Minotauro: il processo contro l’ndrangheta partì da una lavanderia

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Minotauro: il processo contro l’ndrangheta partì da una lavanderia

L’inchiesta che ha portato al processo Minotauro è partita nel 2009 tenendo d’occhio una lavanderia calabrese. Questa apparteneva ad una famiglia malavitosa

Luigi Silipo

 15 gennaio 2013

Uno dei più grandi processi contro l’ndrangheta degli ultimi anni è iniziato tenendo d’occhio una lavanderia di Reggio Calabria. Lo ha spiegato questa mattina il capo della squadra mobile della Polizia, Luigi Silipo, a proposito del processo Minotauro che si sta svolgendo da diverse settimane all’interno di un bunker alle Vallette. Settantatré le persone imputate, mentre un’altra sessantina sono già stati condannati con rito abbreviato.

L’inchiesta che ha portato ad aprire il processo contro le infiltrazioni della malavita è iniziata nel maggio del 2009 quando Silipo era dirigente del commissariato di Siderno, la cittadina calabrese. Quest’ultimo ha raccontato che la lavanderia era riconducibile alla famiglia Commisso, una delle più potenti della ‘ndrangheta. Ecco il perché si iniziò a tenere sotto controllo quel locale.

L’influenza della famiglia Commisso, a detta del capo della squadra mobile, si registra anche in Lombardia, Liguria, Piemonte e anche in Australia e Canada.

Torino è entrata nell’indagine quando si sono menzionati nove ‘locali’ nelle intercettazioni telefoniche. Si è scoperto che gli esponenti delle bande torinesi facevano riferimento ai boss di Siderno. Il presunto capo del locale di Torino, chiese per esempio ai calabresi se era possibile formare nel capoluogo piemontese la cosiddetta ‘camera di controllo’, un organismo sovraterritoriale dell’organizzazione, già presente in Lombardia, per dirimere una controversia sorta a proposito di chi doveva comandare il locale di Rivoli.

Prima del capo della squadra mobile della Polizia, ha testimoniato un maresciallo dei Carabinieri. Quest’ultimo ha affermato che, concentrandosi sulle cosche attive di Volpano e dintorni, era stato scoperto che i proventi del racket dei videopoker e delle bische venivano impiegati per aiutare i detenuti.