Processo Congiusta-Sapevo della lettera intimidatoria alla mia famiglia

Print Friendly, PDF & Email

In aula la fidanzata di Gianluca Congiusta Conferma: “Sapevo della lettera intimidatoria alla mia famiglia

Katia cinque ore sotto torchio

E su una presunta relazione Scarfò riferisce: “Quella donna non mi piaceva”

 Pino Albanese

SIDERNO – Donne in scena al processo Congiusta. Protagonista principale Katia Scarfò la fidanzata del giovane assassinato a Siderno la sera del 25 maggio del 2005 che ha confermato di sapere della lettera intimidatoria ricevuta dalla famiglia Scarfò e poi ha ammesso di avere nutrito “sospetti” su una donna che avrebbe fatto delle “avances” a Gianluca “ma lui ha sempre negato di avere una relazione con un altra donna”. 

La deposizione di Katia Scarfò è durata oltre cinque ore. Ha risposto con chiarezza e freddezza a quasi tutte le domande. Soltanto in alcuni momenti ha mostrato qualche titubanza, trincerandosi dietro un “non mi ricordo”. Ha confermato alla corte di essere venuta a conoscenza della lettera intimidatoria ricevuta dalla sua famiglia, almeno due anni prima della morte del suo fidanzato. A dirglielo è stato lo stesso Gianluca su sua richiesta. “Mi trovavo all’interno del negozio – ha spiegato – ed è arrivata mia madre. E’ entrata nell’ufficio ed ha parlato con Gianluca. Non so cosa si sono detti. Successivamente lui è uscito dal suo ufficio ed è venuto a fare una fotocopia di un foglio dietro il banco dove io stavo parlando con alcuni clienti. Poi quando sono entrata nella sua stanza ho sentito lui che diceva a mia madre di stare tranquilla”. La Scarfò riferisce di avere chiesto al suo fidanzato cosa era successo soltanto dopo che la madre era uscita dal negozio. “Mi ha risposto che era una lettera con minacce a mio papà, e mi ha tranquillizzato dicendomi che non era niente di preoccupante”. Katia Scarfò ha confermato di non avere letto il contenuto ma di sapere che c’erano minacce alla sua famiglia. Ha raccontato della lettera intimidatoria a Mario Congiusta, padre di Gianluca, dopo che il giovane era stato assassinato. “Cercavamo di appigliarci  a tutte le ipotesi perché volevamo capire perché era stato ucciso”. E’ sicura del fatto che suo padre non sapesse nulla delle minacce giunte per lettera. “Gianluca mi aveva detto di stare zitta e di non parlare con nessuno nemmeno con mio padre. Io mi fidavo di lui, mi sentivo protetta perché verso di me era iperprotettivo”. E dice di avere parlato con la madre della missiva soltanto dopo la morte di Gianluca. “La vedevo poco visto lavoravo fino a tardi e poi la risposta di Gianluca mi aveva rassicurato. Non pensavo che per una lettera potesse succedere quello che poi è successo”. Katia racconta quando ha saputo dell’assassinio. “Alle dieci di sera e sono stata sul posto, se non mi sbaglio, fino all’una di notte”. Non ricorda chi c’era sul luogo del delitto “ero distrutta dal dolore”. Ripete fino alla noia che ha cercato di comprendere perché il giovane è stato ucciso e di avere fatto tante supposizioni anche le più impensabili. “Pensavamo di tutto e di tutti. Abbiamo ipotizzato anche ad uno scambio di persona visto che nella via Torrente Arena, dove Congiusta è stato ucciso è residente un cittadino con una macchina simile a quella del giovane commerciante”. L’avvocato della difesa Maria Tripodi chiede alla Scarfò se era amica con Rosa Figliomeni. “La conoscevo ma non eravamo amiche. Io e Gianluca siamo andati qualche volta a cena con lei e il marito”. “Perché questo atteggiamento ostile nei confronti della signora – chiede la Tripodi”.  “Perché aveva tenuto degli atteggiamenti confidenziali con Gianluca che non mi sono piaciuti – risponde Katia Scarfò”. Prima della Scarfò è stata ascoltata una titolare di agenzia di pratiche amministrative che ha confermato di non conoscere Tommaso Costa e e di non avere parenti vicini ad ambienti criminali.

 Articolo tratto da il Quotidiano