Nuova operazi Antimafia, blitz a Ponente one contro la ‘ndrangheta

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Carabinieri in forze
a Ventimiglia e Bordighera

Imperia – Procurarsi un’“amministrazione gradita” non tanto con la violenza ma costringendo la politica a rivolgersi alla criminalità organizzata per affermarsi. È questo il fil rouge dell’inchiesta “La svolta” portata a termine dai carabinieri di Imperia, Ventimiglia e Genova coordinati dalla Dda del capoluogo ligure che si è concretizzata in 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 17 avvisi di garanzia che hanno colpito un sindaco, due ex sindaci, oltre ad almeno due consiglieri regionali, uno dei quali già coinvolto nell’inchiesta “Maglio 3” del giugno 2011.

Le ipotesi di reato sono, a diverso titolo, associazione a delinquere di tipo mafioso, usura, estorsione, traffico di droga e armi. Al termine della giornata, mentre l’ex sindaco di Ventimiglia Gaetano Scullino, la cui abitazione è stata perquisita stamani, dichiarava di esser «fiducioso e di non aver nulla da nascondere», l’ex sindaco di Bordighera Giovanni Bosio ha deciso di dimettersi dalla sua carica di consigliere provinciale imperiese e di capogruppo in Provincia del Pdl. Anche lui ha avuto la casa perquisita. Tra gli indagati anche il sindaco di Vallecrosia, Armando Biasi, indipendente vicino al Pdl che dice «è un atto dovuto, io sono sereno».

Il gip che ha firmato l’ordinanza (oltre 500 pagine per un totale di 28 indagati di cui 11 arrestati, due posti ai domiciliari e due già detenuti oltre a 17 indagati a piede libero) sta stilando il calendario degli interrogatori di garanzia che inizieranno nei prossimi giorni. L’inchiesta è frutto di 2 anni di lavoro sulle basi di altre inchieste simili portate a termine dalle procure di Milano e di Torino (Crimine e Minotauro) e sulle decisioni del Viminale che ha sciolto, a un anno di distanza l’una dall’altra, le amministrazioni comunali di Ventimiglia e Bordighera.

Indagini che individuano nel “locale” della provincia di Imperia una vera e propria cosca indipendente rispetto a quella calabrese dei Piromalli, loro punto di riferimento. «L’autonomia – spiegano gli inquirenti – se la sono conquistata sul campo». A capo di questa ‘ndrina secondo gli inquirenti ci sarebbero Giuseppe Marcianò e Antonio Palamara, fedelissimi dei Piromalli e la famiglia sarebbe formata da altrettanti calabresi già conosciuti agli inquirenti reggini e liguri come Maurizio e Roberto Pellegrino, Giuseppe Gallotta, Omar Allavena e Annunziato Roldi.

La cosca ventimigliese, che si era affermata nella città di confine tanto che la gente diceva che «era meglio non farli arrabbiare» aveva un compito, ovvero quello di costruirsi «amministrazioni amiche». E così la politica si rivolgeva a loro, dicono gli inquirenti, in periodo di campagna elettorale tanto che, oltre a organizzare cene e incontri, Marcianò e i suoi provvedevano anche alla formazione delle liste inserendo i propri uomini. Il reato di voto di scambio, dicono gli inquirenti, «non esiste di fatto. In questo caso è stata operata una costante ingerenza nel mondo della politica che ha portato gli indagati a “costruire” amministrazioni “amiche”».