‘Ndrangheta, in carcere giudice calabrese blitz da Milano a Reggio

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‘Ndrangheta, in carcere giudice calabrese
blitz da Milano a Reggio, decine di arresti

Il magistrato Vincenzo Giglio è accusato di corruzione e favoreggiamento personale di un esponente del clan Lampada, con l’aggravante di aver commesso i reati “al fine di agevolare le attività” dell’associazione mafiosa. In manette anche il consigliere regionale Francesco Morelli e l’avvocato Vincenzo Minasi

'Ndrangheta, in carcere giudice calabrese blitz da Milano a Reggio, decine di arresti

Il giudice Vincenzo Giglio

MILANO – Un magistrato, un politico, un avvocato, un medico e un maresciallo della Guardia di finanza sono stati arrestati in Calabria per ordine della procura di Milano. Il maxiblitz contro la zona grigia della ‘ndrangheta è partito da Milano per arrivare a Reggio Calabria. Si tratta dell’operazione “Infinito” scattata questa mattina contro affiliati alla famiglia Valle-Lampada, ma anche contro una serie di professionisti che li aiutavano con i propri servigi. Gli ordini di arresto, chiesti dal pool del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e firmati dal gip Giuseppe Gennari, sono in tutto dieci, nove di custodia cautelare e uno, per Maria Valle (moglie di un presunto boss), di arresti ai domicialiari.

La Dda ha fatto scattare le manette per il giudice del Tribunale di Reggio Calabria Giuseppe Vincenzo Giglio, presidente anche di Corte d’Assise, esponente della corrente di sinistra di ‘Magistratura democratica’ e docente di diritto penale alla scuola di specializzazione di Reggio, accusato di reato di corruzione e di favoreggiamento personale di un esponente del clan Lampada, con l’aggravante di aver commesso questi reati “al fine di agevolare le attività” della ‘ndrangheta. Il giudice sarebbe stato corrotto favorendo la carriera della moglie Alessandra Sarlo, dirigente della provincia diventata commissario straordinario della Asl di Vibo Valentia poi inquisita per mafia.

Un secondo magistrato, Giancarlo Giusti, di Palmi (Reggio Calabria), è stato perquisito. Dal 20 settembre scorso Giusti è stato applicato alla sezione penale dal presidente del Tribunale Mariagrazia Arena. Nel novembre del 2009, insieme a una quarantina di magistrati e giudici, tra i quali Vincenzo Giglio, il presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, risulta tra i firmatari di un appello lanciato da Libera contro l’ipotesi, all’epoca in discussione in Parlamento, che i beni confiscati potessero essere messi in vendita. Giusti sarebbe stato corrotto con una serie di viaggi e soggiorni a Milano pagati dall’associazione con l’utilizzo di una ventina di escort diverse. Gli inquirenti stanno cercando di capire che cosa il giudice avrebbe dato in cambio al boss Giulio Giuseppe Lampada.

L’inchiesta milanese è stata coordinata da Ilda Boccassini e stamattina è stato arrestato l’avvocato del Foro di Palmi Vincenzo Minasi, che ha lo studio a Como e Milano ed è stato difensore, fra gli altri, di Maria Valle, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d’ufficio e intestazione fittizia di beni. In carcere anche Francesco Morelli, componente del consiglio regionale della Calabria, eletto nella lista “Pdl-Berlusconi per Scopelliti”, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d’ufficio e corruzione. Morelli è presidente della II Commissione, che si occupa di “Bilancio, programmazione economica ed attività produttive”.

“Fateci leggere le carte. Dateci la possibilità di leggere qualcosa. Ancora non abbiamo nessuna notizia”, ha detto il presidente della Regione Calabria in merito all’arresto del consigliere regionale Franco Morelli, del Pdl, nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano. Questa mattina Scopelliti era a Lamezia Terme, per una conferenza stampa sul patto di stabilità regionale.

Nell’operazione è finito in carcere anche un medico di Reggio, Vincenzo Giglio, cugino del magistrato di Reggio Calabria, avrebbe appoggiato la campagna elettorale di Leonardo Valle, arrestato oggi per associazione mafiosa, che si era candidato in un comune dell’hinterland milanese, senza poi essere eletto. In manette anche il maresciallo della Guardia di finanza, Luigi Mongelli accusato di corruzione. Arrestati anche i presunti boss di clan calabresi, Francesco e Giulio Lampada, Raffaele Fermigno e Leonardo Valle. Inoltre sono stati fermati tre presunti affiliati alla ‘ndrangheta, Gesuele Misale, Alfonso Rinaldi e Domenico Nasso. Misale è accusato di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, Nasso di associazione mafiosa e Rinaldi di intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose. I fermi sono stati eseguiti dalle Squadre mobili di Reggio Calabria e di Milano. Su disposizione della Dda di Reggio Calabria sono stati perquisiti, inoltre, gli studi degli avvocati Francesco Cardone, del Foro di Palmi, e Giovanni Marafioti, del Foro di Vibo Valentia, indagati nella stessa inchiesta.

La Dda di Milano e il gip milanese hanno individuato la competenza territoriale della magistratura milanese per queste indagini perchè il reato al centro dell’inchiesta è quello di associazione mafiosa che riguarda il clan Valle, reato che attira anche gli altri reati ‘satellite’.

La cosca dei Valle
. Usura ai videopoker,agganci con il mondo della politica: sono questi gli ‘interessi’ della cosca della ‘ndrangheta dei Valle, strettamente legata a quella dei Lampada, e con base tra Milano e Pavia, documentati nelle ultime indagini della Dda di Milano che nei mesi scorsi hanno portato prima in carcere e poi a processo il ‘patriarca’ del clan Francesco Valle, 73 anni, e alla condanna, tra gli altri, del figlio del boss, Carmine Valle. L’operazione contro i presunti affiliati alla cosca dei Valle, scattata il primo luglio 2010 , era stata una sorta di ‘assaggio’ del maxi-blitz coordinato dalla Dda milanese, guidata dall’aggiunto Ilda Boccassini, che alcuni giorni dopo, il 13 luglio, aveva fatto ‘piazza pulita’ delle infiltrazioni della mafia calbrese in Lombardia.

Oltre 170 arresti che, il 19 novembre scorso, si sono ‘trasformati’ in 110 condanne fino a 16 anni di reclusione, una sentenza storica che ha riconosciuto l’esistenza di una ‘cupola’ della ‘ndrangheta al nord. Il processo a Francesco Valle, e a altri due dei suoi figli, Fortunato e Angela, è ancora in corso a Milano e dovrebbe concludersi il prossimo anno, mentre lo scorso settembre si è concluso in abbreviato con condanne fino a 10 anni e mezzo di carcere il giudizio in abbreviato per Carmine Valle e altri quattro. Nell’ambito del blitz del luglio 2010 contro la cosca, su ordinanza sempre firmata dal gip Giuseppe Gennari – giudice anche nell’inchiesta che oggi ha portato a 10 arresti – era stato arrestato anche Francesco Lampada, raggiunto stamani da una nuova misura cautelare.

Dalle indagini però era emerso anche il ruolo di Giulio Giuseppe Lampada, fratello di Francesco e finito oggi in carcere, ritenuto dagli inquirenti una sorta di ‘braccio politico-imprenditoriale’ dei Valle, attivo nel settore delle slot-machine e dei videopoker sparsi per numerosi bar di Milano. Il legame tra i Valle e i Lampada sta anche nel fatto che Maria Valle (da oggi ai domiciliari), la giovane figlia del ‘patriarca’ Francesco, è sposata con Francesco Lampada. Il presunto e anziano capo-clan, che aveva messo in piedi negli anni un giro di racket e usura che ‘strozzava’ decine di piccoli imprenditori lombardi (dai quali non è mai arrivata alcuna denuncia), viveva in una specie di ‘quartier generale’: un ristorante-masseria nella zona sud-ovest di Milano, al confine con Pavia. Con tanto di telecamere e impianti d’allarme per garantire la sua sicurezza.

Dalle indagini era emerso che il clan avrebbe anche ottenuto le licenze per aprire “un mini casino”, una discoteca e anche attività di ristorazione” nel comune di Pero (Milano) nell’ambito di un progetto di riqualificazione di quelle aree “in virtù del prossimo Expo”, grazie “all’interessamento” dell’assessore comunale di Pero, Davide Valia. “Ma chi è quello che ti spiana la strada, il tuo padrino politico? Chi è il politico?”: così poi Fortunato Valle si era rivolto all’epoca, intercettato al telefono, a un altro degli arrestati, Riccardo Cusenza, imprenditore che stava cercando di essere eletto nel 2009 alle elezioni amministrative del Comune di Cormano, nel capoluogo lombardo.