GIORNATA DELLA MEMORIA RASSEGNA STAMPA

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Lotta alle mafie, in 150.000 per le vittime

In piazza Plebiscito magistrati amministratori e politici. Corteo a Napoli organizzato da Libera. Novecento i nomi elencati delle persone uccise

 


22/03/2009 Un corteo nutrito e partecipato, una scia di persone che ha preso parte al corteo organizzato a Napoli per ricordare le vittime delle mafie.
900 le persone ricordate una ad una, nome per nome, come una litania, riletti ancora fino a quando Roberto Saviano, lascia aperto l’elenco:
«E per tutti gli altri di cui non siamo ancora riusciti a conoscere i nomi…».

 

L’autore di ‘Gomorra’ legge anche i nomi di Anna Politkovskaja, Annalisa Durante, Franco Fortugno, Gianluca Congiusta e quelli dei sei immigrati uccisi dai Casalesi, nella strage di Castel Volturno.

La marcia della memoria delle vittime delle mafie e dell’impegno ha portato 150 mila persone in strada ieri a Napoli, secondo i dati di Libera. In piazza del Plebiscito cappellini, striscioni, bandiere della pace e girasoli.

Nel corteo anche magistrati, amministratori, politici, oltre 500 familiari delle vittime, e ancora Nando Dalla Chiesa, il figlio del generale Carlo Alberto, e per strada
anche ragazzi del Gabon, della Nigeria, del Ghana espongono uno striscione arancione che invoca la convivenza pacifica fra italiani e immigrati: «Uniti contro la camorra e il razzismo». Tra i manifesti, uno è dei lavoratori della Fiat:

«Nessuno tocchi Pomigliano».

Luigi Ciotti ha spiegato che il tema del lavoro, anche oggi, è cruciale: «La guerra alla mafia comincia dal lavoro», grida dal palco.

In piazza anche tanti studenti: 1500 scuole della Campania e oltre 30.000 ragazzi; 800 autobus da tutta Italia.I giovani espongono i loro striscioni:

«Se lo Stato non è organizzato la camorra diventa Stato»;

«Vola solo chi sa farlo»;

«Io sono un sognatore, ma non sono l’unico»;

«Il nostro paese è senza memoria, noi non dimentichiamo».

Marciano anche amministratori e politici, locali e nazionali: il sindaco Rosa Russo Iervolino si lascia prendere dall’entusiasmo: «Napoli è la città dell’anticamorra, infestata da qualche clan pericolossissimo». E tutti i Comuni sciolti della Provincia? «Sarebbe peggio se non lo fossero no?».
Il presidente della Campania Antonio Bassolino legge «lo straordinario messaggio di fiducia e di speranza» lanciato dalla città e sottolinea che «non era scontato».
Sul palco alla fine, con le vittime delle mafie, italiane e straniere, salgono magistrati ed esponenti delle forze dell’ordine. Presenti anche Luigi De Magistris, Piero Grasso, Franco Roberti e il comandante dei carabinieri Gaetano Maruccia, il questore Antonino Puglisi e il prefetto Alessandro Pansa di Napoli.
Dal palco anche un appello di Don Luigi Ciotti rivolto alla stessa criminalità organizzata: «Alle mafia, alla camorra, al crimine dico:

fermatevi, ma che vita è la vostra? Ne vale la pena?». «Vi aspettano carcere, clandestinità, tanti morti, se avete beni ve li confischeremo tutti. Fermatevi, alla fine che vi resta? Come giustificate il male che fate agli altri? La vostra è una condanna a vita. Non basta pentirsi ogni tanto, bisogna convertirsi».

Nella foto: Mario e Alessandra Congiusta, padre e sorella di Gianluca Congiusta ucciso dalla ‘ndrangheta a Siderno

 

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A Napoli Saviano ricorda i “caduti” della Locride

 

In piazza anche Maria Grazia Laganà: “Dietro ogni nome c’è una vedova, un orfano, tante vedove, tanti orfani”

Mario Congiusta: Come si chiama una madre od un padre che hanno perso un figlio, una sorella che ha perso il fratello od un fratello che ha perso la sorella?

 

di MICHELE INSERRA per il Quotidiano

“Francesco Fortugno, Gianluca Congiusta – e poi la formula di rito – e di tutti gli altri di cui non siamo riusciti ancora a conoscere il nome”.

Le battute finali della manifestazione e il ricordo di due vittime di ‘ndrangheta della Locride vengono affidate a Roberto Saviano.

Ed è scoppiato un lungo applauso che ha accompagnato l’autore di Gomorra giù per la scaletta del palco, verso la scorta che lo attendeva qualche metro più in là, per portarlo nel rifugio dove vive da quando la camorra gli ha giurato vendetta.

Il papà di Gianluca, Mario, la sorella Alessandra e la mamma Donatella, si alzano all’inpiedi. Hanno il volto teso. Applaudono. Padre e figlia indossano guanti bianchi, sul palmo la scritta: “Certezza della pena”.

La vedova del vicepresidente della giunta regionale della Calabria, Maria Grazia Laganà, invece, prende parte alla manifestazione lontana dai riflettori perché costretta ad abbandonare in anticipo piazza Plebiscito. Va via, per impegni istituzionali, prima che il nome di Fortugno venga pronunciato da Saviano.

La presenza dello scrittore è rimasta riservata fino a pochi minuti prima del suo arrivo. E’ rimasto alle spalle di don Ciotti e del procuratore antimafia Piero Grasso, a guardare quella fiumara di gente che gridava no alla violenza mafiosa. Come un rosario Saviano ha snocciolato i nomi delle vittime. Si toccava ripetutamente gli occhi. Era anche lui teso ed emozionato.

Nella giornata della memoria è stato “ambasciatore” del ricordo della vittime della Locride, Franco e Gianluca, entrambi ammazzati nell’anno maledetto 2005.

 

“Dietro ogni nome scandito durante il corteo e dal palco c’è una vedova, un orfano, tante vedove, tanti orfani – ha sottolineato la Laganà – Una emozione sempre forte, è il ritrovarsi insieme ogni anno, il 21 di marzo. Veramente commovente. E l’impegno di tutti deve sempre mantenersi uguale, anzi, deve sempre essere maggiore contro una criminalità organizzata, si chiami mafia, camorra o ‘ndrangheta, che cerca in tutti i modi di dimostrarsi sempre più agguerrita. Il ricordo e la memoria di quanti hanno sacrificato la loro vita per un Paese più giusto, deve esserci di aiuto per spingerci sulle buone pratiche e sollecitare le Istituzioni ad intensificare le energie per una lotta incessante e diretta contro chi ha ammazzato tanti innocenti e, purtroppo, continua a farlo, al fine di perseguire illeciti”.

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nomi delle vittime calabresi
Mario Congiusta: “certezza della pena”” Dure le parole del padre di Gianluca Congiusta: “l’applicazione delle attuali norme, vanifica tutto, e mette in libertà chi dovrebbe marcire dietro le sbarre”

di GIULIA ZAMPINA

Francesco Fortugno, Gianluca Congiusta, Antonino Scopelliti, Salvatore Aversa, Lucia Precenzano. Riecheggiano in un’affollata piazza Plebiscito di Napoli i nomi delle vittime che la Calabria ha sacrificato alla mafia.
«Morti davanti alle quali – ha detto Don Luigi Ciotti dal palco – sarebbe meglio tacere per non urtare troppo il dolore delle loro famiglie».

Nel primo giorno di primavera l’associazione Libera ha deciso di commemorare le vittime di tutte le mafie, di quelle che la criminalità organizzata uccidono in maniera strutturata, scientifica. Senza preoccuparsi del vuoto che lasciano nelle famiglie. Un vuoto che Mario Congiusta, papà di Gianluca, sta tentando di colmare con una ricerca continua di giustizia.

Tira vento a Napoli, pur essendo il primo giorno di primavera e Mario Congiusta cerca di ripararsi con una sciarpa al collo, ma il freddo che sente nel cuore cerca di sconfiggerlo con un paio di guanti bianchi sui quali c’è scritto “Certezza della pena”. Perchè è questo che la famiglia Congiusta chiede, certezza della pena: «Cosa dovrei fare io quando rivedrò gli
assassini di mio figlio passeggiare per Siderno e continuare a chiedere il pizzo?

La verità – continua il papà di Giancluca – è che le forze dell’ordine in alcune parti della nostra terra sono davvero poche e quando comunque fanno il loro lavoro, arriva l’applicazione delle attuali norme che vanifica tutto, mettendo in libertà chi dovrebbe marcire dietro le sbarre».
Sguardo fermo e voce pacata, Mario Congiusta non alza la voce quando dice queste cose, ma il suo è un urlo che arriva diritto al cuore.

Anche le istituzioni calabresi erano presenti ieri a Napoli. C’erano il sindaco di Lamezia terme Gianni Speranza, il sindaco di Polistena, Simona dalla Chiesa, figlia del generale Carlo Alberto e consulente del comune di Catanzaro, il parlamentare Marco Minniti. Sul palco, accanto a don Ciotti, con la presenza che serve da testimonianza anche lo scrittore Roberto Saviano. E che ‘ndragheta non sia un fatto solo calabrese appare chiaro appena sul palco sale una rappresentante
dell’associazione Libera in Piemonte che in maniera fiera racconta:
«Noi ora occupiamo un immobile sequestrato alla famiglia Belfiore, riconosciuta come famiglia mandante dell’omicidio Caccia».
«La ‘ndragheta in questo momento è la forza criminale più forte – dice Luigi de Magistris, anche lui alla manifestazione di Libera – perchè è quella che ha più disponibilità finanziarie delle altre e soprattutto ha una organizzazione familiare in cui è difficile spezzare i legami e una dotazione di armi che la rende identica a una forza militare».
E’ già primo pomeriggio quando l’onda lunga della legalità comincia a disperdersi, non prima di aver tributato un applauso a quei cinquecento nomi (unico momento di contestazione quando davanti al microfono è salito il presidente della regione Campania Antonio Bassolino) delle vittime di mafia e aver rivolto un pensiero, dice don Ciotti,
«a quelli di cui non conosciamo il nome ma per i quali noi continueremo a combattere. Perchè non possiamo chiedere alla politica di fare la sua parte se noi per primi, nella nostra quotidianità, non ci incamminiamo verso la legalità».

Nella foto: Mario Congiusta, padre di Gianluca, vittima della criminalità organizzata

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«Fermatevi, siete condannati a vita»

NAPOLI – Un abbraccio alla Calabria. Un abbraccio affidato nelle mani di Donatella, la mamma di Gianluca Congiusta che al termine della manifestazione diventa “postino” di un messaggio di riscatto e conversione per gli uomini di ‘ndrangheta.

Glielo affida lui, il parroco della rivoluzione delle coscienze.

L’urlo contro i boss di don Luigi Ciotti è l’urlo di Napoli che in occasione della giornata della memoria viene battezzata capitale dell’antimafia.“Alla mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta, al crimine dico:fermatevi, ma che vita è la vostra? Ne vale la pena? Vi aspettano carcere, clandestinità,tanti morti. Se avete beni ve li confischeremo tutti, e vi porteremo tutto via quello che avete. Fermatevi, alla fine cosa vi resta? Come giustificate il male che fate agli altri? La vostra è una condanna a vita, non può essere questa la vita. Non basta pentirsi ogni tanto, bisogna convertirsi”.Piazza Plebiscito è ammutolita. Il presidente di Libera irrompe sul palco. Fa freddo, ma il sole sorride alla speranza di migliaia di gente.

Fonte: il Quotidiano

La mamma di Gianluca Congiusta

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Centomila in silenzio contro le mafie
Senza slogan e senza clamori il corteo della legalità che ha attraversato ieri Napoli

DAL NOSTRO INVIATO A NAPOLI
ANTONIO MARIA MIRA

« Dobbiamo arrabbiarci perché il diritto alla vita di tante per­sone oneste e coraggiose è stato negato. Ma è giusto anche credere che ci possa essere un cambiamento e questo non è nè stupido nè inutile».

Scandisce que­sti ultimi aggettivi Alessandra Clemente, guardando fissa davanti a sè. Forse cerca lo sguardo della mamma, Silvia Ruotolo, uc­cisa dalla camorra nel 1997 quando lei ave­va dieci anni. Avrebbe davvero da arrab­biarsi Alessandra per questo insanabile do­lore, ma preferisce parlare di speranza e im­pegnarsi per realizzarla. Lei e gli altri cin­quecento familiari delle vittime di tutte le mafie che ieri hanno aperto il lungo, festo­so, coloratissimo corteo che ha attraversa­to Napoli per la ‘Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di ma­fia’, organizzata da Libera e Avviso pubbli­co.

Tanti, veramente tanti, for­se più di centomila, da riempire la lunghissima via Caracciolo, il lungomare della città, e poi l’enorme piazza Plebiscito dove hanno parlato Alessandra e altri familiari.

E dove don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, ha lanciato un duro monito ai mafiosi. «A chi vive nella violenza vorrei gri­dare: fermatevi! Ma che vita è la vostra, ma ne vale la pena? Vi aspettano carcere o clan­destinità. Se avete dei beni prima o poi ve li porteremo via tutti. Fermatevi! Ve lo dico a nome di tutti questi familiari. Alla fine co­sa vi resterà? Non basta ogni tanto ‘pentir­si’, bisogna convertirsi. La vostra è una con­danna a vita. Per favore, fermatevi!, questa non può essere la vita».
Una vita così diversa da quelle delle tantis­sime, troppe, vittime. «Mio padre – dice Nando Dalla Chiesa, figlio del generale e prefetto di Palermo – è stato ucciso perchè non si è girato dall’altra parte. Anche noi non dobbiamo girarci dall’altra parte». E so­no in tanti oggi nella martoriata Napoli a non volersi girare. Tante scuole, tanti scuot, tante associazioni, tutti i sindacati, ben 250 sindaci di tutt’Italia, con fascia tricolore e gonfalone e fa un bell’effetto vedere nomi un tempo da cronaca mafiosa oggi sfilare per la legalità. «Siamo in 86, studenti, asso­ciazioni e anche consiglieri comunali di maggioranza e opposizione», dice con or­goglio Antonino Iannazzo, sindaco di Cor­leone. Sì proprio la Corleone di Riina e Pro­venzano. Ora è qui a sfilare con le vittime. «Sì, è vero, abbiamo fatto molti passi avanti, pur tra tante difficoltà, ma l’aria è davve­ro cambiata anche se dobbiamo stare sem­pre attenti», aggiunge il sindaco, impegna­to anche ad aiutare suoi collegi di paesi do­ve la strada del riscatto è all’inizio.
In testa al corteo il dolore, la rabbia e l’im­pegno dei familiari. Alcuni portano in grem­bo le foto dei loro cari. Memoria e lacrime, ma anche tanta carica. «Anche dopo anni il dolore non cala – dice Stefania Grasso, di Locri – ma la ricerca del bene fa vivere feli­ci. È quello che sento ogni mattina e che mi fa andare avanti». «È triste vedere che ogni anno siamo di più, ma ci stiamo muoven­do nella giusta direzione – aggiunge Debo­rah Cartisano, di Bovalino – . Non solo rac­contare le nostre vite, il nostro dolore, ma fare e realizzare. Non vogliamo rimanare vittime». «Lacrime sì ma anche la gioia di non sentirsi soli – commenta Margherita A­sta, di Trapani – . Questa è un’Italia non ras­segnata che si muove per il cambiamento, che dice ‘Basta!’, non gridando ma sfilan­do ».
Sfilano le scuole coi colora­tissimi striscioni. ‘Perchè la vita abbia altri colori abbat­tiamo l’oscurità della ca­morra’ (Aversa). ‘Vogliamo crescere in un mondo pieno di luci e colori’ (Lentini). ‘Vivere senza mafia, vivere gioiosamente’ (Quarto). I bambini della Duca d’Aosta di Napoli ritmano ‘Annali­sa sempre con noi’, ricordano così la com­pagna Annalisa Durante, uccisa dalla ca­morra a 13 anni. Sfilano anche ragazzi del disagio, con storie ‘difficili’. Li accompa­gna il francescano padre Federico che li se­gue con l’associazione ‘Il pioppo’ di Som­ma Vesuviana. «Siamo qui – dice – perchè crediamo che un giorno potrà cambiare. ‘Io ho un sogno’, diciamo come Martin Luther King. Ora una parte del sogno si è avvera­ta ».

Sul palco, intanto, viene letto il lunghissimo elenco delle oltre novecento vittime inno­centi, dall’inizio del ’900 all’ultimo sangue sparso dalla banda Setola. E a sorpresa pro­prio questi ultimi nomi sono letti, tra gli ap­plausi, da Roberto Saviano. Poi don Ciotti si rivolge a tutti. «Ci si deve impegnare 365 giorni all’anno. Questi familiari ci chiedo­no coerenza, credibilità e continuità. Dob­biamo essere tutti corresponsabili. A cosa serve essere vivi se non si ha il coraggio di impegnarsi. Chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte ma solo se la faremo an­che noi. Siamo un popolo e non saranno i mafiosi ad avere il sopravvento. No alla le­galità ‘sostenibile’ delle mediazioni. Non arrendiamoci, se ci impegnamo ce la fare­mo.
Insieme».
Nel lunghissimo serpentone migliaia di giovani e 86 corleonesi con il sindaco: l’aria è cambiata

Fonte: Avvenire