Ecco chi è Rocco Aquino un boss in giacca e cravatta

Ecco chi è Rocco Aquino un boss in giacca e cravatta

LA SCHEDA

Ecco chi è Rocco Aquino
un boss in giacca e cravatta

Arrestato il leader del clan omonimo. Superlatitante, ‘o Colonnello è un esponente di “alta levatura criminale” di una famiglia abituata al business e alle connessioni internazionali, specialmente con il Canada di GIUSEPPE BALDESSARRO

È CONSIDERATO dagli inquirenti un personaggio di “alta levatura criminale”. Nel suo territorio, Marina di Gioiosa Ionica, nella Locride, guidava la cosca con la carica di capo “Locale” e si divideva l’area di competenza con i “Mazzaferro”. Più che per le qualità dimostrate nella “gestione e governo del territorio”, che pure sono fuori discussione, Rocco Aquino si era ritagliato un ruolo importante ai vertici del mandamento Jonico, in virtù della storia criminale della propria famiglia e della sua forza economica.

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Lettere di minacce al sindaco di Siderno e all’on. Laratta

Lettere di minacce al sindaco di Siderno e all’on. Laratta

Intimidazioni. Lettere di minacce al sindaco di Siderno e all’on. Laratta
Una lettera di minacce è stata recapitata al sindaco di Siderno Riccardo Ritorto (Pdl) con frasi fortemente intimidatorie. Analoga corrispondenza è stata inviata al deputato del Pd Franco Laratta












Riccardo Ritorto

10/02/2012 Il sindaco di Siderno, Riccardo Ritorto (Pdl), ha ricevuto stamane una lettera di minacce. La lettera è giunta al municipio insieme ad altra posta indirizzata all’Ente ed è stata scoperta dal primo cittadino durante la consueta apertura delle corrispondenza.

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“Fiore per mio fratello”. In un pizzino le nuove gerarchie dei Pesce

“Fiore per mio fratello”. In un pizzino le nuove gerarchie dei Pesce

“Fiore per mio fratello”. In un pizzino le nuove gerarchie dei Pesce
di Francesca Chirico (08/02/2012)
per Stop ‘ndrangheta

ROSARNO – Non ci sono formule di saluto, ringraziamenti a Dio e benedizioni. Forse perché non c’è stato tempo, forse perché, più semplicemente, lo stile cerimonioso di Provenzano non è proprio nelle corde dei Pesce.


La sera dell’11 agosto 2011 al 33enne Francesco Pesce “Testuni” interessa soltanto essere categorico e chiaro: l’hanno catturato il giorno prima e ora lo stanno per trasferire dal carcere di Palmi; è solo questione di tempo e arriverà pure il 41 bis. Quella è l’ultima occasione per comunicare al riparo dai controlli, per impartire direttive e indicare il cammino a chi, della cosca Pesce, è rimasto fuori. “Rocco Messina, Pino Rospo, Muzzupappa Ninareddo, Franco Tocco, Danilo, Paolo Danilo fiore per mio fratello (…)“. Il biglietto che ha consegnato al compagno di cella prima di avviarsi verso un’incerta destinazione comincia così. Solo che il pizzino non fa la fine sperata. Ricostruita nel decreto con cui la Dda di Reggio Calabria, anche sulla base del contenuto del foglietto, ha fermato dieci presunti esponenti della cosca Pesce di Rosarno, la storia di quel pezzo di carta sarà tormentata e piena di sorprese. La prima, Ciccio Pesce, ce l’ha di fronte all’agente di Polizia penitenziaria che, avendo notato il passaggio del foglietto, è intervenuto con risolutezza chiudendolo in un’altra cella e facendosi consegnare il pizzino dal “postino” designato. Non se l’aspettava, il reggente della cosca di Rosarno che all’interno del carcere di Palmi aveva negli anni goduto, grazie alla complicità di un agente “infedele” (arrestato nel novembre 2010), di particolari attenzioni. “Datimi stu biglietti c’a già sugnu rovinatu“, urla a quel punto Francesco Pesce, in preda ad un’ansia così incontenibile da richiedere il trasferimento in infermeria. Non gli sfuggono le conseguenze: sa di avere inguaiato tutti quelli che ha nominato, regalando ai magistrati un eccezionale atto di accusa. Una consapevolezza che farà scattare – immediata e attraverso canali di comunicazione ancora da individuare – la ritorsione nei confronti dell’agente ligio al dovere e la punizione del “postino”, colpevole di aver consegnato il pizzino invece di distruggerlo. Al primo bruceranno l’auto il 25 agosto, il secondo tenteranno di linciarlo nel cortile del carcere, durante l’ora d’aria. Gli agenti della polizia penitenziaria riusciranno a strapparlo dalle mani di una decina di detenuti ma la vittima designata, con il naso sanguinante ed escoriazioni sul corpo, dichiarerà di essersi fatto male cadendo. In quei giorni il clima nel carcere di Palmi è così teso da far avanzare richiesta di trasferimento per tutti gli appartenenti alla cosca di Rosarno: “Le drammatiche dinamiche che ormai si sono create tra gli appartenenti alla cosca Pesce e questa struttura Penitenziaria e questo Reparto in particolare” fanno ritenere “che sia impossibile, se non a rischio di gravissime ripercussioni, che gli stessi continuino ad essere quivi ristretti ovvero quivi appoggiati per processo”. Ma perché quel foglietto era così importante? Per i carabinieri del Ros di Reggio Calabria (alcuni sono gli stessi che a Palermo hanno decodificato i pizzini di Provenzano) non ci sono dubbi: “L’incipit del manoscritto trattava una questione che stava in cima ai pensieri di Pesce Francesco: ormai in carcere, il giovane boss doveva legittimare criminalmente l’unico maschio libero della sua famiglia – il fratello Giuseppe, latitante – e, quindi, provvedeva a promuoverlo (“Fiore per mio fratello”) al grado di capobastone”. Nella simbologia mafiosa, infatti, il termine “fiore” indica i gradi della gerarchia ‘ndranghetista. “Come un autorevole capo che si appresta – seppur momentaneamente – ad uscire di scena, PESCE Francesco – sostengono i carabinieri del Ros – si preoccupava di garantire la sopravvivenza della cosca e di individuare il suo successore nel fratello minore”. Coordinate dal procuratore aggiunto della Dda di Reggio Michele Prestipino e dal sostituto procuratore Alessandra Cerreti le indagini hanno portato all’identificazione e al fermo delle sei persone cui Francesco Pesce intendeva comunicare e affidare l’investitura del fratello. Ma anche alla decifrazione delle altre direttive, di natura economica (“Biase soldi polacca ass.Fortugno”)  e pratica  (“Saverio di tuo cognato i 7 di Peppe Rao li dà a me veditela tu per questo digli queste cose”), contenute nel pizzino.

Ci risiamo. Decreto ”svuota carceri”. Ultimi 18 mesi di pena ai domiciliari

Al fine di contrastare il sovrappopolamento degli istituti presenti sul territorio nazionale, per l’anno 2011, è autorizzata la spesa di euro 57.277.063 per le esigenze connesse all’adeguamento, potenziamento e alla messa a norma delle infrastrutture penitenziarie.

E’ quanto stabilito dal Decreto Legge 22 dicembre 2011, n. 211 (pubbblicato in Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 2011, n. 297) recante “Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”.

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Mafia: 34 anni fa moriva Impastato

Mafia: 34 anni fa moriva Impastato
diretta web per ricordare la sua Radio Aut

Nell’etere e online dibattito e interventi su libertà di informazione e lotta alla criminalità, nel giorno in cui Peppino avrebbe compiuto 64 anni

ROMA – Giovedì 5 gennaio Peppino Impastato avrebbe compiuto 64 anni. E magari non se ne sarebbe potuto andare in pensione. Ma i suoi problemi erano altri: faceva il politico, il giornalista, parlava alla radio, la sua Radio Aut, come tanti altri suoi coetanei di quegli anni, però combattendo la mafia, che lo fece uccidere il 9 maggio del ’78. Trentaquattro anni fa. A Peppino è dedicato un film, «I cento passi» di Marco Tullio Giordana, cento passi come la distanza dalla casa di Impastato a quella del boss Tano Badalamenti, il mandante del suo assassinio. Oggi Cento passi è una radio, proprio come Radio Aut, che non vuole farsi chiudere la bocca, in cerca della verità, nonostante abbiano fatto di tutto per riuscire a spegnerla. E oggi, per «Buon compleanno, Peppino!», dai suoi microfoni, in video streaming, parte una diretta non stop fino a mezzanotte.

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Allarme ‘Ndrangheta Confiscata quota del boss in società di Anghiari Intestata al figlio ventenne

Allarme ‘Ndrangheta Confiscata quota del boss in società di Anghiari Intestata al figlio ventenne

Le indagini della Polizia di Siderno

Nel mirino la famiglia Barranca. In passato la sigla ha gestito un hotel ora passato di mano. I nuovi gestori: non c’entriamo


Arezzo, 29 dicembre 2011 – Beni per un valore di un milione di euro, fra cui alcune quote di una società di Anghiari, la Oliver Gest,  sono stati confiscati da personale del Commissariato della Polizia di Stato di Siderno. I beni sono riconducibili, per l’accusa, a Vittorio Barranca, attualmente detenuto, ritenuto un elemento di spicco delle cosche della ‘ndrangheta di Caulonia, al quale e’ stato notificato un provvedimento di sorveglianza speciale per tre anni.

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‘ndrangheta, arrestato Carmelo Gallico

La polizia lo ha scovato in Spagna

‘Ndrangheta, arrestato Carmelo Gallico


Reggio Calabria. È finita pochi giorni prima di Natale, la latitanza di Carmelo Gallico. L’uomo, ricercato attivamente dal 30 novembre scorso, giorno di emissione del provvedimento di fermo da parte della DDA di Reggio Calabria è stato arrestato in Spagna, nel centro di Barcellona, dagli uomini della Squadra mobile della Questura reggina. Poche le informazioni che trapelano sull’operazione che ha portato alla cattura del 48enne. A darne notizia è quest’oggi il quotidiano“Calabria Ora”.

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L’ergastolano ed il Ministro

L’ergastolano ed il Ministro

Un detenuto gravemente ammalato e una lettera aperta al nuovo guardasigilli, Paola Severino

I

In carcere capita spesso che si possa osservare meglio gli altri di se stessi. E, scrivendo, si può essere la voce di chi non ha neppure più la forza di avere voce.

Questa è una storia vera che nessuno scriverà mai su un giornale e mai nessuno racconterà in televisione. Questa è una storia vera che rimarrà prigioniera nelle celle, nei cortili e nelle sezioni dell’Assassino dei Sogni (il carcere, come lo chiamo io). Io proverò a far evadere questa storia dalle sbarre della mia cella per farla conoscere al di là del muro di cinta, al mondo dei “buoni”.

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