La mafia e la svolta di Confindustria

Print Friendly, PDF & Email

La lettera di Scarpinato

La mafia e la svolta di Confindustria

«Tra gli imprenditori qualcosa è cambiato»

Caro direttore, mentre il mondo politico, tranne poche eccezioni, continua troppo spesso a predicare bene e a razzolare male, persistendo nel selezionare in postazioni strategiche delle istituzioni e dei centri di spesa pubblica personaggi condannati per corruzione e inquisiti per mafia, la Confindustria lancia — tramite suoi autorevoli vertici — importanti segnali in controtendenza, chiarendo che la sanguisuga mafiosa non è solo quella delle coppole storte che impongono il pizzo di qualche migliaio di euro.

La sanguisuga è anche quella di tanti colletti bianchi che in questi anni hanno impedito il libero mercato e una reale democrazia economica, utilizzando a proprio vantaggio metodi e capitali mafiosi per conquistare posizioni di indebita supremazia in danno di imprenditori onesti. Si tratta di un elenco di centinaia e centinaia di imprenditori, alcuni dei quali hanno pure ricoperto in passato ruoli di vertice in diverse articolazioni dell'associazione degli industriali, che, sebbene condannati per mafia o per altri gravi reati, sino ad oggi non sono mai stati emarginati, continuando a svolgere spesso ruoli di inquinante protagonismo e vanificando così nel tempo lo sforzo della magistratura e delle Forze di Polizia.L'impegno del presidente della Confindustria nazionale a espellere non solo gli imprenditori che si rassegnano a pagare il pizzo, ma anche i tanti imprenditori a vario titolo collusi con la mafia, nonché la denuncia con la quale il presidente della Confindustria di Caltanissetta ha esternato alla pubblica opinione come alcuni recenti episodi di intimidazioni siano riconducibili non agli uomini del racket ma a «menti raffinate», punta avanzata di un mondo impegnato a sabotare dall'interno processi di rinnovamento che potrebbero compromettere gli interessi di chi «… ha saputo solo arraffare i finanziamenti pubblici e… non ha voluto che servissero per dare effettivo sviluppo economico », dimostrano come si stiano rompendo equilibri consolidati che, in passato, avevano condannato all'immobilismo il mondo imprenditoriale e ad una solitudine perdente i pochissimi che avevano osato rompere le righe di una trasversale omertà culturale.

 

Comprendere che ciò che combattiamo fuori di noi è anche tra noi, e che se non si inizia a fare pulizia in casa propria l'economia legale sarà sempre perdente dinanzi a quella illegale, è il primo ineludibile passo per liberare il Sud dalla zavorra mafiosa e per garantire che le risorse destinate allo sviluppo non finiscano, oggi come ieri, nelle tasche dei soliti noti.
Non resta da sperare che l'importante esempio offerto da alcune autorevoli componenti del mondo dei produttori diventi sforzo corale e serva da stimolo per innescare finalmente anche nel mondo politico un'analoga imprescindibile operazione di pulizia interna, che non può essere surrogata da meri esorcismi verbali non seguiti da comportamenti coerenti, né supplita dall'impegno di tanti nelle istituzioni e nella società civile.
Roberto Scarpinato
(Procuratore aggiunto della Repubblica a Palermo coordinatore del Dipartimento «mafia e economia»)
28 novembre 2007