Delitto di Bitonto. Anna nel posto giusto. Errore tollerare i clan

Print Friendly, PDF & Email

tarantino

Antonio Maria Mira
Improvvisamente, la cronaca ci ricorda che anche in Puglia c’è una mafia. Violenta, sanguinaria, che macina affari, uccide. E fa vittime innocenti.

Era accaduto l’11 agosto a San Marco in Lamis, quando a pochi giorni da Ferragosto erano stati uccisi i fratelli Luigi e Aurelio Luciani, “colpevoli” solo di essere stati testimoni dell’omicidio del boss Mario Luciano Romito. «Luigi e Aurelio, agricoltori, erano nel posto giusto al momento giusto – avevamo scritto allora –. Perché a quell’ora gli agricoltori sono sui campi, coi loro attrezzi, per tirar fuori dalla terra frutti e un faticoso reddito». Anche Anna Rosa Tarantino, uccisa ieri a Bitonto nel penultimo giorno dell’anno, era al posto giusto al momento giusto. Andava alla Messa del mattino, come fanno tante donne nei nostri paesi. Tre morti che pesano, soprattutto perché risvegliano da troppe sottovalutazioni. Chi era al posto sbagliato al momento sbagliato è chi ha sparato, ma anche chi vigliaccamente si è fatto scudo del corpo della donna. Sì, vigliaccamente, perché le mafie sono violente e vigliacche. Ma vigliacco è anche chi nelle istituzioni e nel mondo dell’economia per troppo tempo ha taciuto, ha tollerato, ha negato. E forse alcune volte ha fatto affari coi clan pugliesi. «Tutti pagano e nessuno denuncia», ci aveva detto quasi tre anni fa Angela Partipilo, segretario generale della Camera di Commercio di Bari, evidenziando «un clima mafioso provocato da un’assuefazione all’illegalità».

Perché la mafia c’è, in Puglia, sempre più potente, sfacciata e violenta. È vero, a livello nazionale non c’è stata sufficiente attenzione, ma è soprattutto chi vive in quel territorio a non aver voluto vedere. Troppi silenzi e negazionismo. Anche se non sono mancati casi di impegno vero e concreto. Proprio a Bitonto, come “Avvenire” ha raccontato più volte. Il ruolo della Chiesa in prima linea con i suoi parroci, anche sul delicato tema delle processioni. O le forti iniziative del sindaco Michele Abbaticchio, vicepresidente di Avviso Pubblico, impegnato contro gli affari dell’azzardo e più volte minacciato. Ma questo non basta. Come non basta il prezioso lavoro di magistratura e forze dell’ordine. Ed è inaccettabile che a ricordarcelo debbano essere dei morti innocenti. Eppure, «questo episodio non viene dal nulla. La logica della guerra di mafia a Bitonto come nel Foggiano è una logica che purtroppo si ripete ciclicamente in maniera tragica. E nelle guerre muoiono gli innocenti», ci ricordava ieri un giovane magistrato, tra i più impegnati nella lotta ai clan pugliesi.

All’inizio di dicembre alcuni arresti proprio a Bitonto hanno colpito i responsabili di sparatorie in mezzo alla folla risalenti a più di due anni fa. Senza vittime, per fortuna. Davvero niente di nuovo. Libera ha scelto proprio la Puglia per celebrare il prossimo anno la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Una scelta precedente all’omicidio dei due agricoltori, a dimostrazione che la società responsabile ha gli occhi più attenti. Il 21 marzo 2018, a Foggia, nell’interminabile elenco delle vittime di mafia saranno letti anche i nomi di Aurelio, Luciano e Anna Rosa. Vittime della violenza mafiosa, ma anche di troppi silenzi. Lo ripetiamo come quattro mesi fa: «Basta sottovalutazioni e negazionismo. Basta con istituzioni lontane e distratte. Servono fatti concreti, e soprattutto, continuità».

Fonte: Avvenire