Il boss di Bollate scrive dal carcere e minaccia il leader di «Sos racket»

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LA LETTERA AL DIRETTORE DEL PENITENZIARIO

Il boss di Bollate scrive dal carcere
e minaccia il leader di «Sos racket»

Vincenzo Mandalari, capo locale dell’ndrangheta: «La mia immagine è stata infangata». Parte la querela

Vincenzo Mandalari
Vincenzo Mandalari
MILANO – «Sono Mandalari Vincenzo, ho deciso di scriverle in quanto vorrei che lei desse voce al mio stato d’animo, dopo che la mia immagine è stata dipinta in modo scabroso dai giornali, i quali non hanno esitato a raffigurarmi come un boss della ’ndrangheta a capo di chissà quale organizzazione, come ha fatto qualcuno inventandosi storie assurde sul mio conto infamandomi senza avermi mai conosciuto né in bene né in male».

LA LETTERA – Silenzio. Dal carcere di Ancona parla il boss Mandalari. Lui, uno dei destinatari degli ordini di arresto del maxi blitz contro le cosche al Nord del 13 luglio 2010, è in cella dalla fine di gennaio. Perché il giorno degli arresti, quando i carabinieri di Monza andarono nella sua casa-fortino di via San Bernardo a Bollate lui non c’era. Lo catturarono gli stessi investigatori sei mesi dopo a San Giuliano Milanese mentre aspettava la moglie. Il boss (è accusato dalla Dda di essere il «capolocale» di Bollate, e un dei più influenti uomini della ’ndrangheta al Nord per il quale il pm Ilda Boccassini ha chiesto 16 anni di carcere) ha deciso di scrivere una lettera al direttore del “NOTIZIARIO” di Bollate , Piero Ublodi, che ha pubblicato il documento in prima pagina sul nuovo numero del settimanale. Una lettera di due pagine, scritta a mano, e firmata dallo stesso Mandalari uscita direttamente dal penitenziario di Ancona, nella quale il boss lancia anche alcuni messaggi inquietanti all’amministrazione del comune dell’hinterland milanese e a Frediano Manzi, storico leader di Sos racket e usura e più volte minacciato dalla malavita (il suo nome è stato omesso nella versione pubblicata sul Notiziario per decisione del direttore).

LA QUERELA – Per questo Manzi ha presentato una querela per minacce ai carabinieri di Bollate. Scrive il boss: «Da cittadino bollatese mi sento tradito da tutti coloro che hanno dato credito a dicerie assurde, incluso il Comune di Bollate che si è costituito parte civile nel processo in cui verrò giudicato, consapevole che è prassi agire in tal senso, ma ha dimenticato le azioni da me svolte a favore del territorio bollatese o quando mi acclamava come impresa bollatese e come persona sempre presente per la solidarietà». Mandalari, che ha partecipato e officiato al celebre summit ndranghetistico nel circolo Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano, motiva la sua decisione di rivolgersi al giornale locale in quanto «il direttore Uboldi è stato tra i pochi, se non l’unico che nello scrivere le notizie su di me e sul processo Infinito, ha sempre sottolineato che tutto ciò detto o scritto fa parte di indagini basate su supposizioni fino a prova contraria, oltre al fatto di ricordare ai bollatesi che hanno sempre conosciuto Mandalari come un buon imprenditore e che lo stesso teneva molto alla sua città dove risiede da trent’anni».

ACCUSE RESPINTE – Ecco ancora un passaggio della missiva: «Io non sono uno ndranghetista, non lo sono mai stato, non ho mai assunto atteggiamenti che dessero adito a credermi tale. Sono vittima sicuramente di un malinteso». Riguardo alle pagine e pagine di intercettazioni pubblicate negli atti giudiziari che non solo hanno incastrato Mandalari ma, data la sua spiccata loquacità, hanno permesso alla Direzione distrettuale antimafia di conoscere dalla sua bocca i nomi di moltissimi ndranghetisti operativi al Nord, il boss scrive che sono state «trascritte alla bisogna e interpretate all’occorrenza e hanno dato corso ed un fine ad un teorema accusatorio assurdo». Per il momento il Comune di Bollate non ha annunciato alcun provvedimento nei confronti di Mandalari. Frediano Manzi invece, nella sua denuncia, ha ricordato che è stato tra gli organizzatori lo scorso ottobre del «No Mandalari day» proprio a Bollate insieme al consigliare regionale Sel Giulio Cavalli. In quell’occasione dalla piazza sarebbero anche arrivate minacce: «Manzi è un uomo morto». Il fondatore di Sos racket e usura ha anche dichiarato ai carabinieri che con la sua associazione aveva assistito due commercianti e li ha spinti a denunciare proprio il boss di Bollate. A completare il quadro inquietante anche la coincidenza che, nelle scorse settimane, dal carcere di Opera un altro boss della ’ndrangheta, Rocco Pesce, aveva scritto una lettera al sindaco di Rosarno contro la scelta dell’amministrazione di costituirsi parte civile nel processo contro di lui. Lettera dai toni quasi identici. Nord o sud per le cosche non fa differenza.

Cesare Giuzzi
30 settembre 2011 22:37