Made in Italy, presidente Coldiretti Calabria contrassegnava carne olandese con la ‘DOP’. Corte Suprema lo condanna e due mesi dopo scrive di andare al Brennero. Ecco la sentenza

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E la Regione Calabria fa ricorso sui fondi

coldiretti

Roma, 17:23 – 20 settembre 2016 (AGV NEWS)

Chi porta avanti una battaglia per tutelare l’agroalimentare 100% made Italy promuovendo l’etichetta, addirittura da fermare al Brennero i camion che portano i prodotti provenienti dall’estero, può poi contrassegnare carne proveniente dall’Olanda come carne cosentina DOP? Un paradosso che sembre essere diventato realtà. L’artefice – secondo quanto riporta il Corriere della Calabria – sembra essere stato lo storico leader della Coldiretti Calabrese e membro della giunta confederale. Qui di seguito Agricolae riporta l’articolo pubblicato dal quotidiano.

“Sono molti i soggetti, tra politici, sindacalisti e rappresentanti di categoria, che ogni giorno in Calabria intervengono pubblicamente suggerendo ricette e soluzioni su scelte e strategie che riguardano l’agricoltura e l’agroalimentare. Di certo – non potendo citare Expo per la magra figura rimediata dalla Calabria – c’è che in molti iniziano a comprendere ciò che è sotto gli occhi di tutti da sempre: tutti i report statistici indicano come la vocazione agricola della regione sia insopprimibile e potenzialmente capace di imprimere una svolta in positivo al sistema economico calabrese. E poi naturalmente ci sono anche i soldi, tanti, forse troppi: nei prossimi anni, fino al 2020, quasi un miliardo e cento milioni di euro, una cifra straordinaria sulla quale confidano speranzosi molti imprenditori agricoli e per la quale scalpitano in tanti, soprattutto tra quelli che sanno bene come l’aiuto in agricoltura sia da sempre leva di consenso. Poi c’è anche chi sui fondi all’agricoltura costruisce ricchezze o ristruttura casali spacciandoli per agriturismi in cui, però, l’unico che soggiorna è il proprietario.

L’agricoltura, sia chiaro, è un lavoro duro, esposto a rischi e calamità, vittima di un mercato sempre meno controllabile, condizionato dalle regole europee; ma il lavoro nei campi, per chi non lo pratica ma ne discetta ogni giorno, è anche una gallina dalle uova d’oro. Ed è un contesto nel quale si consumano paradossi e si costruiscono carriere. Coldiretti – la più grande in Italia tra le organizzazioni di settore – ha ad esempio ricevuto l’attenzione delle cronache nazionali per gli stipendi accordati al suo uomo forte, Vincenzo Gesmundo, che in 11 anni avrebbe percepito tra stipendi lordi, bonus e oneri contributivi più di 10 milioni di euro. Un ras dell’organizzazione che nel 2014 in appena 9 mesi avrebbe incassato una retribuzione di poco inferiore ai due milioni di euro. La vicenda di Gesmundo ha fatto scalpore, com’era inevitabile accadesse soprattutto per un’organizzazione di rappresentanza che lamenta, spesso e volentieri, l’assenza di risorse destinate a sostenere l’agricoltura, risorse che invece dalle parti di Palazzo Rospigliosi – elegante sede romana della Coldiretti – ci sono ma solo a beneficio di qualcuno. Ma è solo uno dei tanti paradossi.

MOLINARO E LA CARNE OLANDESE La Calabria negli ultimi anni è particolarmente tenuta in considerazione nella storica organizzazione fondata dal compianto Paolo Bonomi; la federazione regionale è guidata ormai da più di un decennio da Pietro Molinaro, entrato a far parte anche della Giunta Confederale. E proprio Molinaro sembra essere protagonista di tanti paradossi: per un verso è energico e risoluto nel diffondere il verbo dei documenti programmatici di Coldiretti, per un altro incappa in “incidenti” di cui poco si dice, salvo che in qualche nascosto conciliabolo, e niente soprattutto si scrive.

Partiamo dal più recente e forse meno complicato da spiegare. Tre anni addietro all’interno degli stabilimenti della Cozac, cooperativa di cui Pietro Molinaro è legale rappresentante, i carabinieri del Nas sequestrano importanti quantitativi di carne proveniente dall’Olanda ed il perché è presto detto: nello stabilimento si producono salumi a denominazione di origine protetta e – secondo le norme che disciplinano la produzione Dop – la carne invece deve essere rigorosamente Made in Calabria. Il reato contestato a Molinaro è quello di tentata frode in commercio. Il 3 marzo del 2013 il Tribunale di Cosenza, rigettando la richiesta di riesame e confermando il decreto di sequestro emesso dalla procura bruzia, scrive nero su bianco che i salumi, prodotti con suini olandesi, erano contrassegnati come Dop. La vicenda giudiziaria finisce in Cassazione e la Suprema Corte, il 19 settembre del 2013, respinge il ricorso e condanna Pietro Molinaro qualificando come sintetica ma congrua e tutt’altro che inesistente o apparente la motivazione espressa dai giudici del tribunale cosentino. Nella Cozac, secondo i giudici, «il salume in sequestro, rinvenuto dai Carabinieri nelle celle di stagionatura, anche se privo di etichettatura per ogni singolo pezzo, appariva inequivocabilmente contrassegnato come D.O.P. mentre invece trattavasi di salame prodotto con carne suina proveniente dall’Olanda».

Come può Molinaro, un giorno sì e l’altro pure, lanciare anatemi contro «il furto di identità» delle produzioni agricole invocando a tutto spiano il Made in Calabria? Come può il presidente di Coldiretti Calabria indossare con tanta disinvoltura i panni dell’integerrimo difensore delle produzioni autentiche ed ergersi ad alfiere dell’originalità calabrese? Evidentemente può perché deve aver colto l’essenza (almeno in questo caso) di quel detto contadino secondo cui di fronte alle intemperie è inutile rammaricarsi, è necessario invece mettersi subito al riparo, guardare avanti, pensare ai passi successivi. E a distanza di qualche settimana dalla decisione e dalle dure parole dei giudici della Suprema Corte, infatti, il presidente si prepara per l’evento dell’anno, sul valico del Brennero, dove la Coldiretti nazionale indice una megamanifestazione a difesa del Made in Italy, il 4 e 5 dicembre del 2013.

Ma prima di condurre il suo esercito fin sopra al Brennero non resiste alla tentazione di affidare i suoi buoni propositi alla stampa e spiega in una lettera aperta che «le continue importazioni di prodotti alimentari sono addirittura in crescita nel primo semestre del 2013». E ancora: «Il danno è economico e, soprattutto di immagine, e mette a rischio la credibilità conquistata dai veri prodotti agricoli ed agroalimentari divenuti simbolo del Made in Italy di qualità». Nella stessa lettera – indirizzata ai consorzi di bonifica e con la richiesta di un contributo economico – c’è un passaggio illuminante: scrive Molinaro che «nei primi nove mesi del 2013 sono stati sequestrati beni e prodotti importati per un valore di 335,5 milioni di euro (…) come la carne». Quindi la chiusa: «La nostra Coldiretti attiverà un presidio al valico del Brennero mirato ad intercettare prodotti agricoli ed agroalimentari provenienti da altri Stati e destinati ad essere commercializzati in Italia evocando una italianità acquisita solo dopo gli ultimi processi di lavorazione». Molinaro dunque suonava la carica per “sequestrare” al Brennero ciò che i carabinieri del Nas hanno sequestrato nella sua azienda…”

E non solo: la regione contesta i fondi e lui fa ricorso.

“Oltre a quello che abbiamo raccontato in un altro articolo, un ulteriore paradosso insegue da diversi anni il presidente di Coldiretti Calabria Pietro Molinaro. La vicenda, che in questo caso riguarda la percezione di fondi pubblici, non è ancora giunta all’epilogo. Nel 1996 la Cozac, cooperativa presieduta da Molinaro, beneficia di due interventi di sostegno, il primo liquidato in tre diverse tranche: il 14 novembre dello stesso anno riceve in lire l’equivalente di 115.631,40 euro, il 4 maggio 1999 di 125.743,83 euro, il successivo 12 ottobre di 105.462,79 euro. Per un totale di 346.783,03 euro.
Il secondo aiuto, più consistente del primo, viene approvato a beneficio della Cozac con decreto n. 14923 del 17 ottobre 2003: la spesa ritenuta ammissibile nell’ambito del Pif “Suini” supera il milione e 100mila euro e la cooperativa guidata da Molinaro incassa 573.253,50 euro. Anche in questo caso sono previste tre tranche, le prime due incassate nel maggio e nel dicembre 2004, l’ultima il 6 dicembre del 2007. Succede però che l’8 febbraio del 2011 la Guardia di finanza di Paola trasmetta alla Regione Calabria i risultati dell’indagini svolte sulla Cozac, e dal dossier emergano «gravi irregolarità in ordine alla percezione di contributi comunitari». Nonostante l’ipotesi di reato (percezione indebita) sia ormai prescritta, le Fiamme Gialle trasmettono comunque alla Regione quanto accertato. L’arrivo del faldone pare abbia procurato non poche ansie a qualche inquilino degli uffici del dipartimento regionale Agricoltura, perché in quelle stesse stanze, oggi come allora, il presidente di Coldiretti Calabria imperversa.
La Regione (in silenzio) non può non correre ai ripari e il 18 aprile del 2011 comunica a Molinaro l’avvio del procedimento di revoca dei benefici ottenuti ed il recupero delle somme erogate. Anche in questo caso il ricorso presentato dalla cooperativa Cozac si rivela inutile per la Regione che mette nero su bianco le sue ragioni: «Viste le memorie difensive presentate dalla Cozac», e «ritenuto che le motivazioni (…) non risultano idonee ad inficiare il procedimento di revoca avviato», quelle somme devono essere recuperate e con decreto dell’11 agosto del 2011, firmato dall’allora dg del Dipartimento Giuseppe Zimbalatti, intima a Molinaro di restituire quanto illecitamente percepito. Nello stesso decreto con cui la Regione chiede indietro 1.124.072,92 euro si stabilisce anche che «il soggetto (Cozac) sarà sottoposto a controllo di affidabilità rispetto alla programmazione Psr Calabria 2007/2013». Il 13 febbraio del 2015 Molinaro presenta l’ultimo ricorso in ordine di tempo rivolgendosi al Tar della Calabria.
Anche in questo caso la vicenda suggerisce alcune domande. Può il presidente di un’organizzazione agricola che ha fatto della lotta alla contraffazione la propria cifra avere alle spalle una vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto in una tentata frode in commercio? Può il presidente di un’organizzazione agricola – sul cui capo pende ancora una richiesta di restituzione di contributi pubblici superiore al milione di euro – sedere ai tavoli regionali dove si discute del Piano di Sviluppo Rurale e si concordano, solo per fare un esempio, criteri di massima per l’assegnazione delle risorse comunitarie?
E infine: può il presidente Molinaro rivolgere qualsivoglia istanza, nella sua veste “sindacale”, alla Regione e al dipartimento Agricoltura sui nuovi fondi del Psr, quando per l’azienda di cui è legale rappresentante la stessa Regione ha disposto che si verifichi «l’affidabilità»?

www.agricolae.eu http://bit.ly/2dgmwUp

Qui di seguito Agricolae riporta i documenti di cui è venuta in possesso:

SENTENZA CASSAZIONE PENALE

RICORSO REGIONE CALABRIA IN RIASSUNZIONE

LETTERA MANIFESTAZIONE BRENNERO