Reggio Calabria, condannati per ‘ndrangheta ancora pagati dalla Provincia

Stipendi versati dall’Asp a medici, infermieri e dirigenti in carcere per reati gravissimi. Tra loro anche il mandante dell’ex presidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno.

imagem-eu-espero-que-nacc83o-aconteccca7a-no-meu-plantacc83o

L’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria sta continuando a pagare, e in alcuni casi avviene da anni, propri dipendenti condannati per reati di mafia o di altra natura e comunque interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e che quindi dovevano essere licenziati. Oppure che hanno lasciato il lavoro per altre cause. È la denuncia presentata alla procura della Repubblica dal direttore generale dell’Asp Giacomino Brancati e di cui lo stesso direttore generale ha parlato in un’intervista al TgR della Calabria.

ANOMALIE SU VARI DIPENDENTI. Tra i nomi che figurano nell’elenco, c’è anche quello, anche se soltanto per un periodo di un anno, di Alessandro Marcianò, il caposala dell’ospedale di Locri condannato all’ergastolo con l’accusa di essere stato il mandante dell’omicidio del vice presidente del Consiglio regionale Franco Fortugno, ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005. «Io» – ha detto all’Ansa Giacomino Brancati – «faccio la mia opera, anche se tanti dovrebbero contribuire a quest’attività. Nel corso di quest’attività di ricognizione sugli elementi di disordine, l’argomento più importante è la cattiva organizzazione. Questa opera di osservazione ha riguardato anche l’utilizzo del personale, con l’esatta collocazione di ciascuno. Una verifica che ci ha consentito di scoprire anomalie che riguardavano a vario titolo alcuni dipendenti».

ASSEGNO EROGATO PER OLTRE 10 ANNI. «Un impiegato, per esempio, è risultato affetto da problemi psichici ed è sparito per i fatti suoi. Ed al di là del caso clamoroso di Alessandro Marcianò, condannato in via definitiva all’ergastolo, ce ne sono anche altri. Non tanto per la condanna, quanto per le pene accessorie comminate, come l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per queste persone c’è un periodo di garanzia durante il quale hanno diritto a un determinato trattamento economico e, successivamente, al cosiddetto ‘assegno alimentare’. Devo dire che l’azienda ha liquidato soltanto l’assegno alimentare, che per Marcianò, in particolare, è durato poco più di un anno. Per un altro si é protratto per cinque-sei mesi. Ma c’è un altro dipendente, anche lui condannato, al quale l’assegno è stato erogato addirittura per 10 anni. È mai possibile che per 10 anni nessuno si sia accorto di nulla?».

SEGNALAZIONE ALLA CORTE DEI CONTI. «Io» – ha proseguito Brancati – «ho fatto la segnalazione alla procura della Repubblica e abbiamo avviato i provvedimenti amministrativi conseguenti. Perché quello che non è stato fatto, ora bisogna comunque metterlo in atto. E tocca a me farlo. I miei uffici hanno l’obbligo di agire. E c’è anche da affrontare un passaggio diverso, indipendentemente da quello che accerterà la magistratura sulla natura dolosa o meno di queste condotte: accertare le responsabilità all’interno dell’azienda. Questo èun ente che opera in un territorio difficile in cui è facile pensare male. E cioè che tutto sia stato fatto apposta. Ma indipendentemente da questo, io ho il dovere, come azienda, di andare avanti perché eventualmente dovrò anche attivare un altro tipo di segnalazione, quella alla Corte dei Conti. Occorre verificare, in altri termini, se ci sono le condizioni per avviare azioni di responsabilità contabile nei confronti di qualcuno».

Fonte: lettera 43