Certezza della pena e carceri inutilizzate-L’indulto non serve

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Certezza della pena e carceri inutilizzate, l’indulto non serve

Napolitano pensa a sconti di pena per il sovraffollamento, ma le vittime vogliono giustizia

28/9/12
Solo il Partito Radicale porta avanti costantemente e da anni la sua battaglia, il resto della politica ne parla a giorni alterni, ma il problema del sovraffollamento delle carceri rimane tuttora di scottante attualità. Ultimo a riportarlo in auge è stato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha dichiarato la necessità di introdurre misure alternative alla detenzione, per sgomberare i penitenziari dai loro numerosi inquilini.


Misure già proposte numerose volte dai sodali di Pannella e realizzate con l’indulto del 2006 promosso dal governo Prodi. Dal 1942 in Italia tale soluzione è stata messa in atto dai vari governi 25 volte, per risolvere problemi di sovraffollamento, ideologici (la cosiddetta “amnistia Togliatti”) e anche a volte per ottenere il consenso elettorale dei parenti dei detenuti.
Tuttavia l’introduzione di tale provvedimento minerebbe un principio fondamentale del diritto, che già nel nostro paese arranca a dir poco, quello della certezza della pena, lo stesso che citava Cesare Beccaria nel suo “Dei delitti e delle pene” di cui era elemento fondante, e il migliore deterrente a commettere crimini, contrapposto alla pena di morte. Qualcosa di sorprendente in un paese dove – fuor di populismo e demagogia – criminali incalliti ottengono dopo pochi anni dietro le sbarre sconti di pena, libertà vigilata o condizionale, possibilità di lavorare fuori dal carcere. Spesso commettono di nuovo i crimini per i quali sono stati incarcerati, e allora l’opinione pubblica leva gli scudi e starnazza il coro “si sapeva che era un tipo pericoloso, doveva rimanere dentro”.
In molti italiani si meravigliarono che al barbaro killer Anders Breivik, che uccise giovani e piazzò una bomba ad Oslo in Norvegia siano stati dati solo 21 anni di carcere, il massimo della pena prevista dal codice penale del paese scandinavo. Molti imprudenti gridavano alla pena di morte, o decantavano le italiche virtù commentando “almeno da noi c’è l’ergastolo”. Ma al di là della necessità rieducativa della pena, c’è da essere sicuri che Breivik dentro al suo penitenziario, per quanto comodo e bello, ci starà fino all’ultimo giorno di questi 21 anni e forse, se sarà ritenuto ancora un pericolo, oltre. In Italia Biagio Izzo, il mostro del Circeo, venne condannato all’ergastolo nel 1976, con tre tentativi di evasione da Latina, Paliano ed Alessandria, dove riuscì ad arrivare fino a Parigi prima di venire catturato. Izzo nel 2004 ottenne la possibilità di lavorare fuori dal carcere in regime di semilibertà, e ne approfittò per uccidere Maria Carmela e Valentina Maiorano, moglie e figlia di Giovanni, affiliato alla Sacra Corona Unita che Izzo conobbe in carcere. Se a fronte dei delitti efferati compiuti dal detenuto in gioventù Izzo avesse avuto la certezza di scontare la sua pena fino in fondo, non avrebbe ucciso di nuovo.
Il problema del sovraffollamento delle carceri, in condizioni disumane e con un’angustia di spazi che può essere definita una vera e propria tortura, è sempre più impellente, e sempre più difficile da risolvere in un periodo di crisi economica, in cui gli investimenti per le infrastrutture sono ai minimi storici. Basterebbe però utilizzare le cento carceri inutilizzate presenti sul suolo nazionale, come racconta in un articolo del 18 gennaio sul Fatto Quotidiano Andrea Postiglione. Se venissero messe a nuovo queste strutture spesso fatiscenti, ma a volte anche appena costruite e deserte, le vittime dei crimini potrebbero avere giustizia e i detenuti scontare la loro pena, tutta, in spazi adeguati a degli esseri umani e non in stalle sovraffollate e maleodoranti come quelle attuali.

Stefano Basilico