Locride. Il vescovo restituisce i soldi «sospetti» donati alla parrocchia

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Antonio Maria Mira giovedì 10 novembre 2016
Monsignor Oliva ha fatto restituire soldi donati per il restauro della Chiesa Matrice di Bovalino e ha sciolto il consiglio pastorale parrocchiale di Platì favorevole ai funerali pubblici a un mafioso


La parrocchia restituisca i soldi “offerti” dai mafiosi e “a casa” il consiglio pastorale di un’altra parrocchia che ha criticato la linea anti ’ndrangheta dei vescovi calabresi. Sono le due forti decisioni prese nei giorni scorsi dal vescovo della diocesi di Locri-Gerace, monsignor Franco Oliva. Scelte nette, che coinvolgono sia i parroci sia il laicato, che invitano la comunità a una maggior collaborazione coi suoi pastori. «Sono rimasto colpito dal fatto che nei momenti più delicati restiamo soli e non abbiamo la collaborazione necessaria di cui avremmo bisogno. C’è come un deserto attorno a noi», è lo sfogo del vescovo nella lettera a padre Gianfranco, padre Giuseppe e padre Daniel, i tre religiosi che guidano la parrocchia di S.Maria di Loreto a Platì, al centro dell’attenzione nei giorni scorsi per le critiche al divieto per i funerali pubblici al boss Giuseppe Barbaro. Critiche che il consiglio pastorale aveva rafforzato attaccando addirittura i vescovi.Monsignor Oliva replica coi fatti. In primo luogo ha fatto restituire 10mila euro che erano stati donati da due società per il restauro di San Nicola di Bari, Chiesa Matrice di Bovalino. Si tratta delle società di Domenico Gallo, imprenditore finito pochi giorni fa nell’inchiesta su appalti e corruzione delle procure di Genova e Roma e sospettato di rapporti coi clan. Soldi “sporchi”. Così il vescovo ha fatto indirizzare alle due società due distinti bonifici di 5mila euro, come quelli che erano stati offerti alla parrocchia, per lasciare una traccia chiara della scelta di rifiutarli. E lo ha fatto citando papa Francesco che in occasione dell’udienza generale tenutasi lo scorso 2 marzo era stato chiarissimo: «Il Popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi, se viene qualche benefattore con un offerta frutto del sangue di gente sfruttata, maltratta, schiavizzata, con il lavoro mal pagato, io dirò a questa gente, per favore portati indietro il tuo assegno, brucialo». Il vescovo, successivamente al messaggio del Papa, aveva indirizzato una lettera ai parroci della Locride invitandoli a «non accettare denaro sporco, offerte da criminali o clan mafiosi, per la realizzazione delle opere della chiesa quando è chiara la loro provenienza».Ma il vescovo è andato oltre e ha scritto una lettera, pubblicata sul sito della diocesi, che ha poi consegnato direttamente ai tre religiosi di Platì, concentrandosi sul consiglio pastorale parrocchiale e sul suo «verbale a dir poco sconvolgente, che denota uno scarso senso ecclesiale ed è offensivo nei confronti del magistero dei vescovi, di cui si nega il ruolo nel discernimento pastorale e nell’annuncio del Vangelo». Quel verbale, pubblicato stranamente su un sito online, nasceva da una riunione, scrive il presule, «tenuta in assenza del parroco, cosa assurda per un organismo consultivo che viene convocato sempre su argomenti da lui stesso proposti». Invece nel documento si criticava, con parole decisamente inopportune, la chiara presa di posizione della Conferenza episcopale calabrese sulla vicenda dei funerali. «Un tono di rivendicazione fuori luogo e non consono all’indole di un consiglio pastorale», lo definisce Oliva che si si rivolge ai tre “parroci in solidum”: «Non so se ne siete al corrente e se avete letto quanto in esso scritto. Non penso minimamente che ne condividiate il contenuto. Vi chiedo, però, di provvedere al suo rinnovo, dal momento che l’attuale è da tempo scaduto». Per il nuovo, il vescovo chiede che «si faccia un percorso di formazione di almeno un anno, spiegando bene il senso della partecipazione e corresponsabilità ecclesiale». Inoltre chiede anche che «si intraprendano iniziative concrete per presentare alla comunità il documento dei Vescovi calabresi “La ’ndrangheta è l’antivangelo”, in modo che, sulla scia di Papa Francesco, si possa cogliere il ruolo nefasto di questa associazione criminale per lo sviluppo della nostra terra».Parole che il vescovo ha ripreso in una lettera a tutti i fedeli della diocesi in vista del nuovo Anno pastorale. «Conosciamo i condizionamenti ambientali – si legge sul sito diocesano –. Sappiamo quanto essi, unitamente a una mentalità troppo rinchiusa negli schemi di una religiosità tradizionale e devozionale-sacramentale, non favoriscono l’accoglienza del Vangelo in tutte le esigenze di trasformazione e conversione interiore. L’azione pastorale della nostra chiesa è gravemente ostacolata dalla cultura pervasiva della ’ndrangheta, che i Vescovi calabresi, in sintonia con papa Francesco, hanno definito “antievangelo”. Se non terremo presente questo, il buon seme del Vangelo cade fra i sassi. Nel cammino di questo nuovo anno esorto pertanto a cogliere “i segni dei tempi”, che sollecitano la nostra Chiesa ad essere più aperta ed attenta alla realtà sociale e alle sue problematiche».
fonte: Avvenire