Gli USA scoprono la ‘ndrangheta

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Gli USA scoprono la 'ndrangheta

Che la 'ndrangheta stia attraversando, purtroppo, un "periodo d'oro" è cosa risaputa. A prescindere dai duri colpi inferti alla mafia siciliana, l'organizzazione criminosa calabrese nell'ultimo decennio ha visto crescere in modo esponenziale i propri introiti in Italia e nel mondo grazie, soprattutto, al traffico di stupefacenti.

Un segnale di questo fenomeno ci arriva anche dagli Stati Uniti: la rivista "The Christian Science Monitor" , che non si definisce magazine religioso ma solo "un giornale pubblicato in una chiesa", nel dare la notizia dell' arresto di Salvatore Lo Piccolo e dopo aver sottolineato come i vertici della cupola siano stati in qualche modo azzerati, punta un faro sul fenomeno 'ndrangheta.

Il titolo non lascia troppi dubbi:"As one mafia fades, Italy faces another" – Mentre una mafia perisce, l'Italia ne affronta un'altra. Il riferimento è appunto all'organizzazione calabrese: la 'ndrangheta viene ben geolocalizzata per i lettori americani, si elencano i principali "settori" di specializzazione (sequestri e droga), si parla della strage di Duisburg e si cita l'assassinio di Francesco Fortugno del 2005 e la consequenziale nascita del gruppo di ragazzi calabresi anti –mafia.

L'analisi made in USA si chiude con alcune cifre significative: in seno alla 'ndrangheta solo in 42 hanno "osato" pentirsi, grazie soprattutto ai forti legami (quasi sempre di sangue) esistenti tra gli "affiliati". Una cifra bassissima se messa a confronto con i 700/1000 pentiti di Cosa Nostra e con i 2000 della Camorra.