Nella Locride la bellezza ed il fascino della Liturgia diventano coreografia dell’iniziazione
Sbattezzo per i padrini di cosca
I capoclan di ‘ndrangheta tanto devoti e tanto duri alla conversione
di FRANCESCO SORGIOVANNI

Padrini, compari, “Sangianni” e non solo. Per il mafioso, battesimi, cresime, matrimoni e ogni altro genere di sacramenti non fanno parte di un cammino di fede ma entrano in un sistema di alleanze e di giochi di potere interni alla consorteria.
La religione diventa uno strumento funzionale alla morte e al predominio criminale. Un “tenebroso sodalizio”. Anche senza saperlo. Da sempre la religione fornisce alimento alla mafia. Al punto che il padrino del rito religioso è ormai l’archetipo del capocosca. E il “padrinato” è diventato un’affiliazione mistico mafiosa. Vice padre, o “compare”, il devotissimo di turno, mettendo la mano sulla spalla del giovane che si appresta al sacramento, lo cresima e lo rende figlioccio per sempre.
E la stessa cresima si trasfigura. La bellezza e il fascino della liturgia diventano coreografia dell´iniziazione. Una figura arcaica, quella del padrino, una struttura precristiana probabilmente, che gli studiosi hanno ritrovato in tutte le società mediterranee. È una tecnica di rafforzamento familiare, con il padre che chiede protezione per il proprio figlio in un’alleanza interfamiliare. Un fenomeno in progress soprattutto nella Locride. Compari mafiosi e compari nella politica. Un libro di un sociologo siciliano, “Il dio dei mafiosi”, di Augusto Cavadi, pubblicato poco meno di un mese fa dalle edizioni San Paolo, affronta gli aspetti culturali di un fenomeno complesso come la mafia, capace di strumentalizzare i principi fondamentali della teologia cattolica, e suggerisce anche alcune strategie di prevenzione e di contrasto.
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