Processo Congiusta, in aula la sofferenza di una mamma che ha perso il figlio

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Processo Congiusta, in aula la sofferenza di una mamma che ha perso il figlio

Ucciso per una lettera

Catalano: “Le donne non c’entrano”

Donatella e Gianluca Congiusta

LOCRI – Lo sguardo mai rivolto verso chi la interrogava. L’accenno di un sorriso ogni volta che ricordava suo figlio Gianluca: “a Luca volevano tutti bene, solo chi lo ha ucciso non gli voleva bene”.

 

Sono le parole pronunciate ieri da Donatella Catalano, madre di Gianluca Congiusta, interrogata nel processo che vede imputati Tommaso Costa e Giuseppe Curcialrello per l’omicidio del giovane imprenditore sidernese avvenuto il
24 maggio del 2005. Ieri, con estrema sofferenza, Donatella Catalano ha dovuto rispondere alle domande della difesa e della corte.

Ha ricordato tutto quello che il dolore le ha lasciato ancora impresso nella memoria, ha cercato di soddisfare con rigore le domande che le venivano rivolte, ma, a tratti, la rabbia ha preso il sopravvento. “O mi dici quello che hai, o da questa casa non esci”: questa la frase, sprazzo di un ricordo, che Donatella Catalano ha rivolto a suo figlio Gianluca Congiusta un paio di settimane prima dell’ omicidio. Sono le parole di una madre che ha intuito che qualcosa stava preoccupando il suo ragazzo. Quella volta, circa quindici giorni prima del delitto, Donatella Catalano inchiodò Gianluca alla sedia e cercò di capire perché, da qualche tempo, il suo stato d’animo fosse tormentato.

Ha ricordato anche questo la mamma della vittima, ha ricordato di avere avuto la netta sensazione che qualcosa preoccupasse fortemente suo figlio. Ma Gianluca Congiusta era un ragazzo riservato, e delle sue cose parlava poco con tutti, anche con i familiari.

L’udienza di ieri ha visto ripercorrere dalla madre del giovane ucciso a Siderno una serie di circostanze già emerse più volte durante il dibattimento in aula, ma che ieri sono state chiarite con ancora più decisione dalla teste.

Alla domanda dell’avvocato Maria Tripodi se fosse o meno a conoscenza del fatto che suo figlio aiutasse economicamente la famiglia  della sua ragazza, Katia Scarfò, Donatella Catalano ha risposto di averlo  percepito, di non essere stata a conoscenza però di come e quanto Gianluca Congiusta contribuisse a aiutare gli Scarfò, i familiari della fidanzata. Ma emergeva chiaro, da alcuni sms letti dalla sorella di Gianluca Congiusta, e dal fatto che addirittura a volte aveva visto Gianluca recarsi a casa dei suoceri con le buste della spesa, che lui aiutasse economicamente i suoceri. Inoltre ha  anche rammentato alcune esclamazioni di Katia Scarfò: “se non fosse per Gianluca chissà…”

Rimanendo sui rapporti con la famiglia di Katia Scarfò Donatella Catalano ha poi ricordato un episodio che l’ha ferita profondamente: “ho telefonato alla signora Raso, la madre di Katia,  per sapere di come era andato l’interrogatorio alla polizia, mi disse che come al solito le avevano parlato di donne e di sospetti su frequentazioni amorose di Gianluca. Mi ha mentito, le avevano parlato di una lettera minatoria ricevuta da suo marito e messa nella conoscenza di mio figlio Gianluca”.

Allora le domande della difesa passano al movente dell’omicidio: “mi avevano quasi convinto si potesse trattare di un
delitto passionale – ha riferito Donatella Catalano – ma poi a gennaio del 2007
ho saputo della lettera che gli Scarfò avevano fatto vedere a Gianluca, e lì ho capito perché avevano ammazzato mio figlio.

Gianluca non è stato ucciso per una questione di donne”.

Nel racconto di Donatella Catalano si legge tutta la sofferenza di una donna che aveva un legame intenso con il proprio figlio, una donna che nel ripercorrere i ricordi risveglia il dolore di una ferita che non si può rimarginare. Per un attimo la teste ha dovuto ripercorrere frammenti della sera dell’omicidio, la sera in cui un amico di Gianluca non si fece vivo sul luogo del delitto: “Cosimo Cherubino non è veduto a vedere il corpo senza vita del suo amico Gianluca, lo stesso che qualche giorno prima si era alzato a mezzanotte per aiutare tramite dei conoscenti in ospedale una persona amica
di Cherubino”. E’ dispiaciuta nel ricordare questo episodio Donatella Catalano, anzi forse delusa, perché come lei più volte ha ripetuto “Luca era amico di tutti e si adoperava per aiutare tutti”.

Poi, prendendo spunto dalle intercettazioni lette dalla difesa che ripercorrevano alcune conversazioni  tra lei e il fratello, conversazioni nelle quali si sviluppavano varie ipotesi  sull’ omicidio, Donatella Catalano ha precisato con enorme senso di civiltà un aspetto per lei fondamentale: “non voglio vendetta – ha detto – voglio solo guardare in faccia l’assassino di mio figlio e chiedergli perché ha fatto questo”.