Processo Congiusta- Una lettera falsa per evitare il pentimento del fratello del boss Costa

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Gianluca Congiusta

L’avrebbe scritta la nipote sotto la pressione dello zio Tommaso: avrebbe dovuto dire che la moglie di Giuseppe andava a mare con altri uomini

Ha minacciato di farla sparire nel giro di 24 ore. A lei e al figlio di 10 anni.

Tommaso Costa, boss di Siderno, voleva una cosa dalla nipote Lucia: che scrivesse una lettera falsa a suo fratello Giuseppe, dicendo che sua moglie, Annunziata Di Cosola, era solita andare al mare con altri uomini. È questa la versione fornita ieri da sua figlia, nel corso del secondo processo in corte d’assise d’appello a Reggio Calabria per la morte di Gianluca Congiusta, l’imprenditore di Siderno ucciso il 24 maggio del 2005. Lo scopo, ha poi spiegato il pentito Giuseppe Costa, era di allontanarlo da Annunziata, temendo che la presenza di lei potesse convincerlo, già nel 2005, ovvero 7 anni prima, a collaborare con la giustizia. Stando all’ipotesi della Procura, il boss avrebbe deciso di uccidere Congiusta perché era venuto a conoscenza di una lettera estorsiva fatta recapitare ad Antonio Scarfò, all’epoca suo suocero, proprio da Costa, che a breve sarebbe uscito dal carcere e quindi avrebbe dovuto “riacquisire” credibilità mafiosa a Siderno, senza che però i rivali del clan Commisso venissero a conoscenza dei suoi progetti criminali. L’unico imputato adesso è lui, il boss già condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Pasquale Simari. La donna, ieri, è stata chiamata a testimoniare assieme al collaboratore di giustizia Giuseppe Costa, per spiegare come mai la Di Cosola temesse la reazione del cognato Tommaso. Al centro di tutto una lettera che la nipote avrebbe scritto sotto pressione dello zio, come emerso da alcune intercettazioni in carcere. Dal dialogo tra Giuseppe Costa e la Di Cosola emerge la preoccupazione della donna per la figlia, poiché Tommaso Costa aveva sostenuto «che l’avrebbe ammazzata e fatta sparire». Ma il punto veramente interessante arriva quando la donna si dice convinta che «Tommaso e il cognato non riescono a darsi pace e sono capaci a fare di tutto, anche di ammazzare, in quanto non riescono a darsi pace che quello che hanno fatto è stata una cosa bruttissima». In aula, dopo la terza convocazione, la donna, tra i tanti «non ricordo» e «non lo so», aveva spiegato la sua versione dei fatti: «mio cognato aveva chiesto a mio figlia Lucia (nel 2005, ndr) di scrivere una lettera da dare a mio marito Peppe Costa in cui diceva che andavo a mare con un tale Paolo di Siderno. Non era vero che io andavo a mare con questa persona». Versione confermata sostanzialmente dalla figlia. Tommaso Costa era uscito da poco dal carcere e prima di darsi alla latitanza avrebbe minacciato la nipote di farla sparire se non avesse scritto una lettera al fratello per raccontare delle frequentazioni della moglie. «Ero molto spaventata», ha spiegato Lucia. La donna, dopo poco, ha abbandonato Siderno, trasferendosi in Puglia. Ed è lì che, qualche tempo fa, ha visto Giuseppe Lastella, barese vicino ai Costa – Curciarello e già coinvolto nell’operazione “Mistero”. Una presenza che lasciava presagire proprio un tentativo di farle quel male promesso. Ed è per questo motivo che Costa e la Di Cosola ne parlano 8 anni dopo, nel 2013. I due temevano che Lastella non fosse lì per caso. La versione di Lucia è stata poi confermata in buona sostanza anche da Giuseppe Costa. Tanti i «non ricordo» davanti alle domande della procura generale, rappresentata da Domenico Galletta e Antonio De Bernardo, che hanno tentato di scoprire qualcosa in più. Il processo è stato aggiornato al 30 novembre, giorno in cui verranno depositati da parte della Procura alcuni documenti relativi a Lastella, per dimostrare il suo collegamento con l’imputato Tommaso Costa.

Simona Musco

Fonte: il garantista

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                                                                                                                   Giuseppe Costa

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