PROCESSO CONGIUSTA LA RASO NON CONVINCENTE

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Locri. Controesame della suocera di Congiusta tra una serie di dubbi

 

La Raso non è convincente

 Non conosceva Costa,muta con il marito sul pizzo 

Della lettera estorsiva ricevuta qualche giorno prima del Natale 2003 la signora Girolama Raso non ne ha parlato col proprio marito,Antonio Scarfò,destinatario della missiva,ma ne ha parlato invece,il giorno dopo averla ricevuta,  col futuro genero Gianluca Congiusta.

Sarebbe stato insieme a lui che ha deciso,dopo che il giovane si fotocopiava la lettera, la distruzione di quella esplosiva missiva contenenti non solo pesanti minacce di morte ma anche il nome della persona,Tommaso Costa,che ne sarebbe stato l’ispiratore,e di non denunciarne l’episodio.La signora Raso,rispondendo alle domande del sostituto procuratore della DDA reggina,Antonio De Bernardo, finalizzare a conoscere il motivo della decisione di nascondere al marito la lettera e di non denunciarne la ricezione,pur affermando che la lettura della missiva la avesse preoccupata,  non ha saputo dare motivazione plausibili e logiche del suo comportamento e del perché, appena uscita dal commissariato di Siderno dove era stata sentita un anno dopo l’assassinio di Gianluca Congiusta,avesse inviato un SMS al marito per metterlo al corrente che lui della lettera non ne sapeva nulla. Questo sostanzialmente quanto emerso ieri in Corte d’Assise di Locri,presieduta dal giudice Bruno Muscolo con a latere il togato Frabotta, dall’esame e controesame della signora Girolama Raso,effettuata dagli avvocati di parte civile,Geppo Femia,Francesco Macrì,Maria Romeo,e dall’esame effettuato dall’avvocatessa Maria Candida Tripodi, legale di Tommaso Costa, nell’ambito del procedimento penale per l’assassinio di Gianluca Congiusta che vede alla sbarra  lo stesso Costa, accusato di associazione di stampo mafioso nonché anche di aver organizzato l’assassinio del giovane,e Giuseppe Curciarello accusato solo di associazione a delinquere di stampo mafioso.Ad avvio di udienza e prima che la teste,che è anche “parte offesa” nel procedimento,venisse sentita,il presidente Muscolo,previa audizione dei marescialli della Guardia di Finanza,Luca Mancuso e Carlo Di Fazio,ai quali era stato affidato il compito di effettuare le trascrizioni delle intercettazioni effettuate sull’utenza telefonica di Antonio Scarfò,informava le parti dell’avvenuto deposito.Poi sulla richiesta effettuata dall’avvocatessa Tripodi di estendere le domande alla teste sulle “novità” emerse dal memoriale inviato alla Corte dal suo assistito,il presidente Muscolo si riserva la decisione a dopo l’audizione del teste Scarfò.Sono state le incalzanti domande poste dagli avvocati di  Parte Civili,alle quali si opponeva la legale di Costa,e quelle del sostituto De Bernardo,oltre ai quesiti chiarificatori effettuati dal presidente della Corte,Bruno Muscolo,a far emergere,la poca logicità nelle risposte fornite dalla signora Raso.  La teste infatti,rispondendo anche alle domande dell’avvocatessa Tripodi, ha ribadito più volte che ricevuta quella missiva indirizzata al marito,preoccupata per le minacce fatte a lei ed alla sua famiglia,non voleva creare preoccupazioni al coniuge “sempre in viaggio”.

Per questo l’indomani, recandosi presso l’esercizio commerciale del futuro genero, Gianluca Congiusta,gliene parlava e poi  accoglieva l’invito da lui fatto di non preoccuparsi  e di non denunciare l’episodio ed a distruggere la missiva. “L’ho strappata appena tornata a casa e poi l’ho bruciata,-affermava.”

La signora Raso,utilizzando molte volte l’espressione “non so perchè,ma l’ho fatto”,rispondendo alle domande del PM e dei difensori di Parte Civile   non solo negava  di non aver denunciato l’episodio perchè  aveva paura data la circostanza che nella lettera era indicato più volte  il nome di Tommaso Costa come ipotetico ispiratore, ma affermava anche di non aver mai pensato che dando copia della lettera a Gianluca Congiusta potesse metterlo nei guai,ne tantomeno ha  collegato la circostanza che nella missiva venisse motivata la richiesta estorsiva con il fatto che la sua famiglia  avesse realizzato una fiorente  azienda a due passi dalla casa di Tommaso Costa.

“Non sapevo chi fosse,ha affermato-

Per me era una persona qualunque .”

Adesso il prossimo ventisette novembre toccherà al marito Antonio Scarfò che,secondo quanto asserito nel   memoriale che   Tommaso Costa ha inviato nelle scorse settimane alla Corte,,dovrebbe sapere la verità intorno alla lettera estorsiva.

Locri 21 novembre 2008

pino lombardo per il Quotidiano