Distrutto dalla ‘ndrangheta e abbandonato dallo Stato

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Distrutto dalla ‘ndrangheta e abbandonato dallo Stato

La svolta arriva nella notte tra il 9 e il 10 settembre del 2007, quando il suo negozio di prodotti informatici viene devastato da un’esplosione. E’ l’atto eclatante. Prima e dopo, però, la vita di Salvatore D’Amico, 39enne commerciante

di Reggio Calabria, assume, connotati inquietanti e drammatici. L’attentato dinamitardo subito dall’attività commerciale di Salvatore D’Amico è solo l’atto finale di una lunga serie di brutti ed inequivocabili segnali, minacce e danneggiamenti. Episodi che D’Amico denuncia ai Carabinieri: si va dalle cartucce di fucile e di pistola posizionate nei pressi dell’attività commerciale (sita sulla via Nazionale di Archi, ndi), al rinvenimento di una bottiglia contenente liquido presumibilmente infiammabile, fino alle minacce telefoniche tramite sms.

 

Le minacce e le seguenti denunce cominciano nel periodo in cui D’Amico svolge attività politica presso la X^ Circoscrizione di Archi, dove nella legislatura del 2001 ricopre l’incarico di presidente della “Commissione Attività Culturali, Ricreative e Sportive”. Potrebbero essere legati anche alla politica i drammi di Salvatore D’Amico: i dissapori e i problemi, anche gravi, nascono dopo la scelta del commerciante consigliere circoscrizionale di abbandonare la lista di Alleanza Nazionale, nella quale era stato eletto, per passare all’UDC, quando qualche consigliere non gradisce la sua scelta cominciano le aggressioni verbali e le minacce tramite sms.

Poi, nel marzo del 2004, l’apertura dell’attività commerciale: un calvario fatto di danneggiamenti, che si conclude con la distruzione dell’intero immobile, nel settembre del 2007, tre anni e mezzo dopo l’apertura. Da quel momento comincia una seconda parte del calvario di Salvatore D’Amico, fatto di silenzi, solitudine, dinieghi e rimandi. Ad oggi, infatti, a distanza di quasi due anni dall’evento, sul quale indagano due magistrati della Procura della Repubblica di Reggio Calabria (i pm Ronchi e Arena), Salvatore D’Amico, pur avendo inoltrato una richiesta ai sensi della legge 44/99 che regolamenta le “Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura”, non ha ancora ricevuto un centesimo a titolo di risarcimento per l’attentato subito, sebbene una perizia dello scorso gennaio quantifichi i danni materiali subiti dalla sua attività commerciale in 94.685,00 euro.

Il 28 novembre del 2007, a pochi mesi dall’attentato, infatti, Salvatore D’Amico presenta una richiesta di risarcimento danni ai sensi della legge 44/99, ma, nell’estate del 2008, con la delibera n.371,  il Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Giosuè Marino, non accoglie la richiesta: D’Amico non avrebbe ricevuto richieste estorsive, quindi, nonostante i danneggiamenti e la distruzione della propria attività commerciale, secondo Marino e il suo ufficio, non può essere considerato una vittima del racket. La decisione viene notificata a D’Amico il 30 settembre del 2008. Tre giorni dopo, il 3 ottobre, il commerciante presenta una richiesta di riesame, il cui esito è atteso per i prossimi giorni.

Solitudine, ma, soprattutto, silenzi, da parte di quasi tutte le Istituzioni: “E’ per me di fondamentale importanza – ci dice Salvatore D’Amico – sottolineare la vicinanza della Prefettura, nella persona del Prefetto Musolino e della sua segreteria, nonché del Direttore della Confcommercio di Reggio Calabria, Attilio Funaro e della sua segretaria, la dottoressa Bianca Scalfari, che non mi hanno mai abbandonato”. Uniche eccezioni istituzionali, in un mare di indifferenza: “Mi preme evidenziare – aggiunge D’Amico – anche la vicinanza dei ragazzi del Collettivo Studentesco “Libera Lotta”, capeggiato da Antonino Martino”.

Difficoltà, drammi: dopo l’attentato incendiario della propria attività commerciale, discretamente avviata, Salvatore D’Amico, quasi 40enne, è costretto a ritornare a vivere con i propri genitori, ma non si dà per vinto e prova e riprova a rifarsi una vita, senza trascurare il diritto, innegabile, di ottenere giustizia. Scrive anche a Francesco Forgione, allora Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, scrive una lunga lettera, nella quale espone la propria situazione e chiede un aiuto istituzionale. Complice, forse, la caduta del Governo Prodi, Forgione non farà in tempo a rispondere da Presidente dell’Antimafia, lo farà solo nei mesi successivi, dopo l’esclusione del suo partito, Rifondazione Comunista, dal Parlamento italiano.

Un negozio totalemnte distrutto, danni per quasi 100mila euro. Accanto alla sete di giustizia, però, Salvatore D’Amico, tenta di ricominciare una vita, anche imprenditoriale: ha inizio così una lunga serie di richieste inoltrate presso l’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Il 17 aprile inoltra una lettera al sindaco Giuseppe Scopelliti nella quale chiede il rilascio di una concessione a titolo oneroso di uno spazio pubblico per avviare una nuova attività: “Ho inoltrato la richiesta al Comune, – spiega Salvatore D’Amico – perché, nonostante i ripetuti tentativi, non sono riuscito a ottenere l’affitto di alcun locale, poiché gli ipotetici locatari hanno paura a concedere i loro beni in affitto a persone come me che sono stati oggetto di attenzione da parte del crimine organizzato”.

Il 20 aprile del 2009, inoltra al Comune di Reggio Calabria tre diverse richieste di concessione di aree costiere, quelle per intenderci, inserite nel cosiddetto “piano spiagge”, per realizzare una zona turistico-ricreativa. D’Amico individua tre aree, una a Pellaro, una a Calamizzi e, infine, una nelle Spiagge Bianche nel rione Gebbione: tutte aree da sottoporre ad interventi di bonifica o rinaturalizzazione. Il settore “Qualità ambientale” del Comune di Reggio Calabria protocolla la richiesta di D’Amico già il 28 aprile, respingendola a causa della “assoluta genericità e mancanza di documentazione allegata della stessa”, spiegando che “le istanze potranno essere presentate solo dopo l’approvazione definitiva del nuovo Piano Comunale delle Spiagge” approvato, peraltro, proprio il giorno prima, il 27 aprile.

Sempre il 20 aprile, inoltra un’altra missiva, al sindaco Scopelliti e al consigliere comunale, con delega alla Legalità, Giuseppe Sergi, nella quale chiede lumi sulle modalità necessarie per accedere al protocollo d’intesa, riservato ai soggetti colpiti dalla criminalità organizzata, “Vedo, sento, parlo”, firmato nel febbraio del 2008.

A distanza di quasi due mesi, l’unica, circostanziata, risposta del Comune è rappresentata dal “no” alla concessione di un’area costiera demaniale. Nessuna risposta, invece, sul famigerato “Vedo, sento, parlo”, che, invece, dovrebbe costituire una “cura” parziale, ma immediata, per commercianti ed imprenditori taglieggiati dalla criminalità organizzata.

Sono passati quasi due anni da quel settembre del 2007, Salvatore D’Amico è stanco ma non molla: “A breve dovremmo ricevere il responso del riesame della pratica ai sensi della legge 44/99 – spiega -. Continuerò a lottare, perché credo nel lavoro. Da quest’esperienza negativa, comunque, nascerà un’associazione antiracket, antiusura, in difesa dell’educazione dei giovani e dei diritti civili. Si chiamerà RHEGION FREE”.

Un dramma circondato da una solitudine di cui si è macchiato soprattutto quello Stato, nei suoi vari livelli, che dovrebbe invece tutelare la gente onesta: se e quando arriverà il risarcimento pecuniario per l’attività commerciale distrutta, nessuno restituirà una vita “normale” a Salvatore D’Amico.