Vittorio Casamonica, il rom diventato un boss da un miliardo di euro

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Da zingaro a «Re di Roma». Vittorio Casamonica era arrivato in città negli anni Settanta: un semplice nomade abruzzese di etnia sinti. Se n’ è andato a 65 anni acclamato come un moderno imperatore. A vedere la foto sui maxiposter davanti alla chiesa, col vestito bianco immacolato e la croce di platino al petto, sembra quasi atteggiarsi a Papa.
Storia lunga e violenta quella dei Casamonica. Un impero partito con il commercio di cavalli, costruito col racket e tassi di usura dal 200 al 300%, consolidato col traffico di droga in mezza Europa, e infine ripulito attraverso il settore immobiliare e quello automobilistico.

Vittorio ha conosciuto la Roma della banda della Magliana, ha frequentato la scuola criminale di «Renatino» De Pedis e compari, è diventato l’ addetto al recupero crediti di Enrico Nicoletti, potente cassiere della Magliana. Uno che nel 1990 risultava nullatenente, dichiarando al fisco 450mila lire l’ anno e che secondo la Guardia di Finanza aveva un tesoro di oltre duemila miliardi di lire, oltre un miliardo di euro.

Casamonica «compra» i debitori insolventi e recupera i soldi con metodi da gangster. Un esempio è la storia di Giuseppe Sordini, proprietario di una concessionaria d’ auto sull’ Anagnina che si permette di non restituire l’ anticipo versato da un uomo di Nicoletti. Gli fa visita un certo Marco «er pugile», che non trovandolo al negozio manda all’ ospedale un dipendente. Sordini, temerario quanto «insolente», denuncia tutto ai carabinieri e un giorno, mentre va dal barbiere, si trova davanti due persone con passamontagna e mazza da baseball: finisce in ospedale con trauma cranico, frattura di menisco, legamenti, tibia e una diottria in meno. Quando riprende l’ uso della parola racconta che prima dell’ aggressione aveva incrociato in strada uno zingaro del clan dei Casamonica.

Sono gli anni della «formazione». Vittorio Casamonica osserva e impara il mestiere, capisce come muoversi, stringe alleanze, evita guerre. Il suo clan diventa il più potente del Lazio (90 milioni di euro stando ai dati della Dia) e per oltre trent’ anni tiene le fila di un gruppo che secondo un indagine del 2008 è composto da 350 nomadi sinti e può contare su almeno un migliaio di affiliati.
Negli ultimi anni il clan è travolto da molte inchieste che portano ad arresti e sequestri per decine di milioni di euro. Ma non basta. Proprio come l’ impero romano, quello dei Casamonica incassa i colpi ma non crolla perché ha fondamenta forti, che affondano anche nel fango della politica. Ancora più forti, però, sono i rapporti con la ‘ndrangheta, come dimostra l’ accordo scoperto nel marzo 2010 tra Rocco Casamonica e Pietro D’ Ardes, ex ispettore del lavoro rinviato a giudizio nel 2009 dalla procura di Palmi per associazione a delinquere in concorso con esponenti della ‘ndrangheta e noto per i suoi rapporti con il clan camorristico dei Casalesi.

L’ unione, che ha sancito una cooperazione «mafiosa con le famiglie della ‘ndrangheta calabrese dei Piromalli, Alvaro e Mole», puntava agli appalti nella gestione dei rifiuti in Campania attraverso la costituzione di società in Campania e in Calabria. Un giro d’ affari da 40 milioni. A che servono tutti questi soldi? Auto veloci, ville, piscine e anche reperti archeologici di 2500 anni fa. Sì, durante un blitz del 2004, a casa del re di Roma trovano anche questo.

Salvatore Garzillo