Anno giudiziario, la denuncia “Italia, triste record, 130mila prescrizioni”

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Anno giudiziario, la denuncia
“Italia, triste record,130mila prescrizioni”

Milano: “Sono troppe”. E Roma: “Ok magistrati in politica, no pm redentori”

In tutte le Corti d’appello d’Italia cerimonia istituzionale con relazione del presidente. Allarme Reggio Calabria: “Indice densità criminale pari al 27% della popolazione”

L'inaugurazione dell'anno giudiziario a Bologna (Schicchi)

L’inaugurazione dell’anno giudiziario a Bologna (Schicchi)

Roma, 26 gennaio 2013 – “Nel pieno di una campagna elettorale che si preannuncia molto combattuta, non trovo nulla da eccepire sui magistrati che abbandonano la toga per candidarsi alle elezioni politiche”. Lo ha affermato Giorgio Santacroce, presidente della Corte d’appello di Roma, nella relazione sull’amministrazione della giustizia nel distretto della Capitale.

SOTTILE DISTINGUO – “Candidandosi – osserva Santacroce – (i magistrati) esercitano un diritto costituzionalmente garantito a tutti i cittadini. Piero Calamandrei diceva però che quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra. Come dire che i giudici, oltre che essere imparziali, devono anche apparire imparziali”. Segue stoccata: “Non mi piacciono i magistrati che non si accontentano di far bene il loro lavoro, ma si propongono a redimere il mondo: quei magistrati (pochissimi, per fortuna) che sono convinti che la spada della giustizia sia sempre fodero, pronto a colpire o a raddrizzare le schiene”. 

‘FINALMENTE DIALOGO’ – Una svolta dovuta anche al Guardasigilli, Paola Severino, che secondo il presidente della Corte d’appello di Roma ha avuto “il merito di aver istituito una stretta correlazione tra il buon funzionamento del sistema giudiziario e il buon funzionamento del sistema Paese, accantonando finalmente l’accusa rivolta fino all’altro ieri ai magistrati di essere portatori di un ‘morbo giustizialista’, come se i pericoli da cui bisogna difendersi in Italia non fossero la corruzione, l’evasione fiscale, la crisi economica e sociale”. Così “si è ripristinato il principio che senza il dialogo, l’ascolto e la collaborazione non si arriva al giorno dopo. Si sono archiviate concezioni che raffiguravano politica e giustizia come mondi ostili guidati dal reciproco sospetto ribadendo la necessità che ciascuno coltivi il proprio ruolo senza invadere terreni altrui”.

FIORITO E DINTORNI – Ma una stoccata al palazzo Santacroce la dà : in “questi anni” la politica ha tradito la sua “vocazione pubblica” per “diventare un’occasione di arricchimento personale e godere di privilegi assurdi, incompatibili con le condizioni di vita delle persone comuni”. Un altro indizio di malattia nel rapporto con le istituzioni è dato dalla crescita dei reati contro la pubblica amministrazione. A piazzale Clodio – si ricorda nella relazione – sono iscritti 5.098 procedimenti con un “significativo e generalizzato incremento per tutte le fattispecie rispetto ai periodi precedenti”, dalla corruzzione alla concussione, dal peculato all’abuso d’ufficio.

OFFENSIVA CRIMINALE – Sul piano dell’attività Santacroce evidenzia che “nell’ultimo periodo, specie nel territorio del basso Lazio e sul litorale romano il livello criminale e l’indice di penetrazione della criminalità organizzata nel territorio si sono innalzati”.  “A dare la misura di questa infiltrazione nel tessuto economico-finanziario – ha spiegato – sono gli arresti di importanti latitanti, l’esecuzione di numerosi provvedimenti di sequestro e confisca aventi ad oggetto quote di società attive come bar e ristoranti e immobili ubicati a Roma, molti nella zona di via Boccea”. “Nell’ultimo periodo, specie nel territorio del basso Lazio e sul litorale romano il livello criminale e l’indice di penetrazione della criminalità organizzata nel territorio si sono innalzati”.

GRIFFE MAFIOSE – “La storia delle infiltrazioni mafiose nella Capitale – continua il presidente della Corte d’appello racconta di investimenti soprattutto nell’edilizia, nelle società finanziarie e immobiliari e, nell’ambito del commercio, nei settori dell’abbigliamento, delle concessionarie di auto e della ristorazione”. Le indagini in corso – ricorda – dimostrano come “le organizzazioni criminali siano giunte a impadronirsi di locali storici di Roma, come il ristorante George in via Sardegna, il Cafè de Paris in via Veneto, il bar California in via Bissolati e il palazzo che ospita il teatro Ghione. A Roma operano esponenti del clan Gallico e uomini del clan Alvaro. Alla cosca Gallico di Palmi è stata sequestrata la società che gestiva il Risto Chigi, vicino alla Fontana di Trevi, e il Caffè Antiche Mura nei pressi dei giardini Vaticani”. Solo esempi. Se ne potrebbero fare, purtroppo, tanti altri.

MILANO – “L’Italia ha il triste primato in Europa del maggior numero di declaratorie di estinzione del reato per prescrizione (circa 130mila quest’ultimo anno) e, paradossalmente, del più alto numero di condanne della Corte Europea dei diritti dell’uomo per l’irragionevole durata dei processi”. Lo ha dichiarato oggi il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio, nel corso della sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Appare perciò illogica l’attuale disciplina della prescrizione del reato, nella parte in cui estende i suoi effetti sul processo penale – protesta Canzio con linguaggio giuridico – propiziandone il grado di ineffettività con il fallimento della funzione cognitiva e la sconfitta dell’ansia di giustizia delle vittime e della collettività. “Essa si rivela come un agente ‘patogeno’ – è la conclusione – che scoraggia, mediante una sorta di premialità di fatto, le premialità legali dei riti alternativi, incentiva strategie dilatorie e implementa strumentalmente le impugnazioni”.

CATANZARO -“Si è in presenza di un fenomeno profondamente radicato che, nonostante l’impegno delle procure della Repubblica e delle forze dell’ordine, la cui incessante attività attinge risultati sempre più
consistenti, continua a seminare lacrime e lutto, oltre che corrodere sempre di piu’ il tessuto sociale”. Lo ha detto il presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, Gianfranco Migliaccio, analizzando la situazione criminale nel distretto nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Un allarme concreto, dunque, aggravato dai rapporti che la ‘ndrangheta riesce a intavolare. Un allarme concreto, dunque, aggravato dai rapporti che la ‘ndrangheta riesce a intavolare. “Il procuratore distrettuale di Catanzaro – evidenzia Migliaccio – scrive a chiare note, in un’ampia disamina che copre tutto il territorio del distretto, di legami fra gli apparati criminali veri e propri e la cosiddetta zona grigia della ‘ndrangheta, riferendosi con tale espressione ai ceti produttivi e agli apparati professionali in collegamento con tali sodalizi”. Tra questi, Migliaccio evidenzia “in primo luogo quelli operanti nel settore della giustizia e della finanza, quali avvocati, periti e medico-legali, commercialisti”. Il presidente ha segnalato “l’elevato numero di procedimenti per il delitto di associazione di tipo mafioso, a dimostrazione della persistente presenza di tale fenomeno sull’intero territorio, nonostante i periodici interventi repressivi posti in essere dalla locale Direzione distrettuale antimafia e dalle forze dell’ordine“. Rispetto al capoluogo calabrese, Migliaccio ha dichiarato che l’area “e’ caratterizzata prevalentemente dalla presenza di associazioni costituite da soggetti di etnia rom che hanno il sostanziale monopolio del traffico di sostanze stupefacenti”. Più complessa la situazione dei rapporti tra le province di Catanzaro e Crotone. In questo ambito il presidente della Corte d’Appello ha ricordato gli intrecci delle consorterie criminali, partendo proprio dai rapporti e dai ruoli dei soggetti di etnia rom, fino a sostenere che si sta “realizzando una significativa influenza nell’area delle cosche di mafia della zona crotonese, tradizionalmente influenti anche nella zona della Presila catanzarese, in quella compresa nella zona ionica a nord della provincia di Catanzaro, al confine della provincia di Crotone fino ad estendersi nei territori limitrofi di quest’ultima provincia”.

REGGIO CALABRIA –  L’indice di densità criminale del distretto di Reggio Calabria è del 27% della popolazione a fronte del 12% in Campania, del 10% in Sicilia e del 2% in Puglia, con un giro d’affari secondo le stime Eurispees di oltre 43 miliardi di euro nel solo anno 2007. Il dato emerge dalla relazione del presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Giovanni Battista Macrì, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. “In tale contesto – osserva Macrì – bene si comprende la ragione per cui i beni sequestrati e in gestione dalla locale Sezione del Tribunale di Reggio Calabria superano i due miliardi di euro”.  “Notevole rilevanza socio-economica – spiega Macrì – vanno man mano assumendo i provvedimenti di sequestro e di confisca in materia di misure di prevenzione. In un contesto territoriale qual è quello del distretto di Reggio Calabria, caratterizzato dall’esistenza di un numero rilevantissimo di affiliati alla ‘ndrangheta, le misure di prevenzione rappresentano sempre più, l’unica e proficua soluzione per contrastare adeguatamente gli indebiti arricchimenti e per indebolire l’enorme forza economica delle varie “‘ndrine” che, nel tentativo di riciclarsi e “ripulire” i soldi provenienti dalle attivita’ illecite, hanno ormai spostato buona parte dei propri investimenti in nord Italia e all’estero”