‘Ndrangheta – Pm De Bernardo: “Non solo repressione, occorre un programma dello Stato”

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de bernardo

«Lo Stato dopo che è intervenuto non può abbandonare gli amministratore degli enti, l’impresa e gli amministratori giudiziari del bene sequestrato al loro destino.

Ci deve essere un programma di interventi che favoriscano la ripresa economica e sociale del territorio altrimenti si ritornerà sempre a bussare alla porta del mafioso ed è questo il motivo per cui non viene debellata la ‘ndrangheta nonostante l’elevatissimo livello del contrasto e della repressione. Noi dobbiamo mettere in condizioni chi si ritrova il giorno dopo l’intervento dello Stato a migliorare la condizione della popolazione». A parlare così è stato questa mattina, ai microfoni di Radio 1-Radio Anch’io- il sostituto procuratore antimafia Antonio De Bernardo da un decennio impegnato presso la Procura guidata da Federico Cafiero De Raho, in delicatissime indagini riguardanti la zona jonica della provincia reggina, ma anche l’estero come Svizzera, Canada, Germania, Olanda e Australia. Rispondendo alle domande il magistrato ha parlato, non solo degli impegni rivolti al contrasto alla criminalità organizzata, ma anche sulle azioni che lo Stato deve mettere in campo subito dopo l’intervento repressivo. «Noi veniamo da un decennio,dal punto di vista della repressione del fenomeno molto importante, ci sono stati successi non solo per il numero degli arresti, ma proprio per la maggiore conoscenza che oggi abbiamo, rispetto a 10 anni fa del fenomeno ‘ndranghetistico. Però la ‘ndrangheta è ancora fortissima nonostante questi successi, gli arresti e i sequestri. Il problema è che questa organizzazione come sua caratteristica principale ha in consenso di una gran parte, no ovviamente di tutta, della popolazione del territorio su cui insiste. Un aspetto, da evidenziare, sono gli scioglimenti dei Comuni che a volte si ripetono per due, tre volte nello stesso ente. Oppure, nel medio termine, non solo si indagano e si arrestano le stesse famiglie, ma gli stessi soggetti che anche durante la detenzione, e subito dopo, continuano a svolgere il ruolo mafioso e vengono nuovamente arrestati. Questo vuol dire semplicemente che l’organizzazione continua tranquillamente la sua attività nonostante la repressione, la quale è importante poichè ci fa conoscere tante aspetti, ma che evidentemente non basta. Io sono sul territorio e vedo cosa succede quando affermiamo la legalità con un sequestro di un’azienda, o con lo scioglimento di un Comune, e la reazione sul territorio non è sempre positiva e proprio su questo ci dobbiamo interrogare perchè quando un’azienda viene sequestrata, purtroppo spesso, proprio perchè si deve agire secondo legge, quelle imprese che esistevano sul mercato in quanto mafiose e avevano un loro mercato, proprio perchè mafiose, nel momento in cui viene rispettata la legge vanno in decozione in tempi rapidissimi e quindi escono dal mercato e i posti di lavoro vengono messi a rischio. Tutto ciò è consenso che si perde. Noi rischiamo proprio nel momento in cui affermiamo la legalità, vincendo sì la battaglia, ma di perdere la guerra sul fronte del consenso. Bisogna quindi far avvertire alla popolazione che, nel momento in cui interviene lo Stato, le condizioni della popolazione migliorano, questo è fondamentale. Altrimenti è come se in una partita di calcio giocassimo il primo tempo e poi rinunciassimo a giocare il secondo, perdendo di conseguenza la partita».