Nucara ricorda il ferimento di Garibaldi/Quando Mazzini diffidava dei Savoia

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Nucara ricorda il ferimento di Garibaldi/Quando Mazzini diffidava dei Savoia

Aspromonte, centocinquanta anni dopo

Intervento in occasione della ricorrenza del ferimento di Garibaldi nella Battaglia d’Aspromonte del 29 agosto 1862. Il Partito repubblicano si è riunito, nel 150esimo anniversario dell’evento.

di Francesco Nucara

Cari cittadini e cari cuori di Garibaldini e di Mazziniani, torniamo qui a celebrare un evento storico e drammatico, il ferimento di Garibaldi in Aspromonte. Non meno funesta era stata la conclusione e la dolorosa esperienza della Repubblica Romana.

Tuttavia, la tenacia e l’estrema convinzione che avevano sempre animato la mente ed il cuore di Garibaldi fecero sì che la giustezza del suo agire vinse alla fine sull’ingiustizia della realtà storica in cui l’Italia versava.

Poco meno di dieci anni ancora e l’Unità d’Italia si realizzò con il passaggio dei bersaglieri attraverso la breccia di Porta Pia.

Il Partito Repubblicano è l’erede di quelle sconfitte, ma anche l’artefice di tanti successi, dall’Unità d’Italia alla Repubblica. Tutto il Risorgimento è plasmato di iniziative repubblicane, ad opera di Mazzini, Garibaldi, Pisacane, tanto per citare i più noti.

Dalle sconfitte i repubblicani hanno tratto le principali ragioni della loro esistenza e delle loro battaglie nell’800, nel ‘900 ed oggi nel 2000.

Abbiamo resistito a papi e monarchi, a truppe francesi e truppe austriache, e per ultimo al Fascismo. Ancora oggi vogliamo lottare per una Repubblica che non ci consideri sudditi, bensì cittadini con uguali doveri e uguali diritti. A cominciare dalle discriminazioni territoriali, di cui purtroppo è oggetto il Mezzogiorno e in particolare la nostra Calabria.

Non starò qui a riesaminare percorsi storici che altri meglio di me sanno interpretare.

Il Mezzogiorno umiliato e vessato dai Borboni per secoli, disprezzato e tiranneggiato dai Savoia, si riconosceva in Garibaldi.

Nella desolazione e nell’abbandono in cui si trovavano le nostre regioni di allora, la figura di Garibaldi era l’unico faro di speranza. E da lì a qualche anno la relazione Sonnino-Franchetti dava ampio conto di tale desolazione.

Lo spirito dei Calabresi nel Risorgimento era ben diverso da quello di oggi. Essi hanno combattuto e sono morti per la libertà. Quella libertà che simbolicamente e concretamente veniva evidenziata con gli “alberi della libertà” di napoleonica memoria. Esiste ancora a Montepaone (CZ) un olmo (albero della libertà appunto) piantato nel 1799.

Ai nostri giorni i Calabresi hanno dimenticato la loro storia e da schiavi dei Borboni e dei Savoia sono passati a servi di una democrazia finta e malata.

Dobbiamo ritornare a conquistare la nostra libertà, solo così possiamo onorare Garibaldi e Mazzini.

La libertà! Essere liberi dalle mafie, tutte, dalla cattiva politica, dalle clientele, dalle sopraffazioni dei potenti sui deboli, e così via continuando.

Noi conquisteremo la nostra libertà quando saremo pronti a batterci per la libertà altrui.

La libertà da una classe politica succube di organizzazioni criminali o incapace o ignava. La libertà dai mestatori che ingannano i cittadini – elettori.

La libertà sta in una società capace di pretendere doveri e di garantire diritti. La libertà dal desiderio ossessivo di conquistare cariche istituzionali senza, magari, avere le capacità per rappresentare il popolo.

Dobbiamo mantenere sempre, a costo di qualunque sacrificio, personale e politico, lo sguardo fiero e la schiena dritta, come quella di Mazzini che, sebbene eletto due volte in Parlamento nella circoscrizione di Messina, non si presentò pur di non giurare fedeltà al Re.

Al contrario di Francesco Crispi, mazziniano della prima ora e sodale dell’Apostolo Genovese, il quale rinunciò alla sua storia pur di ottenere la carica di Presidente del Consiglio.

I tradimenti purtroppo si rinnovano anche oggi, quando la fiducia accordata viene pedestremente calpestata. La fiducia, però, non è eterna. Il Partito Repubblicano Italiano, ora come allora, non può essere coinvolto in vicende che attengono agli atti personali di chi li compie.

Occorre ricordare che non sempre Mazzini e Garibaldi andarono d’accordo, ma sulle grandi questioni trovarono sempre un’intesa: Repubblica Romana, Unità d’Italia, Spedizione dei Mille e così via. Mazzini era contrario alla spedizione del 1862: sosteneva infatti che Garibaldi sbagliava a fidarsi dei Savoia.

Aveva ragione Mazzini e nondimeno, quando Garibaldi fu liberato a seguito di un’amnistia, Mazzini che viveva a Londra, gli preparò un’accoglienza trionfale con centomila persone che lo attendevano a Hyde Park.

Ma poiché Garibaldi e Mazzini sono con noi ormai solo idealmente, dobbiamo contare sulle nostre forze senza piatire elemosine da alcun Governo.

Questa è la nostra storia: litigi sul particolare, alleanze sui grandi progetti e alla nostra storia non intendiamo rinunciare: la nostra vita tutta ne è affidabile testimone.