Diario dal campo di lavoro sui terreni confiscati alle mafie- 4° giorno

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Diario dal campo di lavoro e di studio sui terreni confiscati alle mafie



4° giorno

22.7.11  di Giovanna Arcolaci

SENTIERI DELLA MEMORIA – Pietra Cappa – Aspromonte

Pietra Cappa

 

Come la racconti una giornata come questa…

Oggi siamo saliti sull’Aspromonte, siamo andati a pietra cappa, dove sono stati ritrovati i resti di Lollò Cartisano, ultimo sequestrato della ‘ndrangheta.

Per arrivarci siamo passati in mezzo a San Luca, con la bandiera di Libera che sventolava dal finestrino del furgone, e quel silenzio irreale di questo Paesino che , come riflettevamo l’altra mattina, nulla ostenta della ricchezza delle persone mafiose (ce ne sono molte ci dicono, ma non tutti ovviamente sono mafiosi)che lo abitano. E’ fatto di case di pietra, piccole, in perfetto stile “non finito jonico”, tutte vicine, con i nomi delle strade scritti col pennarello direttamente sui muri, e di campi arsi dal sole in cui crescono pomodori e capre… dà insomma un immagine di grande povertà.

Si nasconde anche così la mafia.

E’ difficile da raggiungere, arroccato i piedi dell’ Aspromonte.

E gode di una vista sulla vallata incredibile. Viene quasi da pensare che non sia giusto.

Salendo col furgoncino vediamo che su un muro di pietre che delimita una proprietà c’è, fissata con dei sassi, un immagine della Vergine Maria.

E mi viene in mente la storia che ci raccontava ieri qualcuno sul fatto che San Michele è il protettore della polizia, ma è anche il Santo scelto dagli ‘ndranghetisti come simbolo e riferimento… l’anno scorso il capo della polizia ha voluto che San Michele, patrono del corpo della Polizia, venisse festeggiato proprio a San Luca, santuario dei summit della ‘ndragheta. Così il giorno di San Michele, la roccaforte della Mafia nella Locride era piena di sbirri ci dicono. Sarebbe stato da vedere.

Pochi negozi, le insegne che vediamo passando sono anche quelle scritte con la vernice, Barbiere, Alimentari…

Eravamo in tantissimi, gruppi provenienti dai campi di Libera, scout, ragazzi e suore della Valle del Marro, forze dell’ordine, fotografi, giornalisti, persone di Bovalino e Di San Luca, Don Ciotti… insieme a noi hanno camminato alcuni familiari delle vittime di ‘ndrangheta.


Lungo il percorso abbiamo fatto alcune tappe per ricordare i morti di queste famiglie, che ci hanno regalato il loro racconto e hanno condiviso con noi la loro emozione.



Abbiamo ricordato Rocco Gatto, Giuseppe Tizian, Gianluca Congiusta, Celestino Fava, Vincenzo Grasso, Lollò Cartisano e tutte le vittime innocenti delle mafie.

La partenza della lunga marcia

Il figlio di Tizian ci ha raccontato cosa voglia dire a 7 anni vedersi uccidere un padre, ci ha raccontato del dolore, del bisogno di dimenticare, di andarsene… ha detto “ad un certo punto ci è sembrato che questa terra volesse vomitarci, e noi ci siamo fatti vomitare, siamo andati via..” , ci ha poi raccontato invece la rabbia e la voglia di riscatto, di giustizia. Ci ha detto che ad un certo punto, dopo anni, lui e sua madre hanno cominciato a raccontarsi Giuseppe, a ricordarlo ed a raccontare la sua storia a tutti, perché bisogna alzare la testa. Non ha ancora avuto giustizia questa famiglia… le parole di questo ragazzo sono strazianti. Sono in qualche modo sensazioni vissute…



Continuiamo a camminare insieme, si parla con tutti, ci si aiuta, si ride e si riflette in silenzio… intorno abbiamo l’ Aspromonte che è un paradiso terrestre… tanto duro ed impervio da risalire, quanto capace di ripagarti con paesaggi straordinari.

Mario Congiusta invece ci dice subito che non ha intenzione di suscitare pietà, non è di pacche sulle spalle ciò di cui ha bisogno ci spiega, ma di persone che combattano insieme ai familiari delle vittime la loro lotta. Vuole trasmetterci la sua rabbia, perché questa diventi motivo per noi per trasformare quest’esperienza ed il ricordo di suo figlio Gianluca in azioni concrete. Dice che dobbiamo pretendere dallo Stato che si diano gli strumenti a questa terra per alzare la testa e fare giustizia per tutte quelle famiglie che non hanno avuto giustizia. Dice che qui, in Calabria, non servono eserciti, ma magistrati. Ci racconta poi dell’incontro che lui ed altri familiari di vittime di mafia hanno avuto con alcuni detenuti di Opera, ci racconta la difficoltà di affrontare il “dopo” , dice che quando la mafia uccide qualcuno non sta solo eliminando una persona ma sta uccidendo tutta la famiglia di quella persona, ci racconta che per queste famiglie niente sarà mai più come prima. “Fine pena mai”. Così descrive il loro dolore… e qualcosa dentro ti si rompe, hai uno squarcio di quale possa essere il suo, il loro dolore.

E vorresti abbracciarlo e pregare che quel bellissimo sorriso che riesce sempre ad avere ed a regalare a tutti non lo abbandoni mai, nemmeno nei momenti più difficili.



I genitori di Celestino Fava si scusano con noi, dicono che non sono molto bravi a parlare, sono persone umili e con un cuore grandissimo. Hanno parlato con tutti durante il percorso, anche il signor Fava ci regala sorrisi di una dolcezza incredibile… Mentre ci parlano di Celestino ci sediamo tutti intorno a loro, quasi come ad abbracciarli. Mentre parla ci fa vedere la foto di suo figlio, aveva 22 anni quando glielo hanno strappato. Il Sig Fava si commuove nel raccontarci la storia di suo figlio, ucciso perché testimone di un delitto. Ha però la forza di dirci che dobbiamo mantenere la retta via, e non andare “con quelli”, a non frequentarli che non ci possono dare nulla… ci parla come un padre. E’ impossibile non volergli bene.



Per arrivare al posto in cui sono stati ritrovati i resti di Lollò Cartisano dobbiamo arrampicarci su per la montagna, è molto dura, alcune rocce sono appuntite, altre rotolano sotto i piedi, in alcuni punti la terra frana sotto le suole ed in altri i rovi si impigliano nei vestiti… sento qualcuno dire che l’ Aspromonte ci vuole trattenere. Ed è proprio questa la sensazione che da. Nel frattempo però la vista è sempre quella meravigliosa della pietra cappa che ora è vicinissima, subito sopra di noi, e si sente un profumo intensissimo di erbe aromatiche…mentuccia, origano…


Ci addentriamo in un bosco, ai lati del sentiero gli alberi sono fitti e le radici si intrecciano in complicati ed affascinanti grovigli… viene da pensare a Lollò, a cosa deve aver provato quando lo hanno trascinato fin quassù dopo il suo rapimento… io avrei pensato che sarebbe stato impossibile ritrovarmi lì in mezzo, forse ha avuto paura… ma è morto con la testa alta Lollò, lui aveva detto di no, no alla ‘ndrangheta ed al pizzo.

Era un fotografo, sua figlia ci racconta che gli piaceva portare i suoi amici del Nord in quel posto, a pietra cappa, per mostrargli la bellezza dell’ Aspromonte… oggi Debora fa lo stesso con noi.

Arrivati alla fine del percorso troviamo un area piccola e rotonda recintata in mezzo agli alberi sempre più fitti. Al centro c’è una croce con la foto ed il nome di Lollò Cartisano. Solo la data di nascita.

Sua figlia ci racconta che hanno potuto ritrovare il corpo di suo papà solo dopo 10 anni, grazie alla lettera di un pentito che chiedeva di essere perdonato ed aveva lasciato dei segni sugli alberi, una specie di percorso da seguire per arrivare al punto in cui avevano sepolto Lollò.


Il poliziotto che l’ha ritrovato racconta di aver scavato a mani nude perché non aveva altro, e dice che quando ha visto i resti era in ginocchio e ha pregato. Era molto emozionato oggi… ha camminato insieme a noi anche lui.

Debora Cartisano ci chiede di considerare quel luogo come un luogo di vita, non di morte, ci dice che Lollò è morto per renderci tutti un po’ più liberi, e che dobbiamo portare avanti la sua battaglia. Sembra una donna molto fiera, e forte… l’immagine di una leonessa, che sa essere dolce ma anche fortissima.

Ci ha raggiunti sul posto Don Ciotti, era la prima volta che lo vedevo, è arrivato con molta semplicità, salutando e dando ad ognuno di noi una stretta di mano, forte, sicura…


Volevamo celebrare la messa li, il vangelo lo abbiamo trovato nello zaino di una signora ma nessuno si era portato il vino…

Allora abbiamo semplicemente riflettuto insieme, sul ruolo dei familiari delle vittime, Don Ciotti ha detto che Mimma, la moglie di Cartisano, è la Maddalena, che Lollò è risorto e vive nelle nostre azioni, nel nostro essere presenti qui in Calabria ma anche nei nostri territori per la lotta alla mafia.


Leggiamo poi un brano di Sant’ Agostino che dice che la speranza ha due figli, la rabbia del vedere come vanno le cose, ed il coraggio di vedere come potrebbero andare.

Ci chiede di avere coraggio Don Ciotti, di far si che la speranza diventi cambiamento, che ci assumiamo la nostra parte di responsabilità…

Ci dice anche che la lotta alla mafia va combattuta non a San Luca, o nella Locride, ma a Roma. Che questo Stato deve decidere di sconfiggerla la Mafia, ed agire di conseguenza.

E’ un momento molto emozionante, Don Luigi ha un energia incredibile, sembra davvero un pilastro che potrebbe reggerci tutti…. Al ritorno lo vedo correre a perdifiato lungo il sentiero. Perché gli andava mi dicono… avreste dovuto vederlo per rendervi conto J

Ritorniamo da questa giornata con un bagaglio di emozioni grandissimo.

Sicuramente saranno semi che germoglieranno presto o tardi in ognuno di noi…

Questa sera siamo tornati a Bovalino, per la conclusione di questa bellissima giornata.

Viene presentato un fumetto che racconta la vita di Lollò Cartisano, e assegnato il premio per un concorso fotografico che racconta la mafia nelle diverse regioni d’ Italia.

Il 3 posto è andato ad una foto sul quartiere gratosoglio di Milano, dove peraltro ho cissuti i primi anni della mia vita, il secondo ad una foto scattata alle Zen 2 di Palermo ed il primo posto ad una foto di un emigrato che scappa da un CIE.

Riflettiamo ancora sul tema della mafia, sulle motivazioni che ci portano al lavorare nell’antimafia.

Francesco Rigitano ci racconta la sua bellissima esperienza, l’inizio della sua missione al Don Milani, e gli incontri che gli hanno cambiato la vita e lo hanno avvicinato al mondo dell’antimafia, quello con Debora Cartisano che decide che la casa al mare di suo padre, rimasta chiusa dal suo sequestro, doveva essere usata dai bambini del Don Milani per i campi estivi, e quello con Don Ciotti. Ci dice che davanti alla mafia uno deve scegliere da quale parte stare.

Anche questa è una serata ricca di spunti di riflessione… tutti ci auguriamo che la Calabria e l’Italia in generale possano alzare la testa, e dire no. Dobbiamo riprenderci la nostra dignità, troppo a lungo calpestata.

Don Ciotti chiede al mondo politico di far un passo indietro sulla legge antimafia, che approvata così com’è rischierebbe di vanificare tutto il lavoro svolto. Dice che abbiamo bisogno di leggi che si “vedano”  e non che si sentano e basta, di leggi che si trasformino in azioni.

Torno a casa questa sera convinta di aver ricevuto “la pedata di Dio” di cui Don Ciotti parla… tutto questo non può rimanere solo un diario, dovrà diventare qualcosa di concreto.

Appena rientrata a Milano inizierò a lavorarci, ho già un paio di idee…

…….

…dedico la mia marcia a Gianluca

…al mio amico Fortunato La Rosa

con l’augurio che i suoi assassini siano presto assicurati alla Giustizia

ed a tutte le Vittime innocenti della ‘ndrangheta