Scoperto “ponte” della droga tra ‘ndrangheta e mafia Usa. Arrestato boss Francesco Ursino

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Scoperto “ponte” della droga tra ‘ndrangheta e mafia Usa.

Arrestato boss Francesco Ursino Polizia ed Fbi insieme nell’operazione “New Bridge”: 24 fermi, di cui sette a New York, una quarantina di indagati, per un traffico che coinvolge i mafiosi americani dei Gambino e le cosche della Calabria ionica degli Ursino e Simonetta. Droga, ma anche armi, dal Sudamerica al porto di Gioia Tauro, eroina esportata verso gli Usa. Fondamentali le informazioni di un infiltrato: “Jonny l’americano”

ROMA – La polizia italiana e l’Fbi fianco a fianco nell’operazione “New Bridge”, che ha smantellato il “ponte” eretto tra le due sponde dell’Atlantico dalle cosche della ‘ndrangheta e dalla mafia americana. Un sodalizio, quello intrecciato tra le cosche della Calabria ionica degli Ursino e dei Simonetta con la storica famiglia italo-americana dei Gambino, che avrebbe permesso alla criminalità organizzata di mettere in piedi un traffico internazionale di stupefacenti, ma anche di armi, di grandissime proporzioni, il tutto condito dal riciclaggio di denaro sporco.

Un piano sintomatico, tra l’altro, di come la ‘ndrangheta calabrese abbia assunto agli occhi di “the mob”, la mafia Usa, una credibilità tale da erodere il tradizionale e privilegiato legame con la mafia siciliana. Su quel legame, nel 2008, si concentrò l’operazione “Old Bridge”, con cui la polizia italiana e l’Fbi riuscirono a rompere le alleanze fra le più importanti famiglie mafiose palermitane, collegate al capo di “cosa nostra” Salvatore Lo Piccolo, e soggetti della famiglia Gambino di New York.

“New Bridge” è dunque il seguito di quella operazione, con i calabresi nuovi attori protagonisti. L’operazione, coordinata della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria, ha visto centinaia di uomini della Polizia e dell’Fbi impegnati per un bilancio di 24 fermati, di cui sette a New York, e una quarantina di indagati. Il procuratore aggiunto Nicola Gratteri è a New York e ha seguito l’operazione insieme al magistrato newyorkese Cristina Posa.

Gli arrestati di maggior spicco sono Francesco Ursino, ritenuto a capo dell’omonima cosca di Gioiosa Ionica e figlio del boss Antonio, già in carcere, e Giovani Morabito, detto “u’Scassaporti”, di Melito di Porto Salvo, 62 anni, nipote del boss Giuseppe detto “u’ tiradrittu”, storico padrino della cosca egemone nella zona ionico-reggina, anch’egli detenuto.

Gli altri 15 fermati in Italia sono Carlo Brillante, 51 anni di Montefalcone; Nicola Carrozza, di Marina di Gioiosa Ionica; Daniele Cavoto, 28 anni, Benevento; Domenico Geranio, Locri, 32 anni; Cosimo Ienco, nato a Monroe (Usa) 23 anni; Eugenio Ignelzi, nato a Montreal, Canada, 38 anni; Daniel Lacatus, nato in Romania, 40 anni; Cosimo Merando di Gioiosa Ionica di 82 anni; Andrea Memmolo, Benevento, 28 anni; Vincenzo Parrelli, di Locri, 43 anni; Carlo Piscioneri, di Marina di Gioiosa Ionica, 45 anni; Nicola Antonio Simonetta, Gioiosa Ionica, 65 anni; Antonio Francesco Tamburello, detto “Nick”, nato a Portanna, Trapani, 45 anni; Mario Ursino, di Gioiosa Ionica, 32 anni; Fracesco Vonella, nato a Catanzaro, 27 anni. Devono rispondere, a seconda delle posizioni, di traffico di droga, armi e delitti contro il patrimonio.

Negli Usa, invece, fermate sette persone di nazionalità americana. Sono Charles Centaro, riciclatore legato alla famiglia Gambino. Franco Lupoi, trafficante di droga legato ai Gambino e ‘aggancio’ con la famiglia Ursino in Italia. Charles Fasarakis, funzionario della Alma Bank di News York. Dominique Ali, riciclatore collegato ai Lupoi e alla famiglia Gambino. Alexander Chan, mediatore per gli acquisti di cocaina per conto dei Lupoi e del cartello sudamericano. Raffaele Valente, sodale di Lupoi legato ai Gambino, responsabile della costituzione del sodalizio mafioso in provincia di Benevento. Freddy, fornitore delle partite di eroina e mediatore per gli acquisti di cocaina con il cartello sudamericano. Loro rispondono del reato di riciclaggio.

Fondamentali le informazioni fornite da un infiltrato dell’Fbi, noto come “Jonny l’americano”. “Jonny” non era l’unico infiltrato, ma la sua azione è stata determinante. L’agente è riuscito a introdursi nel clan dei Gambino. Durante il periodo trascorso sotto copertura, tra luglio e agosto 2012, “Jonny” viaggiato tra New York e Reggio Calabria, dove ha preso contatti con esponenti della ‘ndrangheta. Rivelando infine l’esistenza della trattativa tra le cosche calabresi della costa ionica e la “cosa nostra” americana per il traffico internazionale di stupefacenti.

L’inchiesta “New Bridge” ha quindi evidenziato la capacità della ’ndrangheta ionica di muoversi “diplomaticamente” tra Italia, Stati Uniti, Canada, Centro e Sudamerica, in stretto contatto con famiglie mafiose americane e narcos sudamericani. L’attenzione si è concentrata su uno degli arrestati negli Usa, Franco Lupoi, italo-americano e vicino ai Gambino, accusato dalle procure antimafia di Reggio Calabria e di New York di aver seguito e favorito le trattative per l’apertura di un canale di traffico di cocaina fra il Sudamerica e il porto di Gioia Tauro.

Canale attraverso cui sarebbero dovuti transitare ingenti traffici di cocaina tra il Sudamerica e la Calabria. Partite per centinaia di chili di cocaina, ridotta allo stato liquido e sciolta in barattoli di cocco e ananas, che sarebbero giunte in Italia su container diretti a Gioia Tauro.

“Volevano costruire un ponte tra la Calabria e gli Stati Uniti, ma non si sono accorti che esisteva un ponte molto più forte e autorevole: quello tra le autorità italiane e americane, costruito in decenni di collaborazione”. Sono le parole con cui il procuratore federale di Brooklyn, Marshall Miller, commenta in conferenza stampa a Roma il “colpo al cuore della criminalità organizzata internazionale” inferto dall’operazione New Bridge.

Da New York, parlando con l’Ansa, il procuratore Gratteri esalta l’importanza di un’operazione “un’operazione con cui siamo riusciti a dimostrare, alcuna una volta, tutta la potenza della ‘ndrangheta a New York, tanto da essere in posizione dominante rispetto a cosa nostra”. “Cosa nostra – spiega Gratteri – comprava eroina dai calabresi, eroina proveniente dall’Afghanistan, via Turchia, Albania e quindi Italia. In questo momento c’è una ripresa del consumo di eroina sia perché si è abbassato il prezzo sia perché i talebani ne stanno producendo una quantità enorme”.

“Con i calabresi, poi, cosa nostra stava organizzando, in ‘joint venture’, importazioni di cocaina dagli Stati Uniti in Italia, anche con il concorso dei messicani, per cinquecento chilogrammi al mese”. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria certifica il ruolo “egemone per la ‘ndrangheta in questo traffico della famiglia Ursino di Gioiosa Ionica, che era interessata, tra l’altro, a riciclare 11 milioni di euro a New York”.

A Gratteri fa eco Raffaele Grassi, direttore del Servizio centrale operativo (Sco): la “gestione” del traffico internazione di droga ormai è appannaggio della ‘ndrangheta che, nel tempo, ha “sostituito cosa nostra nei rapporti” con i mafiosi oltreoceano e i narcos sudamericani.

L’inchiesta, aggiunge Grassi, “ci consente di affermare che la ‘ndrangheta è uscita dai propri territori d’origine e, oltre che infiltrarsi nel nord Italia e in Europa, cerca di conquistare spazi criminali sempre più ampi per allargare il proprio mercato illecito”. Dunque, se sei anni fa il “ponte” tra i mafiosi in Usa e le organizzazioni criminali in Italia era rappresentato dai clan palermitani, “oggi questo ponte è appannaggio della ‘ndrangheta” che stava lavorando per “esportare eroina in America e importare cocaina in Italia, attraverso i rapporti dei Gambino con i narcos”.

Conclude il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho: “Si è da sempre affermato che la ‘ndrangheta è la prima organizzazione criminale in Europa protagonista nel traffico internazionale di cocaina. L’inchiesta conclusa oggi, e partita nell’aprile del 2012, dimostra che il primato non è solo europeo ma mondiale, anche per quel che riguarda l’eroina”.