Processo Congiusta. Sul banco dei testimoni Trichilo e Di Giovanni

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Processo Congiusta. Sul banco dei testimoni  Giuliana Trichilo e Di Giovanni

LOCRI (RC) Detenuti grafomani e vecchie fiamme che riappaiono; nell’udienza fiume del dibattimento in Corte d’Assise a Locri per l’omicidio dell’imprenditore sidernese Gianluca Congiusta, non sono mancati i colpi di scena. E per l’ennesima volta in questo processo, a riemergere dalle pieghe di una memoria dolorosa, c’è la storia amara di una passione confinata dietro le quinte morali di una società immobile.

Giuliana Trichilo siede sul banco dei testimoni con grande dignità; racconta della sua storia d’amore con Gianluca Congiusta, dei sotterfugi per tenere nascosta la loro passione esplosa in una giornata estiva sul lungomare di Siderno; racconta del dolore insopportabile per la morte violenta dell’amante e della disperazione per non potersi sfogare con nessuno a causa di un rapporto condiviso dalla segretezza.

«Ho conosciuto Gianluca per caso, grazie ad amici comuni. Ci siamo piaciuti subito. Ci vedevamo di nascosto dice la teste al presidente Bruno Muscolo – e nessuno sapeva della nostra relazione. Io scoprii che Luca era fidanzato solo dopo i nostri primi incontri. Ma non mi importava, io non pretendevo nulla da lui, e anche se siamo  stati assieme più di quattro anni, non ho mai tentato di interferire con la sua vita. Cosa che d’altronde faceva anche Gianluca».

Frammenti di una storia nascosta, ma mai dimenticata, che riemergono nella deposizione della Trichilo con lucida precisione. «Ho sentito Gianluca per l’ultima volta un paio di giorni prima del suo omicidio. Ci eravamo visti all’inizio di maggio e lui sembrava diverso.

Ho pensato che volesse lasciarmi, ma lui mi aveva tranquillizzata dicendo che il suo cambio d’umore fosse dovuto a problemi esterni a noi due, ma non mi spiegò mai quali fossero. Era un uomo molto discreto e non parlava mai delle sue cose.

Personalmente ho sempre pensato che il killer abbia sbagliato persona, Gianluca era buono, tutti gli volevano bene.

Non mi spiego perché lo abbiano ucciso».

Un’udienza terribile nella sua normalità provinciale, che ha avuto come epilogo l’abbraccio liberatorio tra la stessa Trichilo e Roberta Congiusta, sorella di Gianluca, per un risarcimento morale tra due donne che hanno vissuto la stessa, dolorosa, esperienza, senza potersi almeno fino a ieri, confortare a vicenda.

Ma appena il banco dei testimoni è occupato da Gianluca DiGiovanni – l’uomo detenuto nel carcere di Udine per estorsione e usura che sostiene di avere avuto una lunga e regolare corrispondenza epistolare con la vittima – l’ambiente plumbeo dello stanzone del tribunale di Locri cambia radicalmente, lasciando spazio ad una sorta di commedia dell’assurdo che si è protratta fino a pomeriggio inoltrato. Nella deposizione di DiGiovanni c’è tutto e il contrario di tutto. C’è un fantomatico conto corrente svizzero da utilizzare per costruire un centro d’aggregazione giovanile a Siderno – conto di cui, però, il teste non ricorda gli altri intestatari – e ci sono le presunte minacce subite in cella dove «le regole sono spietate », affinché tenga la bocca chiusa sul conto estero. Una deposizione a ruota libera, che crolla però in sede di contro interrogatorio, quando pressato dalle domande del Pm De Bernardo, il testimone cambia diverse volte versione, fino ad ammettere che dalle perquisizioni subite in carcere – dove era soggetto a censura della posta – nemmeno una di queste lettere scambiate con Gianluca, stata rinvenuta.

VINCENZO IMPERITURA

regione@calabriaora.it

Il commento del papà di Gianluca

Una donna fiera e con una grande dignità. Una donna che ha amato veramente Gianluca e che sono felice di aver abbracciato.

Mario Congiusta