I pentiti, quelli veri

I pentiti, quelli veri

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Giustizia riparativa

Il pianto dei pentiti

Al carcere di Opera i detenuti a confronto con le vittime.

di Antonietta Demurtas

Quando il 24 maggio del 2005 a Siderno, in provincia di Reggio Calabria, la ‘ndrangheta gli uccise il figlio per una vendetta trasversale nei confronti del futuro suocero, Mario Congiusta ha cominciato a scontare il suo ‘ergastolo spirituale’. Perché se «quello che punisce chi uccide non esiste più», dice con gli occhi tristi e la voce rotta dalla commozione a Lettera43.it, «la vera ‘fine pena mai’ è il dolore che accompagna me, mia moglie e mia figlia e che ci seguirà sino alla morte», aggiunge Congiusta. Che spiega come in lui non ci sia odio, ma «indignazione e rabbia».
Ed è proprio «per buttare addosso a qualcuno questa rabbia» che Mario, dal 6 novembre 2010, ogni sabato prende un treno e sale dalla Calabria sino alla Lombardia. Direzione: casa di reclusione di Opera. È qui, infatti, nella più grande prigione europea che conta circa 1.400 detenuti e la sezione più numerosa del cosiddetto ‘carcere duro’ dedicato al 41 bis, che Congiusta ha partecipato al progetto Sicomoro, la prima iniziativa di giustizia riparativa realizzata in Italia dall’associazione Prison Fellowship Italia.

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Con il progetto Sicomoro detenuti e familiari delle vittime uniti nel nome della «giustizia riparativa»

Con il progetto Sicomoro detenuti e familiari delle vittime uniti nel nome della «giustizia riparativa»

Con il progetto Sicomoro detenuti e familiari delle vittime uniti nel nome della «giustizia riparativa»

di Guido De Franceschi

Stamattina, nel cineteatro interno al carcere di Opera, alle porte di Milano, sono stati presentati i risultati del primo ciclo italiano del “Progetto Sicomoro”, avviato dall’organizzazione Prison Fellowship Italia, presieduta da Marcella Reni e coordinata in Lombardia da Carlo Paris. L’incontro, decisamente affollato nonostante la complessa trafila burocratica necessaria ai partecipanti per poter entrare nel penitenziario, è stato aperto dal padrone di casa, il direttore del carcere di Opera, Giacinto Siciliano, che per primo ha creduto nel Progetto Sicomoro.

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Il diritto di sognare 1

Il diritto di sognare 1

Mosaico dei giorni

Il diritto di sognare 1

7 febbraio 2011 – Tonio Dell’Olio

Per iniziare la settimana prendo in prestito le riflessioni di Eduardo Galeano.

La prima parte oggi e la seconda domani.

Nel 1948 e nel 1976, le Nazioni Unite proclamarono le grandi liste dei diritti umani: tuttavia la stragrande maggioranza dell’umanità non ha altro che il diritto di vedere, udire e tacere.

Che direste se cominciassimo a praticare il mai proclamato diritto di sognare?

Che direste se delirassimo per un istante?

Puntiamo lo sguardo oltre l’infamia, per indovinare un altro mondo possibile: l’aria sarà pulita da tutto il veleno che non venga dalla paure umane e dalle umane passioni;

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Reggio non tace

Reggio non tace

 

A distanza di un mese dalla barbara uccisione di Giuseppe Sorgonà, avvenuta il 7 gennaio scorso in via De Nava a Reggio Calabria, la comunità di Mosorrofa l’associazione “Libera” e il movimento “ReggioNonTace” organizzano, per lunedì 7 febbraio, una fiaccolata in ricordo del giovane e per gridare con forza “BASTA!” ad ogni forma di violenza. Il raduno è previsto per le ore 18:00 davanti alla questura di Reggio, sul Corso Garibaldi, dove una delegazione dei partecipanti presenterà al questore Casabona una lettera contenente un accorato appello alle autorità perché l’assassinio di Giuseppe non resti impunito e i colpevoli vengano presto assicurati alla giustizia.

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‘NDRANGHETA:  NUOVE TECNICHE DEI BOSS PER EVITARE CARCERE

‘NDRANGHETA: NUOVE TECNICHE DEI BOSS PER EVITARE CARCERE

‘NDRANGHETA:  NUOVE TECNICHE DEI BOSS PER EVITARE CARCERE

(AGI) – Catanzaro, 25 gen. –

“Le organizzazioni criminali hanno affinato le tecniche per sottrarsi alla custodia in carcere”, e la cosa costituisce una problematica allarmante perche’ “l’accesso al regime degli arresti domiciliari dei detenuti per mafia oltre i limitatissimi casi di effettiva incompatibilita’ con il regime carcerario (ed anche in tali casi dovrebbero essere attivati adeguati sistemi di controllo che riducano al minimo i rischi) ha ricadute devastanti sull’ordine e la sicurezza pubblica, sulle esigenze di prevenzione, sui procedimenti penali in corso e sulla stessa complessiva attivita’ di contrasto alla criminalita’ organizzata”.

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