L’Agenzia delle Anomalie Dirigenti “incompatibili” Nuovo caso All’Arssa

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L’Agenzia delle Anomalie

Dirigenti “incompatibili”

Nuovo caso All’Arssa

Cosenza-Un caso di illegittimità, di tanto in tanto può anche starci. Sembra però che all’Arssa ci si mettano proprio d’impegno.

Dopo Raffaele Cesario, infatti, anche la posizione del dirigente Eugenio Carnevale è a rischio “incompatibilità”.

Il motivo è sempre lo stesso: l’avvocato originario di Lamezia è consigliere comunale di maggioranza della sua città e, tale ruolo politico, lo mette in contrasto con quanto stabilito dal decreto legislativo 39 del 2013. Un decreto detto anche “anticorruzione”, che vieta conferimenti di incarichi regionali “a chiunque, nei due anni precedenti, abbia fatto parte del consiglio di una Provincia o di un Comune con popolazione al di sopra dei 15.000 abitanti”.

Resta da stabilire se, nel caso di Carnovale, sia nato prima l’uovo o la gallina: e cioè, se la presunta incompatibilità riguardi il suo ruolo di consigliere comunale o, piuttosto quello di dirigente dell’Agenzia regionale per lo sviluppo agricolo.

Comunque vada, però, quasi certamente il consigliere di Sel sarà costretto a rinunciare ad uno dei due ruoli. Non a caso, c’è da attendersi che come per Cesario, anche per lui, il servizio ispettivo dell’Arssa si attivi per segnalare l’anomalia alle autorità preposte: in particolare, corte dei Conti, Guardia di Finanza, regione e Ministero della Funzione Pubblica.

E’ il secondo caso, dicevamo. Il primo, avvenuto a Cosenza, riguardava proprio il vertice dell’Agenzia, Raffaele Cesario, “scivolato” sul doppio ruolo di commissario liquidatore dell’Arssa e consigliere dell’UDC a Palazzo dei Bruzi.

Proprio a seguito dell’articolo apparso su l’Ora, gli organismi di controllo dell’Arssa si erano attivati chiedendo l’immediata destituzione del commissario nonché il recupero degli stipendi da lui incassati fino ad oggi.

Allo stato attuale, però, Cesario è ancora in carica. Nelle intenzioni, l’Arssa avrebbe dovuto essere lo strumento attraverso cui rilanciare l’agricoltura calabrese, ma quel progetto, iniziato nel secondo dopoguerra, (quando si chiamava ancora Opera Sila) sembra naufragato sotto i colpi della realtà e delle inefficienze della politica. Creata per occuparsi dello sviluppo delle strutture produttive locali, entrò in crisi nel 2000 tanto che, sette anni più tardi, la regione decise di sbarazzarsene mettendola in liquidazione. Un’operazione che da allora procede a rilento, considerato che, a tutt’oggi, la manutenzione delle strutture ed il pagamento degli stipendi di circa 900 lavoratori, costano alle casse regionali qualcosa come 40milioni di euro all’anno.

Marco Cribari

Fonte: l’ora della calabria