OMICIDIO CONGIUSTA L’ INDAGINE SUI COSTA PARTI DALL OPERAZIONE MITHOS

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Locri Il processo in assise per l’uccisione del commerciante

Omicidio Congiusta L’indagine sui Costa partì dall’operazione“Mithos” del 2004 

Rocco Muscari per Gazzetta del Sud

Locri L’operazione “Lettera Morta” si sviluppa nel corso del 2003 partendo da un’intercettazione ambientale captata nel corso delle indagini condotte dai carabinieri di Soverato e coordinate dalla Dda di Catanzaro, conclusasi nell’operazione denominata “Mithos”, scattata a settembre del 2004, che ha portato all’arresto di novanta sodali appartenente al gruppo “Gallace-Novella” di Guardavalle.

A riferirlo nel corso dell’udienza del processo per l’omicidio di Gianluca Congiusta – proseguito ieri nell’aula della Corte d’Assise di Locri, imputati Tommaso Costa e Giuseppe Curciarello – è stato il maresciallo Giacomo Mazzoleni, del nucleo investigativo dei carabinieri di Soverato, rispondendo alle domande del pm Antonio De Bernardo. Il teste ha raccontato che nel corso delle indagini sulla presunta cosca “Gallace-Novella” di Guardavalle “a ridosso del Natale 2002 ci siamo imbattuti in un’intercettazione ambientale captata nella macchina Domenico Origlia che parlava con Maurizio Tripodi di Soverato,  di una discussione che poteva produrre dissidi tra i sodali”. “Sempre nella macchina di Origlia – ha proseguito il teste -, si registrata un’altra intercettazione dove a parlare c’era Vincenzo Gallace, ritenuto reggente dell’omonima cosca che opera nella zona di Guardavalle, che ha riferito di un gruppo, che si scoprirà dedito al traffico di droga e armi ed estorsioni, che si stà piazzando con l’apporto di Carmelo Novella ( Novella Carmelo ucciso a luglio in un bar di San Vittore Olona, dove era in regime di sorveglianza speciale, ndc), e di un altro di Soverato, riferibile a Vittorio Sia, che poteva contare sull’alleanza con i Costa”. Mazzoleni ha riferito che il filone che conduceva ai Costa venne ripreso nel 2003 con l’attivazione di un monitoraggio nei confronti di soggetti di Soverato, in particolare di intercettando le utenze in uso a Vittorio Sia: “Nel corso dell’attività investigativa è emerso un collegamento di Sia con  Kaled Bayan detto Carlo il Libanese, allora agli arresti domiciliari a Lucera, provincia di Foggia”. “Tra i due – ha continuato il teste – si faceva riferimento ad una lettera giunta a Sia da tale zio Totò ed ad una conseguente visita del nipote allo stesso Sia per un approvvigionamento di droga”. Il teste ha riferito che “Successivamente siamo risaliti a zio Totò individuandolo in Tommaso Costa, allora detenuto a Palmi, e per il nipote per Francesco Costa, tra l’altro avente una relazione sentimentale con una donna del clan Di Cosola di Bari, che era andato a richiedere la droga per venderla e con il ricavato mantenere la detenzione dei congiunti”. A seguito di quelle ed altre intercettazioni che si collegavano con la corrispondenza tra Vittorio Sia e Carlo il libanese con Tommaso Costa, questo ritenuto mandante ed esecutore dell’omicidio Congiusta, i carabinieri di Soverato ottenevano, a novembre 2003, la possibilità di procedere ad un’attività di intercettazione nella sala colloqui della casa circondariale di Palmi e la censura della posta.Il teste ha riferito di numerosi accertamenti che hanno portato all’arresto di Cosimo Panaia, cognato di Giuseppe Curciarello, che in questo processo deve rispondere di associazione a delinquere, e della scoperta in altra circostanza di un codice criptico. L’escussione del teste proseguirà alla ripresa delle udienze, prevista il primo ottobre. Nel corso dell’esame la difesa ha sollevato un’eccezione in merito al contenuto dell’informativa in possesso del teste differente da quella agli atti.