Processo “Congiusta” Si andrà davanti alla Consulta

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Utilizzabilità delle missive di Costa, i Giudici dovranno pronunciarsi sulla violazione di due articoli costituzionali

gianluca da corriere della locride

di Angela Panzera

«Questa Corte ritiene sussistenti nel caso di specie i requisiti di non manifesta infodatezza e di rilevanza richiesti perchè sia sollevata questione di legittimità costituzionale».

Il processo al boss Tommaso Costa, accusato del delitto dell’imprenditore sidernese Gianluca Congiusta, si ferma. La Corte Costituzionale deve sciogliere un’importante questione. È la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, Lucisano presidente con a latere Crucitti, a investire la Consulta su richiesta dei pg Domenico Galletta e Antonio De Bernardo i quali nell’udienza scorsa avevano sollevato la questione di legittimità. Tutto gira intorno alle famose lettere inviate dal carcere da Costa. In queste missive per l’accusa ci sarebbe la prova del movente maturato in Costa di uccidere Congiusta, delitto che gli è costato un ergastolo in appello, per poi essere annullato con rinvio dalla Cassazione. Secondo gli inquirenti, Congiusta infatti, sarebbe morto per essere venuto a conoscenza di un tentativo di estorsione perpetrato da Costa ai danni del suocero, Antonio Scarfò. Un’estorsione di cui però nessuno doveva sapere, nessuno; soprattutto la ‘ndrina rivale dei Commisso. I suoceri di Congiusta, per l’accusa, lo avrebbero messo a conoscenza ed ecco che a Siderno si inizia a parlare delle mire espansionistiche di Costa il quale sarebbe voluto tornare nella Locride da capomafia, dopo essere uscito sconfitto dalla faida. Il boss però non se lo aspettava. Era troppo presto diffondere le sue brame criminale. Ed ecco che per la Dda reggina una volta uscito dal carcere avrebbe progettato l’omicidio dell’imprenditore, “reo” di sapere il suo volere. Durante il processo d’Appello tutta la corrispondenza di Costa però è stata dichiarata inutilizzabile. Ed è qui che si incastra la questione di legittimità avanzata dai pg poiché le norme contenute negli articoli 18 e 18ter dell’ ordinamento penitenziario si porrebbero in contrasto con l’art. 3 della Costituzione in considerazione della “irragionevole” disparità tra la disciplina dettata da queste norme – in materia di controllo della corrispondenza dei detenuti – e quella dettata dal codice di procedura penale in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali.Queste ultime, infatti, possono essere disposte all’ insaputa dei conversanti, mentre il provvedimento di controllo della corrispondenza epistolare – secondo l’interpretazione delle Sezioni Unite – deve essere subito comunicato al detenuto. La legge, quindi, tratterebbe in modo diverso e senza una valida giustificazione due situazione sostanzialmente identiche, con conseguente violazione del principio di eguaglianza. E anche per la Corte d’Assise d’Appello la questione è fondata. Ma non solo, la Corte si spinge oltre. Il contrasto si ha anche con l’articolo 112 della Costituzione, il quale prevede che “il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”. Non permettendo agli inquirenti di intercettare la corrispondenza per l’Appello «si è in presenza di un’irragionevole menomazione dell’attività investigativa costituzionalmente attribuita agli uffici di Procura, impossibilitati, allo stato, le indagini in modo tale da non compromettere il corso della spedizione della corrispondenza, cos’ come avviene per le intercettazioni telefoniche e della altre forme di telecomunicazione, di modo da monitorare, il carteggio fra soggetti all’insaputa degli stessi». Ma non sarà solo la Corte Costituzionale a occuparsi daella vicenda. L’Assise d’Appello ha infatti mandato copia dell’ordinanza anche al presidente del Consiglio dei Ministri e a quelli della Camera e del Senato. «Ancora una volta, la Magistratura è costretta a colmare le deficienze dei parlamentari, il cui unico compito sarebbe quello di legiferare e che per questo sono pagati. Io e la mia famiglia siamo soddisfatti ma molto amareggiati”, questo il commento di Mario Congiusta che da anni chiede giustizia per l’assassinio del figlio.

fonte: Garantista