Processo Congiusta-Costa “minaccia” l’avvocato di parte civile FEMIA

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Processo Congiusta,l’imputato dice di essere una vittima e accusa Femia di fare cenni al teste in aula

Costa “richiama” l’avvocato

Poi dichiara,”La famiglia Mammì e Fragomeni non dicono la verità”

Tommaso Costa imputato dell’omicidio di Gianluca Congiusta

LOCRI – vittima o carnefice? Tommaso Costa, imputato nel processo per essere il mandante dell’omicidio di Gianluca Congiusta, è intervenuto in aula, ieri, per dichiarare di essere una vittima ma nelle sue parole si leggeva la rabbia. Una rabbia che è stata riversata contro la “famiglia” che “non dice la verità” riferito, si presume, ai Congiusta e contro i testimoni, citati tra questi PierDomenico Mammì e Sandro Fragomeni, il teste di ieri. Fino ad arrivare ad accusare l’avvocato di parte civile, Giuseppe Femia, del foro di Locri, di avere fatto cenni al testimone durante l’udienza.

Affermazione gravissima, troncata prontamente da un energico presidente, il giudice Bruno Muscolo, che ha intimato all’uomo di non proseguire con simili affermazioni e che “la Corte è attenta a tutto quello che succede in aula”.

Lo stesso avvocato Femia, chiamato in causa dall’imputato, ha chiesto che la corte inviasse, qualora solo ci fosse il dubbio di una tale condotta da parte dello stesso legale, gli atti al consiglio dell’ordine degli avvocati e addirittura alla procura della Repubblica. Anche in questo frangente la Corte ha ribadito di non dubitare del comportamento corretto del legale.

La dichiarazione di Costa ha creato scompiglio nell’aula, c’è chi ipotizza che dietro le parole dell’uomo si possa leggere anche una minaccia. Tommaso Costa aveva fin dall’inizio dell’udienza richiesto di poter fare una dichiarazione spontanea che è stata riservata alla fine dell’udienza. Prima si era svolto l’esame del testimone e sembrava che il lungo lavoro effettuato con Fragomeni avesse riempito di dati la giornata ma la parte più complessa è entrata nel vivo con le parole di Tommaso Costa. L’uomo ha esordito affermando che “non si vuole accertare la verità, non cercate “il” colpevole ma “un” colpevole, allora eccomi qua!”, l’uomo ha platealmente mostrato la sua propensione ad essere immolato quale vittima di una verità che non si vuol far conoscere.

Oltre ai testimoni e alla famiglia Costa si rifersice alla condotta dell’avvocato Femia, il legale rappresenta le sorelle di Gianluca Congiusta e, nel corso delle udienze, si è sempre dimostrato attivo nell’esame e nel controesame anche dei testimoni della difesa.

Lo stesso avvocato legge una minaccia “che potrebbe essere velata ma velata poi non lo è”, al contempo però afferma anche di essere “una parte civile serena, che fa il proprio dovere nel rispetto del diritto di tutti, sia delle sue assistite che degli imputati, mosso da un intransigente garantismo”. È indubbio che la dichiarazione di Costa avrà la sua eco, la lettura più approfondita delle sue parole verrà messa al vaglio dei legali che ne trarranno le interpretazioni del caso. Anche nell’udienza di ieri l’avvocato aveva mostrato la sua veemenza tipica controinterrogando il testimone, opponendosi ad alcune domande della difesa, suscitando a sua volta le opposizioni di quest’ultima, l’avvocato Maria Tripodi, verso la quale, nemmeno a dirsi, l’imputato aveva avuto parole di ringraziamento per come procede nella sua difesa. l’intera parte dell’udienza si era svolta nell’escussione di un solo testimone, Sandro Fragomeni appunto, a cui era stato chiesto dalla difesa di alcuni conti dell’azienda di Congiusta e, soprattutto, di alcune conversazioni telefoniche, intercettate dagli investigatori dopo la morte del giovane imprenditore, avvenute subito dopo l’omicidio di Congiusta. Nel corso delle telefonate l’uomo ipotizzava delle eventuali relazioni che Congiusta poteva aver avuto prima dell’omicidio, sentito in udienza Fragomeni ha confermato che si domandava se le ipotesi investigative, nei primi giorni di indagine prevaleva la pista passionale, poteva avere la sua ragion d’essere.