I genitori di Anna Maria Scarfò trasferiti in località protetta: ”Nostra figlia venduta per un motore di camion”

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I genitori di Anna Maria Scarfò trasferiti in località protetta:

”Nostra figlia venduta per un motore di camion”

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di Stefano Perri
– Le valigie sono già sul letto pronte per la partenza. Giusto il tempo di metterci dentro le poche cose rimaste e qualche fotografia sbiadita.

Ricordi di un passato felice che ormai sembra svanito per sempre. Piove a dirotto a San Martino, borgo di poche anime alle porte di Taurianova, sulla Piana di Gioia Tauro. L’odore acre delle arance si spande nella nebbia e sale prepotente alle narici. Mamma Aurora attende suo marito sull’uscio di casa. Gente onesta, lavoratori. Il giorno della partenza è ormai vicino. Sul tavolo della cucina due biglietti per un viaggio di sola andata verso una località protetta. Tra pochi giorni inizierà la loro nuova vita in incognito, via per sempre da quell’inferno di odio e solitudine. Una nuova casa, una nuova cucina, un nuovo letto da rassettare al mattino ed una nuova strada da percorrere. Aurora è contenta, sorride. Tra pochi giorni rivedrà la sua amata bambina, Anna Maria, che nel frattempo è cresciuta, lontano da casa, diventata donna troppo presto tra gli sguardi famelici dei suoi aguzzini.

Le valigie sono già sul letto, eppure Aurora non smette di pulire la sua piccola casa di San Martino di Taurianova. La vuole splendente, anche se tra pochi giorni quella porta sfregiata dall’odio dei suoi compaesani sarà chiusa per sempre. Le sue braccia forti, energiche, non smettono di passare lo straccio sui fornelli della cucina. Sembra quasi voler lavare via gli incubi vissuti tra quelle mura. E intanto ricorda e racconta, Aurora, con il cuore di mamma che da dieci anni non ha più smesso di tremare.

Quei pianti di Anna Maria a scuola, le telefonate delle maestre, i tentativi di capire cosa stava accadendo, i sospetti ed i silenzi. E poi ancora le lacrime, lo smarrimento, l’orrore. Quel fatidico giorno del 2002 quando la piccola Anna Maria decide di raccontare tutto ai carabinieri. Ore ed ore passate in caserma, Anna Maria è un fiume in piena che non si ferma più. Racconta la sua ”malanova”. Gli stupri, le violenze, le minacce. E quando a sera mamma Aurora la raggiunge in caserma apre le porte alle fiamme di un inferno nel quale Anna Maria arde già da tre anni.

”Se la sono venduta nostra figlia – mi racconta Aurora guardandomi dritto negli occhi – venduta per un motore di camion”. Stuprata, violentata per anni nel corpo e nell’anima. E quando quell’incubo sembrava finito, quel giorno in caserma, è iniziato quello degli insulti, delle minacce, della solitudine. ”Abbiamo iniziato a vivere nella paura – racconta Aurora – non ci sentivamo più al sicuro neanche tra le mura di casa”. Sassate contro le finestre, minacce per le strade, insulti e isolamento, perfino i mozziconi delle sigarette lanciati dentro i finestrini quando la loro auto passava dalla via principale del paese. ”Sono arrivati a dare fuoco allo zerbino davanti casa. Mio marito cercava di farci coraggio, ma io avevo una paura tremenda e le bambine non hanno più voluto dormire da sole”.

scarfo2Poi la partenza di Anna Maria, insieme a sua sorella lontano per sempre da quell’inferno. E’ la prima donna in Italia ad ottenere un programma di protezione anti-stalking. Iniziano i processi, le perizie, gli incontri. E ancora minacce ed insulti. L’odio di una comunità che sembra aver scelto di schierarsi con gli aguzzini e di isolare le vittime. ”Mi hanno dato della puttana – ci racconta mamma Aurora con gli occhi lucidi – mi hanno detto che di giorno io andavo con i camionisti e che la notte mandavo mia figlia in cambio di soldi”. Perfino il Parroco del paese ha deciso di stare lontano da quella famiglia. ”Anche la Chiesa ci ha negati. Dal giorno della denuncia nessuno si è più avvicinato a questa casa. Nessuno che ci abbia chiesto come stavamo o se avevamo bisogno di aiuto. E se non lo ha fatto neanche il Parroco perchè avrebbero dovuto farlo i miei compaesani? A mio marito hanno negato perfino di andare al funerale di sua madre. I suoi fratelli non l’hanno voluto, troppa vergogna, troppo disonore”. Troppo grande lo ‘sgarro’ di Anna Maria che si è rivolta ai carabinieri. ”Per loro mia figlia avrebbe dovuto subire, soffrire e stare zitta. Oppure avremmo dovuto vendicarci da soli. Prendere un mitra e farci giustizia. Ed in questo caso loro ci avrebbero aiutati”. Un codice non scritto che in Calabria si chiama ‘faida’, il diritto-dovere della vendetta. Al quale però Anna Maria ha detto no, spezzando una catena incrostata da secoli di omertà. ”Mangiamo pane e cipolla – racconta fiera Aurora – ma di certo camminiamo a testa alta”.

Le tappe processuali hanno confermato, udienza dopo udienza, la colpevolezza delle belve. Ma per tanti a San Martino la vittima è diventata carnefice. Anna Maria è diventata la ”malanova” e la sua famiglia una minaccia da allontanare al più presto. ”Non posso fare di tutta l’erba un fascio – precisa Aurora – i miei compaesani non sono tutti uguali. Qualcuno se mi incontra fuori dal paese viene a salutarmi. Il problema è che poi quando ci incrociamo a San Martino si girano dall’altra parte. Per paura o per vergogna, non so”.  In paese si dice che questa storia li ha infangati, che ha gettato una luce negativa su tutta la comunità. ”E’ il paese che si è infangato da solo – mi spiega Aurora – dopo le violenze su mia figlia poteva schierarsi con noi e invece ha scelto loro”.

scarfo3Eppure attorno alla famiglia di Anna Maria si è stretto l’abbraccio solidale delle Associazioni. Libera, su tutte, ma anche tanti gruppi e movimenti che lottano contro la violenza sulle donne. ”Voglio ringraziarli tutti – dice Aurora – se non fosse per loro saremmo stati abbandonati. Ci hanno aiutato ad affrontare i processi, psicologicamente ed economicamente”. Un sostegno importante che è servito ad Aurora e suo marito ad andare avanti durante i lunghi anni di solitudine lontano dalle loro figlie.

Ed oggi quella lunga notte sembra finalmente volgere al termine. L’alba è vicina e Aurora finalmente può tornare, timidamente, a sorridere. Il programma di protezione è arrivato anche per lei e suo marito. Finalmente possono chiudersi quella porta alle spalle e voltare pagina, provando a ricominciare. Sembra un lieto fine ma in realtà, a pensarci,  probabilmente è una sconfitta, per tutti. ”Siamo contenti di partire – dice Aurora mentre il suo volto si illumina – ma prima voglio dire grazie a tutti quelli che mi hanno fatto del bene, non lo scorderò mai. Chi mi ha fatto del male invece, per me non esiste più”.

‘MALANOVA’, LA STORIA DI ANNA MARIA SCARFO’Stuprata, minacciata, usata come merce di scambio. È la storia di Anna Maria Scarfò, per anni seviziata dal branco a San Martino di Taurianova. Una bambina che ha trovato il coraggio di denunciare. Oggi 26enne, vive insieme alla sorella in una località protetta. Una storia che parla di abusi e di violenze. E’ il 1999 quando viene stuprata per la prima volta. La piccola ha solo 13 anni, innamorata di un ragazzo più grande che sfrutta la sua innocenza e la consegna tra le fauci del branco, che continuerà ad abusare di lei per tre lunghissimi anni. Fino a quando, nel 2002, Anna Maria decide di dire basta. A darle il coraggio di raccontare tutto ai Carabinieri di San Martino di Taurianova, la richiesta, avanzata dai suoi aguzzini, di consegnare a quelle sporche pratiche sessuali anche la sua sorellina, più piccola di due anni. Ma Anna Maria non ci sta e decide di denunciare tutto. E’ solo allora che i suoi genitori scoprono l’orribile verità. Inizia la sequela dei processi ed alla fine saranno condannati in 12. E nel frattempo Anna Maria diviene bersaglio degli insulti e delle minacce dei parenti dei condannati. A San Martino lei è diventata la ”Malanova”, la portatrice di sventure, la puttana provocatrice che ”se l’è cercata”. Il paese decide di schierarsi dalla loro parte e accusa la stampa di aver appiccicato a San Martino l’etichetta di comunità di stupratori. Perfino il Parroco e una suora di San Martino vengono condannati per falsa testimonianza. A loro Anna Maria si era rivolta chiedendo aiuto contro i suoi aguzzini. E nel frattempo continuano le minacce di morte, telefonate anonime, il cane ammazzato. Anna Maria vive mesi di terrore chiusa in casa con la sua famiglia. Grazie alla legge sullo stalking rientra in un programma di protezione, sarà la prima donna in Italia ad ottenere questa misura. Prima la scorta e poi, nel 2010, la partenza per una località protetta dove attualmente vive insieme alla sorella, lontano per sempre da quell’inferno di terrore. Da ieri la protezione è attiva anche per i genitori di Anna Maria, che in queste ore l’hanno raggiunta lontano da San Martino.

fonte: strill.it