Mafia, auguri ai giornalisti che la raccontano ogni giorno

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Mafia, auguri ai giornalisti che la raccontano ogni giorno

di Riccardo Orioles

Auguri ai miei amici giornalisti, specialmente i ragazzi.

Mi piacerebbe salutarli tutti ad uno ad uno, faccio solo due nomi ma valgono per tutti. Una è Ester Castano, milanese, ragazza. Ha passato un sacco di guai (sindaci, ‘ndranghetisti, carabinieri), quest’anno, per dire che là al suo paese la mafia c’è, ma c’è anche un bel po’ di brava gente che la combatte. L’altro è Arnaldo Capezzuto, napoletano verace, ormai sopra i quaranta ma col cuore di vent’anni fa. Licenziato, minacciato, emarginato dai giornali “importanti”, ed eccolo in prima fila a fare il cronista di strada, denunciando ogni giorno – nomi e cognomi, s’intende – la camorra. Sono dei Siciliani Giovani tutt’e due, la ragazzina e il veterano, e non credo che Giuseppe Fava sarebbe scontento di loro.

Non sarebbe scontento neppure di Sebastiano Gulisano, o di Pietro Orsatti, o di Fabio D’Urso. Sebastiano è uno dei “vecchi” dei Siciliani, cronista di mafia nella Sicilia di allora. Orsatti, “continentale”, la mafia l’ha scoperta in questi ultimi dieci anni ed è, a parer mio, una di quelli che l’hanna doscritta più in profondità. Fabio venne al giornale nell’84, poco dopo la morte del direttore: aveva quindici anni, a quei tempi, e ha attraversato tutti questi anni senza mollare mai. Tutt’e tre hanno in comune di essere – fisicamente – in miseria: uno non ha dove dormire, uno non sa se avrà casa fra un mese, il terzo campa facendo il muratore o il cameriere precario, quando può. Tutt’e tre sono colleghi giornalisti, fra i migliori e i più seri che abbiamo conosciuto – e ne abbiamo conosciuti abbastanza di giornalisti, in trent’anni di mestiere.
Sono – vien da pensare nei momenti di depressione – il futuro di Ester e Arnaldo, ciò che il sistema italiano ha già messo da parte anche per loro. Far paura ai mafiosi, e non avere una casa. O forse sono il loro modello, quello che anche essi diventeranno se riusciranno a tener duro tanto a lundo. “Dulce et decorum” oggi funziona così.

Spero che non restino soli, i miei compagni di lotta, ma non ci credo. L’Italia di Berlusconi, che tuttora è la stessa, non prevede la loro sopravvivenza. Solo fra noi compagni, con le nostre misere solidarietà, la solitudine trova una luce. Il resto è buio uniforme, come nella Russia di Putin o nell’Italia di Mussolini.
Forza Ester, forza Arnaldo, coraggio Pietro e Fabio e Sebastiano e tutti gli altri. Avanti col nostro giornale, precario come tutti noi. Eppure, siamo ancora qua.

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