Il caso Congiusta/2- Il tentativo di estorsione unica ipotesi ancora in piedi anche dopo la Cassazione

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gianluca

Di Angela Panzera

Pur imponendo un dibattimento volto a scandagliare i due possibili moventi alternativi che hanno determinato l’omicidio di Gianluca Congiusta, la Cassazione comunque nelle motivazioni della sentenza con cui il 6 marzo scorso ha annullato con rinvio la sentenza all’ergastolo nei confronti del boss Tommaso Costa non scarta l’ipotesi del tentativo estorsivo perpetrato ai danni dei suoceri ma anzi fissa dei punti cardini che ancora sono presenti agli atti del processo.

Occorre fugare ogni dubbio, ma le risultanze investigative dell’inchiesta “Lettera Morta” sono ancora in piedi. Costa infatti, è stato condannato definitivamente per il tentativo estorsivo perpetrato ad Antonio Scarfò, suocero di Congiusta, attualmente sotto processo insieme alla figlia Katiuscia e alla moglie Girolamo Raso per il reato di falsa testimonianza reso durante il processo di primo grado. Secondo la Dda Costa si determinò ad uccidere Gianluca perchè questi era venuto a conoscenza del tentativo di estorsione. Un’estorsione di cui però nessuno doveva sapere, nessuno. Sempre secondo l’accusa, Congiusta venne a conoscenza delle mire espansionistiche del Costa, proprio dalla famiglia Scarfò che al processo negò tutto. Il boss a breve sarebbe uscito dal carcere, e quindi avrebbe dovuto “riacquisire” credibilità mafiosa a Siderno, senza però che i Commisso, venissero a conoscenza dei suoi progetti criminali poiché altrimenti l’avrebbe pagata cara, così come già successo nella sanguinosa faida degli anni ’90 in cui la cosca Costa uscì decimata. Qualcosa quindi va storto, a Siderno si parla di questa lettera. Dalle motivazioni della Cassazione si evince la correttezza delle conclusioni cui era giunta la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria (che infatti condannò Costa al carcere a vita) secondo cui la missiva estorsiva fatta recapitare allo Scarfò era “una lettera vera e si inquadrava nel progetto più ampio perseguito dall’imputato volto a definire le zone di influenza […], la lettera era ormai a conoscenza di tutti nel contesto sociale di Siderno. Il timore di una reazione violenta del clan avverso, quello dei Commisso, per la sua iniziativa che risulta debole per via del suo stato detentivo”.