Siderno, danneggiato lo stabilimento balneare per portatori di handcap

Siderno, danneggiata struttura balneare per portatori di handicap
Distrutti gli ombrelloni, arrecati gravi danni alla struttura dell’Uildm. Il sindaco Riccardo Ritorto e l’intera amministrazione comunalehanno espresso solidarietà per il vile atto

Siderno, danneggiata struttura balneare  per portatori di handicap

 

 

17/08/2011 La struttura balneare dell’Uildm di Siderno (Rc), che ospita portatori di handicap, è stata oggetto di un atto vile e delinquenziale. A darne notizia è stato Giuseppe Congiusta, presidente dell’associazone sidernese.

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