Processo Congiusta.Il PM dice no all’acquisizione documentazione di Di Giovanni

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Locri. Il legale di Costa voleva dimostrare l’esistenza di un conto estero della vittima

Congiusta, il Pm dice no all’acquisizione

della documentazione di Di Giovanni

 

di PINO LOMBARDO per il Quotidiano

 LOCRI 13 giugno 2008- Gli investigatori del Commissariato di Siderno che, dietro le direttive del vice questore Rocco Romeo e del suo braccio destro Francesco Giordano, indagavano col coordinamento della Dda reggina sull’uccisione del giovane imprenditore sidernese, Gianluca Congiusta, pur avendo ipotizzato piste investigative alternative, che potevano condurre a giri di usura o a quelli del riciclaggio di moneta sporca, li abbandonavano una volta accertato che erano nulle ed inconsistenti gli elementi indiziari raccolti su quelle ipotesi.

Potranno essere acquisiti dalla Corte su richiesta della difesa di Tommaso Costa (tutto è subordinato all’esito dell’esame del detenuto Gianluca Di Giovanni), una serie di incartamenti sequestrati nella cella del detenuto Di Giovanni che, secondo la tesi difensiva, dimostrerebbero un certo coinvolgimento di Congiusta nella gestione di alcuni conti cifrati depositati in banche svizzere e che fungevano come tramite per riciclare denaro “proveniente da fonte illecita e lecita”.  Questo sostanzialmente quanto emerso ieri in Corte d’Assise a Locri nel corso del “controe – same” del vicedirigente del Commissariato di Siderno, Francesco Giordano, effettuato dalle difese dei due imputati Tommaso Costa e Giuseppe Curciarello, rispettivamente accusati di essere il capo dell’omonimo clan sidernese dei Costa nonché di aver organizzato ed eseguito, “in concorso con persone ancora da identificare” , l’assassinio del giovane e il secondo di aver fatto parte dell’associa – zione mafiosa.
Già questo aspetto era emerso nel corso dell’udienza del 30 maggio durante l’esame del dirigente Giordano effettuato dal sostituto procuratore della Dda reggina, Antonio Di Bernardo.
 Ieri a “torchiare” il funzionario di polizia è stata l’avvocatessa Maria Teresa Tripodi, legale del boss Tommaso Costa.Tutto l’interrogatorio è vertito intorno alle montagna di carte sequestrate dagliinvestigatori a San Vittore nella cella del detenuto mitomane Gianluca Di Giovanni, nonché sulla verifica di quali indagini suppletive siano state effettuate per accertare la veridicità del racconto di quel detenuto. Alla corte, presieduta dal giudice Bruno Muscolo,con a latere il togato Frabotta, Giordano spiegava che fin dal primo momento, stimolati anche dalla circostanza che vennero rinvenuti diversi titoli bancari in bianco nel borsello di Congiusta, gli investigatori seguirono pista che porta all’usura. Mapoi quella pista fu abbandonata perché risultò che quei titoli rappresentavano un modo di pagamento per le forniture che Congiusta, leadernel settore della telefonia, effettuava.Giordano, rispondendo alle domande dell’avvocatessa Tripodi, e alle richiestedi spiegazione effettuate dal presidente Muscolo, ribadiva più volte che anchela pista indicata dal detenuto Gianluca Di Giovani attraverso alcune missive spedite ai familiari di Gianluca Congiusta a marzo del 2006 e al sostitutoprocuratore della Dda reggina Creazzo, si dimostrava falsa e questo soprattuttoperché le affermazioni tenuto non solo erano palesamente contraddittorie (il detenuto Marco Mosca indicato  da Di Giovanni come il direttore di banca che aveva lavorato per istituire i conti bancari, cointestati a Di Giovanni e a Congiusta, in Svizzera, altro non era che “un falegname finito in prigione per bancarotta fraudolenta” affer – mava Giordano), ma anche perché risultavano palesamenteinconsistenti e non veritiere.Era a questo puntoche su una richiesta di chiarimento effettuata dalla Corte l’avvocatessa Tripodi chiedeva, con l’opposizione del Pm e delle parti civili, l’acquisizio – ne di una consistente serie di atti sequestrati nella cella di Di Giovanni. La decisione della Corte veniva rinviata e “subordinata” all’esito dell’esame del detenuto. Dal canto suo l’avvocato Leone Fonte rivolgeva domande finalizzate a dimostrare che il suo assistito, Giuseppe Curciarello, non faceva parte di alcuna associazionemafiosa. L’udienza, durata fino al pomeriggio, è stata aggiornata al 23 giugno con in agenda l’audi – zione di tre testi d’accusa: gli ispettori di polizia, Lupis,Curatola e Verduci, che dovranno riferire intorno ad alcune indagini concernenti le imprese di Antonio Scarfò vittima dell’estorsione che sarebbe la motivazione dell’uccisione di Gianluca Congiusta.