Lettera morta: interrogati gli arrestati

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Lettera morta: interrogati gli arrestati
di tratto da il Quotidiano
Conclusi tutti gli interrogatori di garanzia disposti nei confronti dei cinque indagati dell’inchiesta antimafia ”Lettera Morta”, l’operazione dei poliziotti del commissariato di Siderno e del sostituto procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Antonio De Bernardo, che ha fatto luce sull’omicidio dell’imprenditore Gianluca Congiusta. Fissata anche la prima udienza davanti ai giudici del Tribunale della libertà di Reggio Calabria.

I riesami della posizione di Pietro e Francesco Costa, difesi dall’avvocato Cosimo Albanese del Foro di Locri, sono stati calendarizzati per mercoledì 17 gennaio. Nulla trapela, invece, sull’iter processuale dell’indagato-chiave dell’operazione, Tommaso Costa, il presunto capoclan di Siderno che secondo la tesi degli inquirenti sarebbe ”l’autore ed il mandante dell’omicidio di Gianluca Congiusta”. Si trincera dietro un diplomatico no comment, l’avvocato Maria Tripodi del Foro di Locri, difensore di Tommaso Costa e della moglie Adriana Mujà: «I processi non si celebrano sui giornali. Credo sia doveroso il rispetto di tutte le parti processuali. Compresa la difesa. Ad oggi posso confermare esclusivamente che l’interrogatorio di garanzia è stato espletato, ma per la delicatezza della posizione dell’indagato e dell’attuale fase processuale ritengo opportuno non rivelare i contenuti dell’interrogatorio davanti al gip». Hanno, al contrario, risposto alle domande del gip del Tribunale di Reggio Calabria, Angelina Bandiera, Pietro e Francesco Costa, accusati di associazione mafiosa finalizzata all’estorsione. Entrambi hanno respinto ogni accusa e preso le distanze dagli affari del clan Costa. Estraneità completa ad ogni accusa che entrambi ribadiranno a partire da domani davanti al Tribunale del riesame reggino. «In quella sede proveremo a dimostrare la completa estraneità ad ogni vicenda dell’inchiesta» puntualizza l’avvocato Cosimo Albanese.
Strategia difensiva ancora da definire, infine, per quanto riguarda la posizione di Giuseppe Curciarello, il quarantenne di Locri considerato dai giudici della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che hanno coordinato le indagini di ”Lettera Morta”, come l’autentico braccio destro e il principale punto di riferimento all’esterno del boss detenuto, Tommaso Costa. Giuseppe Curciarello è stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa finalizzata all’estorsione. Nessun ruolo, né coinvolgimento, nell’assassinio di Gianluca Congiusta. E nessuna responsabilità anche nel taglieggiamento al suocero di Congiusta, l’industriale sidernese Antonio Scarfò. Su questo punto è precisa la posizione del difensore, l’avvocato Leone Fonte del Foro di Locri: «Come già evidenziato in sede di interrogatorio di garanzia, Giuseppe Curciarello respinge con puntualità e forza ogni coinvolgimento nell’estorsione subita da Antonio Scarfò. Dalle carte in nostro possesso, il quadro indiziario non indica assolutamente alcuna responsabilità e coinvolgimento di Giuseppe Curciarello. Sicuramente a breve ci rivolgeremo anche noi al Tribunale del riesame».
Cinque le persone indagate, e finite in manette, nell’ambito dell’inchiesta ”
Lettera Morta”. La vicenda che ha destato maggiore scalpore nell’opinione pubblica riguarda l’omicidio del giovane imprenditore sidernese, Gianluca Congiusta. E soprattutto il contesto e gli intrecci sociali e mafiosi nel quale sarebbe maturata la decisione di ucciderlo. Secondo la ricostruzione degli 007 della polizia di Siderno Gianluca Congiusta avrebbe pagato con la vita il suo coraggioso, e spavaldo, progetto di fare da filtro e da intermediario con i clan della ’ndrangheta della città di Siderno per risolvere la grana dell’imposizione del pizzo al suocero attraverso una lettera minatoria. Un gesto che, intrecciatosi con la faida infinita tra il clan Costa da una parte e i Commisso sull’altro versante, sarebbe diventato la condanna a morte di Gianluca Congiusta.