‘Ndrangheta: fermati 21 affiliati ai Molé-Piromalli

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'Ndrangheta: fermati 21 affiliati ai Molé-Piromalli
Ricercato il faccendiere Dc Aldo Miccichè

 

ROMA (23 luglio) – Le teste pensanti delle cosche Piromalli e Molè di Gioia Tauro, le più potenti della 'ndrangheta, sono state decapitate da un'operazione coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato al fermo di 21 persone tra presunti affiliati, imprenditori e professionisti accusate di associazione mafiosa.

Nel provvedimento di oltre 1026 pagine, firmato dal procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone, e dai suoi sostituti Boemi, Di Palma, Pennisi, Prestipino, e Miranda, c'è praticamente tutta la storia delle due famiglie una volta strettamente legate, anche per vincoli di parentela, ma che gli affari milionari del porto di Gioia Tauro hanno portato, negli ultimi mesi, a dividersi ed entrare in contrasto negli ultimi mesi.
 
L'accelerata all'inchiesta, iniziata oltre un anno fa, è stata data per il pericolo che l'omicidio del boss Rocco Molè, ucciso il primo febbraio scorso, potesse aprire una stagione di sangue nella piana di Gioia Tauro. I fermi sono stati eseguiti dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dai Ros dei carabinieri tra la Calabria, Roma e Milano.

Ricercato anche Aldo Micciché. Nell'elenco delle persone fermate figura anche il nome di Aldo Miccichè, un faccendiere originario di Marapoti, un centro poco distante da Gioia Tauro, in passato (negli anni '80) dirigente della Democrazia cristiana. Da anni si è rifugiato in Venezuela ed è al centro di una inchiesta della Dda reggina, che nasce da quella che ha portato ai fermi, su presunti brogli degli italiani all'estero alle ultime elezioni. Brogli che, secondo l'accusa, avrebbero dovuto portare ad un'attenuazione del regime detentivo del 41 bis che Miccichè avrebbe cercato di ottenere mettendosi in contatto con il senatore Marcello Dell'Utri. Alcune telefonate sono riportate nel provvedimento di fermo dei magistrati della Dda di Reggio Calabria di 1.026 pagine.

I contatti con Dell'Utri. Alla fine dello scorso anno, un amico di Antonio Piromalli, figlio del boss Giuseppe, Gioacchino Arcidiacono doveva incontrare Marcello Dell'Utri per prospettargli alcune situazioni riguardanti la famiglia Piromalli, la più potente della 'ndrangheta, e sollecitare un suo intervento. È quanto scrivono i magistrati della Dda di Reggio Calabria nel provvedimento con il quale sono state sottoposte a fermo una ventina di persone. In vista di quell'incontro, Aldò Miccichè il faccendiere calabrese riparato in Venezuela, sente telefonicamente Arcidiacono e gli dà istruzioni in vista dell'incontro.
 
L'intercettazione. «La Piana – dice Miccichè nel colloquio intercettato dalla squadra mobile – è cosa nostra facci capisciri. Il Porto di Gioia Tauro lo abbiamo fatto noi. Insomma! Hai capito o no? Fagli capire che in Aspromonte e tutto quello che succede là sopra è successo tramite noi, mi hai capito?». Quindi Miccichè aggiunge: «ricordati che la politica si deve saper fare. Ora fagli capire che in Calabria o si muove sulla Tirrenica o si muove sulla Ionica o si muove al centro ha bisogno di noi. Hai capito il discorso ? E quando dico noi intendo dire Gioacchino ed Antonio, mi sono spiegato?». Antonio e Gioacchino, per gli investigatori, sono due componenti della famiglia Piromalli. Gioacchino Arcidiacono, secondo quanto emerso dalle indagini, «ha fatto visita» a Dell'Utri, «ma di tale incontro – è scritto nel provvedimento di fermo – non è stato possibile apprendere il contenuto».