Il Vescovo vs Gratteri: infanghi la Chiesa per l’applauso, non per lottare la malapianta

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Il Vescovo vs Gratteri: infanghi la Chiesa per l’applauso, non per lottare la malapianta

Gratteri-Morosini    

di GIUSEPPE FIORINI MOROSINI* – Signor procuratore, ho letto il suo ennesimo intervento a proposito dei rapporti chiesa-mafia sui quali ama ritornare nei suoi interventi e pubblicazioni, offrendo all’opinione pubblica l’immagine di una Chiesa unica responsabile della ‘ndrangheta in Calabria.

Nell’intervista a Il Fatto Quotidiano è andato al di là di ogni limite immaginabile: «’Ndrangheta e chiesa camminano per mano; il mafioso vero, che investe, che ricicla denaro, che dunque ha potere vero, è proprio quello che per anni si è nutrito delle connivenze con la Chiesa». Tutto questo senza un benché minimo accenno all’azione positiva di lotta da parte di vescovi, sacerdoti e dell’intera comunità cristiana. L’aver liquidato, poi, tutta l’azione pastorale contro la ‘ndrangheta da parte di monsignor Bregantini con quella riflessione riportata dall’intervista è veramente sconfortante.

A sostegno di queste affermazioni gravissime lei non offre riferimenti a inchieste giudiziarie, processi in corso o condanne su partecipazioni di uomini di Chiesa a traffici illeciti, a omicidi, o ad altro crimine.

Si ferma su indicazioni generiche: preti che vanno a prendere il caffè a casa dei mafiosi, o che ricevono contributi per restauri di chiese.

Lei, come un fiume in piena travolge tutto al suo passaggio: il caso di un prete diventa la Chiesa. Eppure lei, come magistrato, ha un immenso potere investigativo e punitivo, inviando avvisi di garanzia, arrestando gli ecclesiastici che camminano tenendosi per mano con i mafiosi. No, preferisce gettare fango su tutti i sacerdoti, colpevoli solo di esercitare il loro ministero in Calabria.

E tutta la Chiesa che viene incriminata, tranne quei pochi, che rispondono ai canoni da lei ipotizzati per una retta azione pastorale, ai quali la Chiesa dovrebbe sottostare.

Non chiudo gli occhi sugli errori degli uomini di Chiesa, sia nel passato che nel presente. Ma da questo punto di vista, non è solo alla Chiesa che bisogna fare l’esame di coscienza.

Per quanto mi riguarda, le vorrei chiedere: mi dica la fonte da curi ha attinto la risposta che mette sulle mie labbra: il vescovo di Reggio Calabria, anche dopo la condanna in Cassazione di un capobastone, ha detto che non poteva schierarsi perché magari si trattava di un errore giudiziario.

Io non ho mai proferito tale espressione. Le ripeto: mi dica la fonte di questa sua gravissima accusa nei miei confronti, che lede il mio buon nome e quello della Chiesa intera, visto che è uno degli esempi che porta a sostegno dell’accusa contro la Chiesa, che cammina mano nella mano con la ‘ndrangheta. Se mi permette poi di allargare l’orizzonte della mia difesa dalle sue accuse, le vorrei chiedere se ha mai letto l’omelia di Polsi del settembre 2010, dalla quale lei estrapola la frase: «… se anche oggi ci saranno incontri e patti illegali… sono cose che non ci riguardano… ».

Lei l’ha interpretata secondo il suo comodo, dimentico che proprio lei si era scagliato contro i giornalisti che avevano criticato quella mia omelia e aveva sottoscritto la mia relazione al convegno organizzato dal Museo della ‘ndrangheta nel novembre 2010, durante il quale avevo affermato che l’azione antimafia di un vescovo va colta e giudicata attraverso il suo ministero.

Tra l’altro avevo detto: «La scelta di rinunciare ai toni aggressivi nel contrastare la criminalità organizzata è senza dubbio uno degli aspetti più controversi, per cui spesso gli uomini di Chiesa, che fanno tale scelta, sono attaccati da alcuni esponenti della cultura, della politica, dell’informazione».

E a proposito del perdono ai mafiosi, altro capo di accusa nei miei confronti, avevo precisato: «La misericordia che predica la Chiesa non è un facile colpo di spugna sul male fatto; è, invece, la proposta di un percorso di vita, che prevede la pena da scontare per il male fatto, la riparazione se questo male tocca terze persone, i segni della reale conversione. La Chiesa, inoltre, accetta le esigenze della giustizia ma non le ritiene esaustive per regolare le relazioni tra gli uomini, male allarga a quelle della carità, induco anche il perdono. Annunciando la misericordia sulle basi della giustizia, la Chiesa tiene aperto un varco per chi ha sbagliato».

Nello stesso convegno lei, parlando dopo di me, commentò: «Da tempo non mi capitava di ascoltare un uomo di Chiesa parlare così. Ricordo un intervento altrettanto efficace durante la commemorazione del brigadiere dei carabinieri Carmine Tripodi, ucciso dalla ‘ndrangheta a San Luca. Per questo sento di condividere parole e riflessioni, così come già avevo condiviso quelle espresse da monsignor Morosini a San Luca. Anche questa sera, il suo è stato un intervento diretto, schietto, che ha spazzato ogni dubbio sulla sua omelia tesa a chiarire il ruolo della Chiesa nelle celebrazioni in onore della Madonna di Polsi. Per il vescovo di Locri-Gerace, non ci sono equivoci nel messaggio della Chiesa: nessuno si può permettere di strumentalizzare la fede e la religione cattolica. Del vescovo Fiorini Morosini mi ha sempre colpito la capacità di guardare negli occhi la gente… è una persona concreta, seria, che sta costruendo giorno per giorno, che sta lavorando in uno dei territori più difficili d’Italia… sta facendo un ottimo lavoro e lo ringrazio. Siamo fortunati ad averlo come vescovo nella diocesi di Locri-Gerace». (Sono sue parole che può rileggere nel volume degli atti a p.351).

E che dire poi degli altri esempi, portati a sostegno della sua tesi: «Prima di uccidere lo ‘ndranghetista si fa il segno della croce; i riti praticati dalla ‘ndrangheta sono quelli della Chiesa; se lo ‘ndranghetista non ha altra scelta che uccidere per imporre il suo potere, non fa peccato». Così vuole dimostrare che la Chiesa cammina mano nella mano con la ‘ndrangheta? Le risulta che queste aberrazioni sono l’insegnamento della Chiesa o dei vescovi calabresi?

Ma non si accorge di quale fango sta gettando sulla Chiesa? Tanto più sporco perché gettato da un uomo delle istituzioni qual è lei? E forse dal catechismo che i criminali imparano ad invocare i santi prima di uccidere? Ma perché non riporta quanto vescovi e preti da anni stanno dicendo a condanna di tutto questo?

Lei che mi fa oggetto di questo tiro al bersaglio, perché non riporta contestualmente tutte le espressioni di elogio da lei rivolte alla mia azione pastorale contro la criminalità organizzata?

Signor procuratore, gettando discredito sulla Chiesa lei potrà strappare qualche applauso, ma non certo contribuire alla lotta comune contro quel male che lei chiama “la mala pianta”. Questo discredito non farà altro che indebolire, presso una certa opinione pubblica sprovveduta, l’azione di contrasto alla ‘ndrangheta svolta dalla maggior parte degli uomini e delle associazioni di Chiesa, contro i quali lei ha parlato in modo indiscriminato. Le auguro ogni bene e ogni successo nel lavoro.

*Arcivescovo di Reggio e già Arcivescovo di Locri – Intervento pubblicato sull’Ora della Calabria