Congiusta e la memoria

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Congiusta e la memoria

Gianluca Congiusta (una delle tante vittime innocenti, degli uomini del disonore dela Calabria)

Le parole che il potere ecclesiastico pronuncia a Polsi si fanno sempre più imbarazzanti, tanto esso si mostra acquiescente di fronte ai mafiosi, amorevole e sensibile nei loro confronti, per niente fermo nel richiamarli alle loro responsabilità. Quest’anno, vista l’omelia del vescovo Morosini, la diocesi di Locri-Gerace è sembrata addirittura essere in grado di rivolgersi solo agli ‘ndranghetisti e preoccuparsi esclusivamente del destino di chi continuamente e pesantemente delinque.

A dircelo è stato il sussulto di Mario Congiusta, papà di Gianluca barbaramente ucciso dalla ‘ndrangheta il 24 maggio del 2005, come egli firma la sua lettera a il Quotidiano della Calabria.

In essa, ad una Chiesa “tiepida” ( Oh, fossi almeno o freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, cioè né freddo né caldo, io sto per vomitarti dalla mia bocca ), ma credo anche alle istituzioni ed alla pubblica opinione, a chiunque perdoni ed assolva i crimini più terribili senza prima aver bollato come illegale l’agire dei colpevoli e aver preteso la giusta pena, questo padre ricorda in maniera imperiosa e dolente, scevra di tentennamenti, l’esistenza di una Calabria brutalmente sconvolta dalla mafia, una Calabria in nome della quale si dovrebbe avere vergogna a concedere remissioni e a non chiedere innanzitutto giustizia e risarcimento per le vittime, i cui diritti sono stati conculcati dagli ‘ndranghetisti con un disegno di dominio del territorio e delle vite di chi lo abita perseguito con lucidità.

Dalle nostre parti troppi dimenticano spesso che la ‘ndrangheta, avanti ogni cosa, ha rilevanti debiti con la giustizia ( con quella terrena sicuramente! ) e davvero si civetta pericolosamente con la criminalità organizzata quando si afferma, come fa Morosini, che “la Chiesa annuncia il perdono anche per i mafiosi”, che “non ci faremo intimorire dalla stampa che aspetta da noi sacerdoti parole di disprezzo” e che “noi queste parole non le diremo mai, ma chiameremo a conversione tutti”.

Mario Congiusta al vescovo che “si arroga il diritto” di concedere il perdono “essendogli sufficiente la garanzia di una conversione del cuore” ribatte che, se interpreta correttamente l’omelia, gli resta “solo la scelta di non frequentare più le Chiese della Locride” e che andrà invece ogni anno a Pietra Cappa sul “Sentiero della memoria”, il luogo in cui “sono stati ritrovati i resti di Lollò Cartisano, forse ucciso da chi a Polsi per anni si è recato a piedi o magari in ginocchio”.

La perdita della memoria è in verità una sventura e fa piombare nella barbarie. Nella lingua italiana si usa sovente il verbo ricordare in maniera generica e non si tiene conto della sua ricchezza e varietà di significato. I latini, invece, con precisione distinguevano il ricordo personale ( memini ), il richiamare alla memoria altrui ( memoro ), il richiamo alla memoria di altri ammonendo ( admoneo ). Che bellissima gradazione di senso, quasi un’accezione generasse la successiva in un musicale e naturale crescendo, si rinviene in una lingua! Ecco, a me pare che Congiusta voglia non solo personalmente ricordare, ma anche richiamare alla memoria altrui e ammonire. Ammonire facendo pensare qualcuno mediante il rammentargli qualcosa: di fronte alla complessità, alla funzione civile ed al valore di testimonianza che il drammatico ricordo-monito di questo padre contiene, dovrebbero vergognarsi la Chiesa tiepida e l’autorità civile che non risponde alle richieste legittime di giustizia.

Altre famiglie di vittime hanno deciso di far diventare memoria collettiva la loro sofferenza privata e vanno in giro a scuotere gli increduli, a disturbare chi vuole stare in pace, ad ammonire ed esortare, ad impedire che si dimentichi, in un processo incessante e senza tregua di osservazione e narrazione del proprio dolore, che penso sia faticosissimo, perché il parlare della pena comporta un aspro rinnovarla e tenerla viva dentro di sé.

Nel leggere la lettera di austero rimprovero e monito di Mario Congiusta, per sempre papà di Gianluca barbaramente ucciso dalla ‘ndrangheta il 24 maggio del 2005, mi sono sentita in colpa per le volte in cui, in maniera ingenerosa, scordo che non tutto in questa regione è da avvertirsi come ostile od estraneo. Esistono, infatti, persone di nobile dignità che sanno portare un rivoluzionario dis-ordine nel senso comune e nell’ordine da molti supinamente e acriticamente accettato. Camminano per gli impervi sentieri della Calabria ed è accanto a tali viandanti che bisogna mettersi, per farli sentire più forti e perché da questa vicinanza e da questa laica processione riceviamo conforto noi, i molti che in vario modo siamo pure vittime degli svariati poteri (il)legali e protervi.

 

fonte:

Abitare in Calabria