Armi, droga e appalti. Le mani dei Iamonte su Melito Porto Salvo. In manette anche il Sindaco

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Armi, droga e appalti. Le mani dei Iamonte su Melito Porto Salvo. In manette anche il Sindaco

ada
di Stefano Perri
– Un controllo ”capillare ed asfissiante” delle attività politiche e sociali del territorio di Melito Porto Salvo da parte della cosca Iamonte. E’ quanto ricostruito dall’indagine Ada che ha consentito l’arresto, avvenuto stamane, di 65 soggetti ritenuti affiliati o contigui, a vario titolo, alla cosca Iamonte, storicamente insediata sul territorio del basso ionio reggino.

”Ada”, che sta per Armi, Droga, Appalti, è l’acronimo che ha dato il nome all’inchiesta, condotta dalla Dda di Reggio Calabria con i Procuratori Nicola Gratteri e Antonio De Bernardo ed eseguita dal Comando Provinciale dei Carabinieri diretti dal Tenente Colonnello Carlo Pieroni e dal Comandante Provinciale Lorenzo Falfieri.

Un’inchiesta che riassume in tre parole, che rappresentano appunto i tre filoni della lunga indagine, gli interessi criminali attraverso i quali la cosca teneva sotto scacco l’intero territorio melitese nonché l’amministrazione comunale che lo governava.

Un’indagine partita nel 2006 che è servita a ricostruire il complesso sistema messo in piedi dalla cosca Iamonte, che è giunta attraverso una lunghissima serie di illeciti contestati, ad esprimere direttamente i rappresentanti politici afferenti alla precedente e all’attuale amministrazione comunale di Melito.

costantinogesualdoLa politica – In manette, tra gli altri, anche l’attuale Sindaco della cittadina della costa jonica, Gesualdo Costantino, ex vicepresidente della Provincia di Reggio Calabria, che secondo la ricostruzione degli inquirenti e le intercettazioni telefoniche e ambientali raccolte, è risultato completamente intraneo alla cosca e diretto rappresentante dei suoi interessi all’interno del civico consesso. La sua elezione, secondo gli inquirenti, sarebbe stata ”costruita a tavolino” dagli uomini della cosca. Esemplare da questo punto di vista è l’intercettazione che documenta il lavoro del Sindaco in favore degli interessi dei Iamonte, nel caso di rilascio di alcune certificazioni ma anche nel settore dei lavori pubblici e delle gare d’appalto. Per Costantino non si tratta di una generica collusione, ma come spiega il Procuratore della Repubblica Ottavio Sferlazza ”di un’assoluta intraneità alla cosca che giustifica il ricorso al 416 bis per reato di associazione a delinquere di stampo mafioso”. Esemplare da questo punto di vista è l’intercettazione raccolta durante la conversazione tra Remingo Iamonte, figlio del capo storico della cosca Natale Iamonte, e uno degli imprenditori arrestati. ”Ci dobbiamo basare su Gesualdo – si dicono i due – perché quello abbiamo. Ma ci deve tornare il conto. Lui deve salvaguardare noi come noi salvaguardiamo lui. L’abbiamo messo noi e ci deve dare conto”.

Un rapporto, quello della cosca con l’amministrazione comunale, che nasce già durante la campagna elettorale con una raccolta di consenso capillare in favore dell’amministrazione eletta, anche in accordo alla cosca Paviglianiti, egemone sul territorio di San Lorenzo e Bagaladi. ”Uomini della famiglia Iamonte – spiega il Procuratore Aggiunto Nicola Gratteri – discutevano sistematicamente prima, durante e dopo le elezioni, dei voti da raccogliere per la campagna politica del sindaco”.  Addirittura, secondo quanto riferito dagli inquirenti, erano stati individuati dei referenti per ognuna delle frazioni del Comune di Melito e ad essi veniva richiesto un rapporto sui risultati elettorali del gruppo politico sostenuto dalla cosca.

Pratica utilizzata già per le elezioni del 2005, alle quali l’ex sindaco di Melito Iaria era candidato, durante le quali gli uomini della cosca si sono impegnati con una campagna elettorale capillare porta per porta. E nonostante il lavoro della Commissione d’accesso nominata dal Prefetto nel febbraio del 2006 il risultati delleelezioni comunali del 2007, che hanno visto l’affermazione elettorale dell’attuale Sindaco Costantino, hanno confermato, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ”che gli assetti politici sono rimasti pressoché invariati ed il controllo della cosa pubblica si sia mantenuto saldamente in mano a personaggi vicini, contigui ed intranei, alla consorteria mafiosa.

Gli appalti – Forti ingerenze nella politica locale finalizzate al controllo degli appalti, anche di piccola entità, come il rifacimento del verde pubblico attrezzato della villetta di Melito Porto Salvo, per un appalto di appena 8000 euro, ma anche per altre vicende della vita amministrativa dell’ente come la delocalizzazione dei rom, che venne risolta, a suo tempo, tramite l’acquisto da parte del Comune di 17 appartamenti da destinare alle famiglie, quasi tutti di proprietà di amici e parenti prestanome della cosca.

Un’indagine modello – ”Un’indagine – spiega ancora Gratteri – che può essere utilizzata come modello per la formazione delle forze di polizia. In questo caso non abbiamo una famiglia specializzata in un determinato settore ma un controllo asfissiante di tutte le attività socio economiche del territorio”. Il fatto che la cosca intervenisse anche in appalti di modesta entità indica la necessità di dimostrare pubblicamente il proprio potere. ”E’ una forma di controllo del territorio – spiega ancora Gratteri – e ci aiuta inoltre a capire come il rapporto tra ‘ndrangheta e politica si sia ribaltato”. Attraverso le intercettazioni ascoltate dagli inquirenti sono gli stessi protagonisti del sodalizio criminale ”a spiegare direttamente con la loro viva voce come si comportano gli ‘ndranghetisti”.

”L’indagine odierna – spiega ancora il Comandante Falferi – si è occupata di uno scorcio temporale della durata di sei anni, duranti i quali è stato possibile individuare puntualmente in che modo si manifestano gli interessi di una cosca sul territorio e le modalità utilizzate per perseguirli. Se da un lato la ‘ndrangheta è ormai divenuta un’organizzazione internazionale, non perde mai di vista il controllo del territorio che gli serve a mantenere il consenso anche attraverso personaggi del mondo politico che diventano uno strumento per ottenere vantaggi”.

I tecnici del Comune – In manette anche due tecnici comunali, Francesco Maisano e Domenico Giuseppe Imbalzano. Entrambi, secondo la ricostruzione degli inquirenti, ”mettevano a disposizione compiti e competenze, curando gli interessi della cosca pilotando le gare d’appalto in comune accordo con gli imprenditori affiliati”.

Armi e drogaNel corso dell’attività investigativa, sono emersi anche gli interessi illeciti nel traffico delle armi e delle munizioni. Si è accertato come gran parte delle cessioni abbiano avuto luogo nella frazione rurale Prunella di Melito di Porto Salvo. In seno alla consorteria oggetto delle indagini, sono stati individuati alcuni soggetti che hanno ricoperto una posizione promotrice attivandosi per reperire armi da fuoco e fornendoli a chiunque ne facesse richiesta nell’ambito del sodalizio.

Una pratica simile utilizzata anche per il traffico illecito di sostanza stupefacenti. Dall’indagine è infatti emerso come gli uomini della cosca, utilizzando un linguaggio criptico per aggirare le possibili intercettazioni, detenevano il totale controllo dei flussi di  stupefacente sia nell’area del basso ionio reggino fino al capoluogo, servendosi di giovani affiliati per la vendita al dettaglio della sostanza. È emerso, inoltre, come buona parte della sostanza che ha alimentato il mercato illecito dello stupefacente – sia di Melito di Porto Salvo sia della città di Reggio – sia provenuto dal comune aspromontano di Roccaforte del Greco. L’analisi del traffico e del flusso di narcotico da immettere nel mercato illecito è stato ricondotto al gruppo criminale mafioso facente capo a  Salvatore Maesano,, referente, per Roccaforte del Greco, della cosca Zavettieri.

Le imprese sequestrate – Sequestrate anche quattro imprese, tutte nelle disponibilità del gruppo di soggetti afferenti alla cosca, che hanno contribuito all’escalation criminale in particolare nel settore degli appalti. Tre di esse nel campo edile e dei calcestruzzi ed una del settore agricolo, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.

La centrale a carbone – Le mire della consorteria mafiosa, come d’altronde spesso avviene in caso di grandi movimentazioni di denaro per opere pubbliche o private, cominciavano a programmare l’intromissione nella costruzione della tanto discussa centrale a carbone di Saline Joniche. ”Ci risulta – ha spiegato il Procuratore Aggiunto Gratteri – che la cosca Iamonte sia stata consultata e fosse risultata favorevole alla costruzione della centrale”.

Il monito alla politica – ”Così come gli imprenditori anche i politici dovrebbero capire che non conviene schierarsi dalla parte delle cosche”. Così il Procuratore Sferlazza ha chiosato le sue considerazioni sull’odierna indagine della Dda. ”La politica ritrovi la capacità di autolegittimarsi attraverso un corretto esercizio del proprio potere che non deve rispondere a cosche o cartelli affaristici ma servire il bene pubblico”.

Di seguito le foto i nomi degli arrestati:

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