«A Siderno senza i Commisso non fai il sindaco»

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Il pentito Giuseppe Costa ricostruisce 20 anni di ‘ndrangheta nella Locride

«A Siderno senza i Commisso non fai il sindaco»

Sando Figliomeni

di PASQUALE VIOLI

LOCRI – «Don Mico Tripodo è stato latitante a Siderno, dai Commisso».

Ci sono volute otto ore di udienza per sentire tutto quello che aveva da dire il pentito Giuseppe Costa, e per chiarire agli avvocati della difesa molti dei punti oscuri delle sue dichiarazioni.

Ieri davanti ai giudici del Tribunale di Locri nell’ambito del processo “Recupero” il collaboratore di giustizia, rispondendo alle domande del pubblico ministero Antonio De Bernardo, ha ricostruito una parte di storia della ‘ndrangheta della jonica, in particolare di Siderno, il paese in cui Giuseppe Costa è cresciuto e in cui dal 1987 al 1991 ha sfidato in una guerra di mafia la famiglia Commisso.

E’ partito da lontano Giuseppe Costa, dagli anni ’70, periodo in cui il boss Antonio Macrì comandava e aveva rapporti con Domenico Tripodo, capo della ‘ndrangheta di Reggio Calabria in faida con i De Stefano. Secondo il pentito che in video collegamento ha ripercorso un ventennio di vicende criminali a Siderno, don Mico Tripodo avrebbe trascorso un periodo di latitanza sulla jonica, appoggiato dai Commisso.

E dalle parole del collaboratore di giustizia è venuto fuori proprio quello che secondo lui sarebbe lo strapotere della famiglia sidernese, uno strapotere che ha portato Giuseppe Costa ad affermare che «a Siderno non è che uno si alza e può decidere di fare il sindaco, se non è appoggiato dalla ‘ndrangheta, dai Commisso il sindaco a Siderno non lo si fa». Poi ha riferito di omicidi, di errori fatti da lui e dai suoi fratelli, in quattro morti sotto i colpi della faida finita con una sconfitta totale della famiglia Costa. Dopo 23 anni di carcere Costa, che sconta l’ergastolo, ha deciso di collaborare.